Di seguito i lemmi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
La vulvodinia è una condizione di ipersensibilità di cute e mucose dei genitali esterni della donna e si presenta con bruciore, prurito intimo e dolore del distretto interessato. Si tratta di un fenomeno molto comune in dermatologia genitale e in alcuni casi può associarsi ad anodinia. Creme e detergenti sono quasi sempre poco tollerate. La terapia va inquadrata da caso a caso, al momento della visita medica.
E' l’apparato femminile che comprende il monte di Venere, il clitoride, le piccole labbra, le grandi labbra e l’apertura uretrale (dalla quale esce l'urina).
La vulva è rivestita da epiteli con caratteristiche differenti. Le grandi labbra presentano un epitelio squamoso stratificato cheratinizzato di derivazione ectodermica, dove si ritrovano numerose ghiandole sudoripare, sebacee ed annessi piliferi. Queste si congiungono anteriormente a formare la commessura labiale anteriore, e si fondono posteriormente con il tessuto circostante alla commessura posteriore per sconfinare nel perineo, area tissutale che separa l'introito vaginale dalla regione perianale. Le piccole labbra, situate medialmente alle grandi labbra, presentano un epitelio squamoso che progressivamente mostra una riduzione della cheratinizzazione superficiale, l'assenza di annessi piliferi, ghiandole sudoripare e l'incremento di ghiandole sebacee.
La regione vulvare presenta alcune peculiarità che la rendono vulnerabile a numerosi stimoli infettivi, microtraumatici e pratiche igienico comportamentali non corrette, come un'igiene intima inadeguata.
In particolare, la vulva rappresenta un'area di transizione cutaneo-mucosa, è adiacente a serbatoi microbiologici come l'area perianale e la vagina, ha una ricchezza di annessi piliferi e ghiandole sudoripare e sebacee, e non da ultimo presenta una quasi costante occlusione (biancheria intima, assorbenti e salvaslip) che può favorire l'insorgenza di fenomeni irritativi ed allergici.
La cute vulvare, come quella di altri distretti corporei, presenta un film idrolipidico superficiale, che ha funzioni protettive di barriera. Fattori locali tra cui il calore, l'umidità e l'attrito ne possono indebolire la funzione di barriera, contribuendo all'insorgenza di fenomeni irritativi.
Il film idrolipidico viene ulteriormente danneggiato dalla maggior parte delle patologie vulvari, ed il suo ripristino è elemento essenziale dei protocolli di cura.
Il ph vulvare fisiologico presenta un range tra 3.8 e 4.2, collocabile tra i valori di quello cutaneo (ph di 4,7) e quello vaginale (ph medio di 3.5 in età fertile). Questo può essere influenzato da fattori endogeni quali umidità, sudorazione, secrezioni vaginali, mestruazioni, contaminazione di feci ed urine ed età. Mentre notevole rilevanza nelle variazioni del ph vulvare hanno fattori esogeni quali detergenti intimi, lubrificanti, prodotti cosmetici, assorbenti, salvaslip ed esiti di depilazione.
Come particolare "regione di confine" tra cute e mucosa, nella vulva è possibile ritrovare elementi patologici unici rispetto ad alcune affezioni dermatologiche che presentano un aspetto differente in altre aree cutanee.
Le vongole sono molluschi (Conchula) che vivono in comunità numerose, infossate sotto la sabbia in prossimità degli scogli e delle coste lagunari. Esistono vari tipi di vongole: la “vongola gallina" (Chamelea gallina) ha una conchiglia ovale e raggiunge i 4-5 centimetri di lunghezza, mentre la vongola verace (Tapes decussatus) presenta la conchiglia ovale, percorsa da sottili striature radiali ed è notevolmente più grande (8 cm) e ha carni più pregiate. Come tutti i frutti di mare, è necessario assicurarsi delle corrette norme igieniche di utilizzo, dallo scongelamento alla cottura in acqua, per evitare la trasmissione di virus di malattie molto pericolose (epatite, tifo).
