Di seguito i lemmi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Ormone sessuale maschile, resposabile, tra l'altro, del desiderio sessuale. Nell’uomo è prodotto in massima parte dalle cellule di Leydig del testicolo e, per il resto, dal corticosurrene. Anche nella donna è presente, ma come prodotto intermedio nella sintesi degli estrogeni.
Il testosterone è un ormone steroideo prodotto dalle cellule di Leydig situate nei testicoli e in parte sintetizzato nella corteccia surrenale. Si trova anche nella donna come prodotto intermedio degli estrogeni.
Nell'uomo è fondamentale per lo sviluppo degli organi genitali e dei caratteri sessuali secondari: barba, distribuzione dei peli, timbro della voce e muscolatura.
I livelli di testosterone svolgono un ruolo fondamentale nei processi legati alla fertilità perché sulla maturazione degli spermatozoi nei testicoli. Influisce anche sulla quantità e la qualità dello sperma prodotto.
Il testosterone stimola il desiderio sessuale e funge da sincronizzatore fra desiderio sessuale e atto sessuale vero e proprio.
Organo facente parte dell'apparato genitale maschile adibito alla produzione degli spermatozoi, le cellule fecondanti maschili.
È un corpo ovalare o rotondeggiante di consistenza molle ed elastica. I due testìcoli sono contenuti nello scroto, dove discendono dall'addome durante le ultime fasi dello sviluppo fetale, sospesi al funicolo spermatico.
Ogni testìcolo è rivestito da una guaina fibrosa, la tunica albuginea, da cui prendono origine sottili sepimenti connettivali che convergono verso un addensamento di tessuto connettivale (corpo di Higmore), suddividendo il parenchima testicolare in circa 250 lobuli di forma conica.
Ciascuno di questi ultimi contiene 1-3 sottili tubuli seminiferi a matassa che danno origine ai tubuli seminiferi retti, i quali anastomizzandosi con quelli degli altri lobuli formano una maglia irregolare (rete testis), da cui derivano i condottini efferenti e un canale di maggiori dimensioni che si raggomitola su sé stesso formando l'epididimo, da cui si diparte il condotto deferente. Tra i tubuli seminiferi, in cui avvengono i processi della spermatogenesi, si trovano masserelle di cellule interstiziali, o di Leydig, che producono ormoni, regolatori della comparsa dei caratteri sessuali secondari e dell'attività sessuale (testosterone).
Rappresenta la forma di tumore più frequente nei maschi fra i 15 e i 34 anni.
Istologicamente distinguiamo tumori a cellule germinali e tumori del tessuto connettivale (rarissimi). In quasi il 100% dei casi il tumore appartiene al primo gruppo.
I tumori del testìcolo vengono semplicisticamente suddivisi in seminomi e non seminomi.
Segni e sintomi sono comuni ai due gruppi, e possono andare da un nodulo o un rigonfiamento più o meno sintomatico del testicolo, fino all'improvvisa scoperta di metastasi polmonari.
I seminomi in genere danno metastasi per via linfatica alle stazioni linfonodali profonde, prima di diffondersi agli organi viscerali, mentre i non seminomi tendono a coinvolgere più precocemente i polmoni, il fegato, il sistema nervoso.
Fattori di rischio sono considerati il criptorchidismo (cioè i testicoli ritenuti), le orchiti (infiammazioni della gonade a varia origine), specialmente quelle post-parotitiche, l'ernia inguinale nell'infanzia.
La terapia è strettamente correlata alle due categorie.
Se il seminoma è in fase iniziale (confinato cioè al testicolo) può essere trattato con la sola radioterapia addominale, mentre nelle forme più avanzate si ricorre alla chemioterapia a base di cisplatino.
Nei non seminomi è necessario procedere all'esame chirurgico di tutte le stazioni linfonodali retroperitoneali, in modo da valutare l'estensione della malattia e la necessità di un'ulteriore terapia. La chemioterapia con schemi includenti cisplatino (associazione di platino, vinblastina e bleomicina; o con etoposide al posto di vinblastina; oppure associazione di ciclofosfamide, bleomicina, actinomicina D, vinblastina e cisplatino) può determinare la regressione e il controllo della malattia anche in fase metastatica. In entrambi i gruppi di tumori è oggi comunque raggiungibile una guarigione anche in fase avanzata e infatti si può stimare che la sopravvivenza globale per i tumori del testìcolo a cinque anni dalla diagnosi oscilli intorno all'80%.
Tumori che colpiscono la regione cervico-facciale e interessano la bocca, la lingua, le gengive, la faringe, la laringe, il naso, i seni paranasali e le ghiandole salivari.
L’organo che viene colpito più frequentemente è la laringe, seguito da cavo orale e faringe.