Ved. anche Frutti di mare.
INFO AL. - Carboidrati: 2,2; proteine: 10,2; grassi: 2,5; acqua: 82,5; calorie: 72.
Parte edibile: 25; calorie al lordo: 18.
Malattia che colpisce quasi esclusivamente il sesso maschile. Sebbene la condizione abbia un esordio patogenetico congenito, i sintomi diventano evidenti solo verso i dieci anni.
Il deficit visivo è dovuto a una fenditura della retina che si divide in due strati.
Tale fenditura riguarda principalmente la macula, porzione centrale della retina responsabile della visione fine e dettagliata e della discriminazione dei colori. All’esame fundoscopico si riscontrano a
livello della fovea strisce raggiformi. Gli spazi creati dalla fenditura
retinica sono spesso occupati da vescicole e da vasi sanguigni, che vanno incontro a rottura con conseguente sanguinamento nel corpo vitreo.
La vitiligine è una malattia acquisita della pigmentazione caratterizzata da chiazze acromiche irregolari, che si formano in seguito alla progressiva scomparsa dei melanociti.
Il melanocita è presente nello strato basale dell’epidermide e nella matrice del bulbo pilifero. Ogni melanocita è associato tramite dendriti a 36 cheratinociti collocati nello strato malpighiano dell’epidermide. L’insieme melanocita-cheratinociti è definita unità melaninica epidermica. La produzione della melanina avviene nelle unità metaboliche del melanocita denominate melanosomi. Se i melanociti vengono inattivati o distrutti, la pelle diventa progressivamente più chiara o completamente bianca. Ciò accade nella vitiligine.
Il termine vitiligine sembra farsi risalire alla parola latina vitium, che significa difetto, o a vitulus, in riferimento alle chiazze bianche del vitello.
Si calcola che lo 0.5-2.0% della popolazione mondiale ne sia affetto, senza predilezione di razza o sesso. In circa la metà delle persone affette, la malattia esordisce prima dei 20 anni, con incidenza decrescente con il progredire dell’età.
In circa il 30% dei casi vi sono altri membri della famiglia affetti da vitiligine. E’ importante sottolineare come venga ereditata non la malattia in se stessa ma la predisposizione ad averla. E’ vero quindi che bambini in cui uno od entrambi i genitori sono affetti da vitiligine hanno più probabilità di sviluppare la malattia ma è altrettanto vero che molti bambini non avranno la malattia anche se un genitore ne è affetto. Molta gente con la vitiligine peraltro non ha storia familiare di tale malattia.
La vitiligine si manifesta:
con lesioni acromiche
di colore uniforme bianco-latte o avorio.
ben circoscritte.
a margini convessi.
non desquamanti.
con superficie cutanea normale.
con integrità della sensibilità tattile.
di dimensioni variabili (da pochi mm. a diversi cm.). Oppure meno tipicamente con lesioni
tricromiche, caratterizzate da una tonalità cromatica intermedia tra la cute normale e la regione acromica ( vitiligo gradata).
quadricromiche, in cui la tonalità cromatica intermedia è circondata da un bordo bruno-nerastro.
infiammatorie, nelle quali la periferia delle chiazze presenta un sottile alone di colorito roseo-rosso.
All’inizio la vitiligine si presenta con una o poche chiazze, di piccole dimensioni, che tendono ad allargarsi in maniera irregolare ed aumentare di numero, con la possibilità di confluire le une con le altre sino ad assumere forme bizzarre.
Più comunemente si osserva nelle zone fotoesposte quali il viso e il dorso delle mani; seguono poi le aree periorifiziali (attorno alle labbra e all’orifizio anale), i genitali maschili e femminili, la regione inguinale, attorno alle areole ed ai capezzoli.
A queste occorre aggiungere quelle aree sovrastanti le prominenze ossee soggette a traumatismi ripetuti minori quali:
le spalle
la regione sacrale
le spine iliache
le ginocchia
i gomiti
le creste tibiali
le regioni malleolari
il dorso delle mani e dei piedi
Su queste zonei possono svilupparsi aree di depigmentazione in cute apparentemente sana (cosiddetto segno di Koebner). Detto anche fenomeno dell’isomorfismo reattivo, si ritiene che esso sia associato alla fase attiva della malattia e spiega il manifestarsi di lesioni acromiche in corrispondenza, ad esempio, di cicatrici chirurgiche o di dermatiti in fase di risoluzione.
I peli corporei delle chiazze di vitiligine spesso sono normalmente pigmentati, ma in lesioni datate possono andare incontro a depigmentazione (acromatrichia). Questa eventualità rappresenta un marker prognostico negativo riguardo alla ripigmentazione, in quanto i melanociti presenti a livello del bulbo pilifero rappresentano un reservoire di melanociti dal quale può originare la ripigmentazione della macula acromica. Sul cuoio capelluto si può assistere ad un ingrigimento prematuro dei capelli nel 20-42% dei casi. In ordine di frequenza, dopo il cuoio capelluto, le altre aree pilifere passibili di sbiancamento, in ordine decrescente, sono le sopracciglia, i peli pubici ed i peli ascellari.
Sulla base della distribuzione e dell’estensione la vitiligine può essere:
1) generalizzata, la più frequente, a sua volta differenziata in:
acrofaciale, con depigmentazione della parte più distale degli arti e delle zone periorifiziali del viso.
volgare, con lesioni multiple, diffuse nelle aree fotoesposte, alle pieghe, all’areola mammaria ed ai genitali esterni.
mista, in cui coesistono l’acrofaciale e la volgare oppure la segmentale e acrofaciale e/o volgare.
universale, quando la depigmentazione interessa tutta o quasi tutta la cute.
2) localizzata, a sua volta differenziata in:
focale, quando una o più macchie si trovano a caso in una sola area ma non in distribuzione segmentale.
segmentaria (o zosteriforme), quando chiazze singole o multiple si dispongono asimmetricamente lungo uno (90% dei casi) o più dermatomeri (in genere 2, solitamente non adiacenti)
La vitiligine inizia frequentemente con una rapida perdita di pigmento in area fotoesposta che può essere seguita da un periodo più o meno lungo di stabilità (anche anni) al quale può seguire una nuova fase di depigmentazione caratterizzata da una rapida estensione delle lesioni. Tale evoluzione per taluni è lenta, nell’arco di anni, per altri invece procede molto più velocemente. Cicli di perdita di pigmento seguiti da periodi di stabilità possono continuare indefinitamente. In certi soggetti la progressione della vitiligine fa seguito a periodi di significativo stress fisico o emozionale.
La ripigmentazione spontanea (10-20% dei pazienti) è più frequente nei giovani dove si crea un aspetto clinico definito vitiligine maculata, per la presenza di isolette di pigmentazione perifollicolare nel contesto della chiazza acromica. Non vi è comunque modo di prevedere se la vitiligine si diffonderà.
La forma segmentaria merita un approfondimento. Infatti mentre la vitiligine generalizzata presenta lesioni simmetriche che tendono ad estendersi per tutta la vita, nella vitiligine segmentaria le lesioni sono asimmetriche, hanno un esordio precoce (l’età media di esordio e circa 15 anni), progrediscono rapidamente nell’arco di 1-2 anni nell’area interessata per poi stabilizzarsi per il resto della vita. La sede più frequente è quella del trigemino, seguita dal tronco, dal collo e dagli arti. Inoltre questa forma si associa con minor frequenza a malattie autoimmuni, manca di una relazione con episodi di stress psico-fisico e non manifesta il fenomeno di Koebner.
I melanociti non sono presenti però solo a livello cutaneo, ma si trovano anche nell’occhio e nell’orecchio. Pertanto, nei pazienti affetti da vitiligine, essi potranno scomparire anche da tali sedi: in particolare quelli dell’epitelio pigmentato della coroide e della retina e quelli localizzati nell’orecchio medio, nella scala vestibolare del labirinto membranoso.