Vengono raggruppati in un'unica categoria in quanto, pur costituiti da tessuti diversi per composizione e funzioni, presentano notevoli analogie di comportamento biologico e soprattutto di inquadramento terapeutico. Costituiscono all'incirca il 20% di tutti i tumori maligni, e per la maggior parte sono rappresentati dai carcinomi della laringe e del cavo orale. Colpiscono soprattutto intorno ai 60-70 anni, e in quasi il 100% dei casi sono rappresentati da carcinomi squamosi.
I fattori di rischio più importanti riguardano il fumo, l'abuso di alcol, una dieta povera in vitamine del gruppo A e B, scarsa e non corretta igiene orale specie in soggetti portatori di protesi dentarie, papilloma virus umano (HPV) e virus di Epstein Barr.
I tumori del cavo orale si presentano spesso come un'ulcerazione sanguinante, che non guarisce, o come un'area tumefatta e ispessita, o ancora come una chiazza biancastra o infiammata.
Per i tumori laringei i sintomi più frequenti sono rappresentati da tosse e raucedine persistente, difficoltà alla deglutizione, variazioni del tono della voce.
La terapia è spesso multidisciplinare e riguarda la chirurgia, la chemioterapia, la radioterapia e la terapia mirata.
La prevenzione primaria prevede l'abolizione del fumo e dell'alcol. Globalmente la sopravvivenza a 5 anni è del 51% per i tumori del cavo orale, e del 25% per i tumori della laringe.
I reattivi mentali sono strumenti per la misurazione standardizzata e obiettiva del comportamento e delle abilità degli individui a cui vengono somministrati. Esistono test collettivi, somministrabili a un gruppo di persone, e test individuali, costruiti per essere somministrati singolarmente. I test psicologici possono essere distinti in quattro categorie principali.
I test d'intelligenza propongono al soggetto un'ampia gamma di compiti tesi a valutare il suo livello intellettuale generale. Il punteggio totale ottenuto al test viene trasformato in QI (quoziente di intelligenza, o quoziente intellettivo, cioè il rapporto tra l'età mentale del soggetto e la sua età cronologica). I primi test di intelligenza si devono allo psicologo francese A. Binet (scala Binet-Simon, 1905).
Attualmente sono in uso test costruiti in modo da valutare: le capacità verbali e non verbali (scale Weschler); i molteplici fattori costituenti l'intelligenza (le scale di L. L. Thurstone e J. P. Guilford); l'intelligenza "libera" da influenze culturali (test culture-free di Cattell).
I test di personalità misurano le caratteristiche emotive, motivazionali, relazionali di un individuo al fine di individuare e valutare "tratti" o "tipologie".
I procedimenti utilizzati sono di diverso tipo: osservazionali, "carta e matita", tecniche proiettive. Il più noto è il test di Rorschach o "test delle macchie", che prevede la somministrazione di dieci immagini simmetriche le cui interpretazioni vengono valutate secondo criteri prefissati.
I test di profitto valutano le capacità dell'individuo in un determinato momento.
I test attitudinali sono finalizzati alla valutazione delle capacità del soggetto di svolgere con successo un'attività futura.
Il test del respiro (urea breath test - UBT) è basato sulla capacità di H. pylori di metabolizzare in modo rapido l'urea somministrata per bocca, fino a quando non si ottiene acqua e anidride carbonica.
Nel caso in cui l'urea sia marcata con l'isotopo 13 del carbonio, che non è radiattivo e non si trova in natura, è possibile misurare l'eliminazione tramite il respiro di anidride carbonica marcata.
Un aumento di essa nell'intervallo di due prove consecutive (prima e mezz'ora dopo rispetto alla somministrazione dell'urea) rappresenta una prova indiretta della presenza di infezione da elicobatterio a livello gastrico.
L’UBT può essere paragonata sia all’endoscopia che al prelievo bioptico nella diagnosi di infezione da H. pylori e potrebbe diventare un mezzo molto utile negli ambulatori di medici generici per eseguire la prova non invasivo della patologia da ulcera peptica. Anche questo test (come il CLO test) è fondato concettualmente sulla produzione di ureasi ad opera dell’H. pylori. L’urea marcata con 14C (isotopo radioattivo del carbonio) o 13C (non radioattivo) viene fatta ingerire al paziente. L’H pylori presente nella mucosa gastrica catabolizza l’urea marcata tramite l’isotopo del carbonio e crea ammonio e anidride carbonica marcata. Quest’ultima viene assorbita nel circolo ematico ed esoulsa dai polmoni.
In seguito ad un'adeguata preparazione, rispettando intervalli prefissati dall’ingestione di urea, il paziente deve soffiare in provette che consentono di misurare i livelli di anidride carbonica marcata.
Per eseguire il 14C UBT è necessario utilizzare un lettore a scintillazione che si avvale di raggi beta, mentre per l’analisi della 13CO2 viene impiegato unospettrometro di massa associato ad un gas cromatografo o un analizzatore automatizzato a lettura laser (LARA system).
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