A livello oculare si potranno avere anomalie della pigmentazione dell’iride (di solito bilaterali e confinate al bordo pupillare), corioretinite con aree di depigmentazione, accumuli pigmentari focali e cicatrici (fortunatamente a distanza dalla macula e quindi senza riduzione del visus), uveite.
A livello dell’orecchio si possono manifestare deficit uditivi tra i 2 e gli 8 kHz, con ipoacusia di tipo neurosensoriale.
Fortunatamente per entrambi i distretti corporei le alterazioni riscontrate hanno raramente un significato clinico.
La causa della vitiligine è sconosciuta, ma alcune teorie eziopatogenetiche godono di maggior credito quali:
- ipotesi autoimmune. E’ la più accreditata, sostenuta dalla:
frequente associazione con alcune malattie autoimmuni, quali patologie tiroidee (tiroidite di Hashimoto, malattia di Graves), malattia di Addison (la ghiandola surrenale non produce abbastanza ormone corticostroideo), anemia perniciosa (bassi livelli di globuli rossi a causa dell’incapacità dell’organismo di assorbire la vitamina B12), diabete mellito insulino-dipendente, alopecia areata.
dalla presenza, percentualmente elevata (20-30%), di autoanticorpi organo-specifici.
presenza di anticorpi antimelanociti, correlati sia con l’estensione sia con l’attività della malattia.
sistematicità della vitiligine per cui può essere interessato dalla malattia qualunque distretto organico in cui siano presenti melanociti.
risposta terapeutica a trattamenti di tipo immunosoppressivo.
- ipotesi genetica. Secondo tale ipotesi i melanociti avrebbero una intrinseca anormalità che li renderebbe suscettibili ad una serie di fattori ambientali, con ridotta capacità di crescita e differenziazione.
- ipotesi neurale. Un funzionamento anormale delle cellule nervose determinerebbe la liberazione da parte delle terminazioni nervose periferiche cutanee di uno i più mediatori neurochimici tossici che sarebbero in grado di inibire la melanogenesi o distruggere i melanociti. Studi ultrastrutturali sui nervi dermici della chiazza di vitiligine hanno evidenziato alterazioni del loro aspetto (aumento dello spessore della membrana basale delle cellule di Schwann) tali da suggerire la presenza di processi degenerativi seguiti da comportamenti di tipo rigenerativo (aumento dello spessore della membrana basale delle cellule di Schwann e incremento dell’attività metabolica).
- Ipotesi autocitotossica. Un difetto nel meccanismo di protezione naturale durante il processo di sintesi della melanina porterebbe all’accumulo di metabolici intermedi citotossici in grado di distruggere il melanocita.
Oltre a queste ipotesi fondamentali altri studi indicherebbero come nella vitiligine diversi altri fattori sarebbero in grado di influenzare la melanogenesi: più di un singolo fattore, quindi, concorrerebbe, in maniera convergente, indipendente o sinergica, alla distruzione di melanociti geneticamente più vulnerabili.
La prognosi della malattia deve tener conto di vari fattori:
la varietà clinica della patologia
la familiarità per la vitiligine
l’età di esordio
la durata delle lesioni
la progressione delle lesioni
la presenza del segno di Koebner
l’interessamento delle mucose
l’influenza di eventi stressanti emotivi o fisici
la presenza nel siero di autoanticorpi organo-specifici
Pertanto:
la vitiligine segmentaria ha una prognosi migliore rispetto alla generalizzata
la familiarità incide negativamente riscontrandosi una storia della stessa malattia nel 25-30% dei casi facendo riferimento alle ascendenze e discendenze dirette (escludendo quindi zii, cugini, nipoti) con rischio di esprimere la malattia che diminuisce a mano a mano che il grado di parentela si allontana e che il numero di persone affette all’interno di un gruppo familiare si abbassa
l’esordio al di sotto ai 12 anni si associa con maggior frequenza a familiarità positiva per la canizie precoce e la vitiligine, con l’incidenza negativa di quest’ultimo fattore prognostico
più le lesioni sono datate, più facilmente si osservano peli amelanici, aspetto prognostico negativo perché dai melanociti del bulbo dei peli può originare la ripigmentazione
la progressione spontanea esprime instabilità e quindi suscita prognosi peggiore
il segno di Koebner si ritiene associato alla fase attiva della malattia
l’interessamento delle mucose (quali ad esempio le aree periorifiziali come i genitali e le labbra) si associa a una maggiore probabilità di progressione della patologia
fattori traumatici emotivi quali ad esempio un lutto o la perdita del posto di lavoro oppure il trauma fisico di una ustione solare agiscono sul substrato genetico favorendo l’innesco e la progressione della malattia
la presenza di autoanticorpi diretti contro antigeni di vari organi (es. stomaco, tiroide) rappresenta un rischio per la formazione di altri anticorpi diretti contro enzimi del melanocita e conseguentemente per l’estensione della vitiligine. Nella diagnosi differenziale della vitiligine devono essere prese in considerazione varie patologie
Se infatti la vitiligine è congenita o ha esordito nei primi mesi di vita, bisogna ricordare:
il piebaldismo, caratterizzato da un ciuffo di capelli bianchi nel contesto di una chiazza acromica sulla fronte
la sclerosi tuberosa, dove le macchie acromiche hanno tipica forma lanceolata, a foglia d’acero, e si accompagnano ad altri aspetti cutanei e non
la sindrome di Wardenburg-Klein, nella quale vi è una ciocca di capelli bianchi su macchia acromica della fronte, associata a dislocazione dei canti interni, alterazioni uditive e oculari
Se la vitiligine è acquisita generalizzata, bisogna ricordare:
la lebbra, che presenta chiazze acromiche però completamente prive della sensibilità
i leucodermi di origine chimica, dei quali è facile riconoscerne l’origine in base ai dati anamnestici che evidenziano l’esposizione a sostanze chimiche
la pityriasis versicolor, nella quale è tipico l’interessamento della metà superiore del corpo, con tipica fluorescenza giallo-verde delle chiazze allorché vengono illuminate con la luce di Wood, oltre alla positività dell’esame microscopico diretto delle squame prelevate per raschiamento della superficie cutanea
Se la vitiligine è acquisita localizzata, bisogna ricordare:
la pitiriasi alba, prevalentemente localizzata la volto, spesso preceduta da una fase infiammatoria
le ipomelanosi postinifammatorie, chiaramente precedute da una fase infiammatoria.
Se la vitiligine è del tipo segmentario, bisogna ricordare:
il nervo acromico, di solito congenito e stabile nel tempo.
Abbiamo visto come la vitiligine possa essere considerata una sindrome nella cui genesi intervengono diversi fattori che agiscono indipendentemente o in maniera sinergica nell’indurre la scomparsa dei melanociti, con varietà delle aree interessate come pure delle possibili patologie associate.
Nell’impostare la terapia, quindi, occorre tenere conto di fattori quali:
il tipo di vitiligine
l’estensione della superficie cutanea interessata
la sede delle aree coinvolte
il decorso della vitiligine
il fototipo del paziente
la presenza o meno di peli pigmentati nel contesto della chiazza acromica
la presenza o meno di altre patologie
l’età
le precedenti terapie
l’impatto psicologico della malattia, avendo come obiettivo la ripigmentazione delle chiazze acromiche, al fine di migliorare non solo l’aspetto estetico ma anche di permettere l’esposizione al sole di una cute altrimenti fortemente esposta ai danni acuti e cronici conseguenti all’irraggiamento ultravioletto.
Si potrà perciò ricorrere all’uso:
di cortisonici topici
di cortisonici sistemici,
della PUVA terapia topica o sistemica
del trattamento con UVB a banda stretta
della fenilalanina + UVA
del calcipotriolo e del tacalcitolo topici, talvolta in associazione alla fototerapia
di antiossidanti orali (vitamina C,E, betacarotene), oppure, in forme refrattarie di vitiligine, in base a criteri ben definiti di estensione, epoca di insorgenza, stabilità della malattia (almeno due anni)...
terapia chirurgica, quali punch grafts, minigrafting
terapia chirurgico-colturali, quali innesti sottili di cute ottenuta da una bolla di suzione, trapianto di melanociti coltivati e varianti.
Il decorso della vitiligine è imprevedibile e incostante: l’evoluzione può essere lenta con momenti di stabilità più o meno lunghi interrotti da fasi di improvviso peggioramento oppure di miglioramento spontaneo (in rari casi).
RIASSUMENDO
Che cos’è?
La vitiligine è una malattia della pigmentazione caratterizzata da macchie irregolari di colore bianco-latte, che si formano in seguito alla perdita dei melanociti.
Che cosa sono i melanociti?
I melanociti sono le cellule che producono la melanina, pigmento che determina il colore della pelle, dei capelli e degli occhi. Essi si trovano nello strato più profondo dell’epidermide, che è a sua volta la parte più superficiale della cute e che misura in media 0.4 mm. Se tali cellule vengono inattivate o distrutte, la pelle diventa progressivamente più chiara o completamente bianca. Ciò accade nella vitiligine.
Dove si localizza?
Più comunemente si osserva al viso, labbra, mani, braccia, gambe e genitali ma ogni parte del corpo nella quale sono presenti melanociti può essere interessata. Pertanto oltre alla cute anche le membrane mucose (tessuti che limitano l’orifizio della bocca, del naso, dei genitali e dell’area rettale) e la retina (lo strato interno del bulbo oculare) possono manifestare la malattia. I peli che crescono nelle zone cutanee affette tendono a diventare bianchi.
Chi è affetto da vitiligine?
Si calcola che l’1-2% della popolazione mondiale ne sia affetta, di qualunque razza e sesso. In circa la metà delle persone affette, la malattia esordisce prima dei 20 anni.
La vitiligine sembra essere più frequente in persone con alcune malattie autoimmuni. Si tratta di malattie in cui il proprio sistema immunitario reagisce contro propri organi o tessuti. Tra queste malattie ricordiamo l’ipertiroidismo (iperattività della ghiandola tiroide), l’insufficienza surrenale della malattia di Addison (la ghiandola surrenale non produce abbastanza ormone corticosteroideo), l’alopecia areata (chiazze senza peli o capelli) e l’anemia perniciosa (bassi livelli di globuli rossi a causa dell’incapacità dell’organismo di assorbire la vitamina B12).
E’ ereditaria?
In circa il 30% dei casi vi sono altri elementi della famiglia affetti da vitiligine. Da sottolineare come venga ereditata non la malattia in se stessa ma la predisposizione ad averla. Quindi bambini in cui uno o entrambi i genitori sono affetti da vitiligine hanno più probabilità di sviluppare la malattia ma molti bambini non avranno la malattia anche se un genitore ce l’ha e molta gente con la vitiligine non ha una storia familiare di tale malattia e gode di ottima salute.
Qual è la causa?
La causa è sconosciuta ma quattro sono le teorie accreditate:
1. Ipotesi immunitaria - una alterazione della sorveglianza immunitaria determina la disfunzione o la distruzione del melanocita.
2. Ipotesi neurogenica - un funzionamento anormale delle cellule nervose determina la liberazione da parte delle terminazioni nervose periferiche cutanee di un mediatore neurochimico tossico che distrugge i melanociti o inibisce la melanogenesi.
3. Ipotesi autotossica - un difetto nel meccanismo di protezione naturale durante il processo di formazione della melanina porterebbe all’accumulo di prodotti tossici (composti fenolici) in grado di distruggere il melanocita. L’ipotesi si basa sugli effetti di composti chimici (fenoli) sui melanociti: la chiazza leucodermica che ne risulta è indistinguibile dalla vitiligine idiopatica.
4. Ipotesi genetica - i melanociti hanno una intrinseca anormalità che ne impedisce la normale crescita e differenziazione.
Nessuna però delle teorie è pienamente soddisfacente per cui non si esclude la possibilità che più fattori possano concorrere nel rendere manifesta la malattia.
Come si presenta?
La vitiligine si manifesta con chiazze:
ben circoscritte che appaiono in maniera netta quando la cute è abbronzata.
non desquamanti.
con superficie cutanea normale.
con normale sensazione tattile.
tipicamente di colore bianco-latte.
oppure atipicamente - tricromiche - quadricromiche - infiammatorie.
All’inizio si manifesta con pochi elementi, ben circoscritti i cui margini tendono ad essere iperpigmentati. In seguito le macule possono aumentare di numero, possono confluire le une con le altre sino ad assumere forme bizzarre.
Le lesioni possono essere localizzate o generalizzate.
1. La vitiligine localizzata è ristretta ad una area che può identificarsi con un segmento corporeo o un dermatomero.
2. La vitiligine generalizzata si estende a più aree corporee di entrambi i lati del corpo, in maniera simmetrica o asimmetrica.
In quali zone del corpo è più frequente?
Le zone di maggior interessamento sono il viso, il collo ed il cuoio capelluto. A queste occorre aggiungere quelle aree soggette a traumatismi ripetuti quali:
le prominenze ossee
la superficie estensoria dell’avambraccio
la superficie ventrale del polso
il dorso delle mani
le falangi delle dita.
Abbastanza spesso la vitiligine si può osservare attorno alle labbra e all’orifizio anale, alla regione genitale maschile e femminile, attorno alle areole ed ai capezzoli.
I peli corporei delle chiazze di vitiligine possono andare incontro a depigmentazione: questa eventualità rappresenta un marker prognostico negativo riguardo alla ripigmentazione. Sul cuoio capelluto i peli interessati dalla malattia diventano grigi o bianchi. In ordine di frequenza dopo il cuoio capelluto le altre aree pilifere passibili di sbiancamento, in ordine decrescente, sono le sopracciglia, i peli pubici ed i peli ascellari.
Esiste una classificazione clinica della vitiligine?
Si e si basa sulla distribuzione della malattia. Avremo così la forma:
1. Localizzata, a sua volta differenziata in:
focale, quando una o più macule si trovano in una sola area ma non in distribuzione segmentale o zosteriforme
segmentale, quando uno o più macule si trovano su di un solo lato del corpo
mucosa, con presenza solo sulle membrane mucose.
2. Generalizzata, a sua volta differenziata in:
acrofaciale, con presenza alle estremità distali ed al viso.
volgare, con macule diffuse
mista, in cui coesistono l’acrofaciale e la volgare oppure la segmentale e acrofaciale e/o volgare
universale, quando la depigmentazione interessa tutta o quasi tutta la cute.
Qual è l’evoluzione della vitiligine?
La vitiligine inizia frequentemente con una rapida perdita di pigmento in area fotoesposta che può essere seguita da un periodo più o meno lungo di stabilità al quale può seguire una nuova fase di depigmentazione. Tale evoluzione per taluni è lenta, sviluppandosi nell’arco di molti anni, per altri invece procede molto velocemente. Comunque la malattia può continuare sino a che il processo si interrompe per ragioni sconosciute. Cicli di perdita di pigmento seguiti da periodi di stabilità possono comunque continuare indefinitamente. In taluni soggetti la progressione della vitiligine fa seguito a periodi di significativo stress fisico o emozionale. E’ raro che vi sia ripigmentazione spontanea.
Non vi è comunque modo di prevedere se la vitiligine si diffonderà.
Ogni macchia bianca può ritenersi vitiligine?
No. Infatti occorre fare la diagnosi differenziale con altre malattie ipopigmentanti.
Occorrerà prendere in considerazione se:
l’ipomelanosi è generalizzata:
- l’albinismo
- l’ipopituitarismo
l’ipomelanosi è in chiazze:
- il piebaldismo
- la sclerosi tuberosa
- i leucodermi di origine chimica
l’ipomelanosi è in chiazze eritematose e desquamanti:
- la pityriasis versicolor
- la lebbra
- la pityriasis alba
l’ipomelanosi è in chiazze atrofiche o sclerotiche:
- la morfea
- il lichen sclerosus et atrophicus
- le ipopigmentazioni post-infiammatorie
Come si cura la vitiligine?
Non esiste un singolo trattamento in grado di dare buoni risultati in tutti i pazienti. Le terapie possono essere difficili e prolungate ed i risultati non prevedibili.
Come comportarsi con l’esposizione solare?
Le chiazze di vitiligine debbono essere protette dalle radiazioni ultraviolette (sia UVA sia UVB) poiché, non potendo sviluppare l’abbronzatura (ricordiamo che quest’ultima rappresenta un sistema di difesa dell’organismo), sono più suscettibili all’ustione. Anche la cute normale deve essere protetta per evitare eventuali ustioni che potrebbero rappresentare un ulteriore stimolo alla estensione della aree depigmentate (fenomeno di Koebner) e infine, ma non ultimo per importanza, la fotoprotezione rende meno evidente il contrasto tra la cute normale (che abbronza) e le chiazze di vitiligine (che rimangono chiare) permettendo un miglior controllo dell’aspetto cosmetico della malattia.
Occorre pertanto:
1. Utilizzare un prodotto con SPF (fattore di protezione solare) 15-30
2. Evitare attività in ambiente esterno durante le ore di massimo irraggiamento solare
3. Indossare abbigliamento protettivo, che aiuterà a ridurre i danni da ultravioletti
E’ un’affezione maculare bilaterale ereditaria dominante che presenta una penetranza incompleta ed espressività variabile. Può essere osservata anche in neonati, ma è più frequente nei giovani adulti. La diagnosi è spesso agevole e si avvale sia dell’aspetto clinico, fluorangiografico e anche gli esami elettrofisiologici, soprattutto l’elettoculogramma. Solitamente il visus è ben conservato e solo nelle forme più evolute si può avere un grado visivo piuttosto basso.
Le manifestazioni cliniche sono estremamente variabili sia per l’aspetto delle lesioni che per l’età di insorgenza. A secondo dell’aspetto della lesione sono stati descritti 5 stadi (classificazione di Mohler & Fine, 1981).
Esistono delle varianti della malattia di Best caratterizzate da:
Forma unilaterale: identica alla forma già descritta ma che interessa un solo occhio.
Forme multiple: esiste una lesione maculare classica associata ad altre lesioni più piccole che si trovano in stadi evolutivi più precoci, ma che evolvono ugualmente verso la cicatrice centrale.
Forma paramaculare: la lesione è spostata temporalmente sfiorando la foveola che rimane intatta. In questi casi l’acuità visiva rimane sempre buona.
Forma essudativa neovascolare: si ha un improvviso abbassamento dell’acuità visiva e in alcuni casi può essere effettuato un trattamento laser.
La vitamina E è una sostanza iposolubile che svolge un ruolo importante, quale fattore antiossidante, nella prevenzione dell’ossidazione degli acidi grassi polinsaturi, evento chiave nello sviluppo del processo di perossidazione lipidica.
Questo processo, messo in moto dall'azione dei radicali liberi, si autoalimenta attraverso una serie di reazioni a catena. La vitamina E blocca questo fenomeno introducendo un elettrone nei radicali perossilipidici, costringendoli così a interrompere la perossidazione lipidica.
Gli alimenti più ricchi di vitamina E sono quelli di origine vegetale; semi, e gli oli che ne derivano, cereali, frutta e verdura. Il contenuto vitaminico si riduce a causa della cottura, in particolare nel caso di frittura o cottura al forno ad alte temperature.
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