Di seguito i lemmi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di E.F. (del 12/04/2013 @ 12:03:13, in Lettera L, visto n. 1095 volte)
Sinonimo di litotripsia.
Di E.F. (del 12/04/2013 @ 12:01:59, in Lettera L, visto n. 1185 volte)
Viene così definita la frantumazione di un calcolo nella vescica urinaria.
In passato veniva eseguita con l'aiuto di una pinza detta litotritore che veniva introdotta manualmente nella vescica attraverso l'uretra e manovrata sotto
controllo radioscopico.
Oggi viene utilizzata una tecnica ad onde d'urto a cui viene sottoposto il paziente in anestesia totale ed immerso in una vasca. L'onda, tramite puntamento
computerizzato, disgrega il calcolo fino a renderlo simile a sabbia e quindi facilmente eliminabile con le urine.
La litotripsìa a onde d'urto permette di evitare l'intervento chirurgico per l'asportazione dei calcoli della vescia e dei reni su una percentuale molto alta
di pazienti.
Di E.F. (del 12/04/2013 @ 11:46:05, in Lettera L, visto n. 1101 volte)
Metodo terapeutico non tossico che utilizza minerali e rocce diluiti e dinamizzati. I litoterapici favoriscono l’attività degli enzimi del corpo aiutando il metabolismo e liberano le sostanze nutritive bloccate (azione dechelatrice) da additivi alimentari, insetticidi, conservanti, coloranti,
farmaci come estrogeni e antibiotici, presenti negli alimenti.
Secondo la medicina omeopatica, l'utilizzo di diluizioni omeopatiche di metallo permette di liberare la parte dello ione chelato e reinserirlo nel circuito
metabolico. L'impiego di rocce e minerali diluiti e dinamizzati sarebbe giustificato dal fatto che vi è analogia di struttura cristallina tra il minerale e il chelato, da cui si vuole liberare lo ione metallico.
Il campo di applicazione della litoterapia è molto vasto e ricopre praticamente tutti i grandi capitoli della patologia.
Il minerale, in forma di polvere di roccia, viene poi preparata in forma omeopatica, cioè diluita in vari passaggi, e pronta per l’uso terapeutico (in forma
di fiale bevibili, nella misura di 2 o 3 al giorno non in vicinanza dei pasti).
Questa polvere di roccia viene poi preparata in forma omeopatica, cioè diluita in vari passaggi, e pronta per l’uso terapeutico in forma di fiale bevibili.
La prima documentazione storica relativa alla litoterapia risale al 1500 prima dell’Epoca comune, e deriva dal papiro d'Ebers (dal nome dello scienziato
tedesco che lo studiò nel 1873): in esso si accenna ad una vera e propria farmacopea, nella quale figurano numerosi minerali, in particolare la malachite, il lapislazzulo, il solfuro di piombo, l’antimonio.
70 anni fa la scoperta del litio per la cura di disturbi psichiatrici. A dimostrarne per la prima volta l'efficacia, nel 1949, fu John Cade, psichiatra australiano che iniziò a studiarlo durante la prigionia. Il litio è usato da milioni di persone al mondo ed è il trattamento standard per i disordini bipolari.
L'inizio delle ricerche di Cade risale alla Seconda Guerra Mondiale, quando, durante la detenzione nel campo di prigionia giapponese di Changi a Singapore, iniziò a notare il legame tra alcune carenze alimentari e malattie nei suoi compagni prigionieri.
Dopo la guerra, proseguì le sue indagini in un'area abbandonata dell'ospedale psichiatrico di Bundoora vicino a Melbourne, in Australia, "senza avere accesso ai progressi della tecnologia o alle strutture moderne". Qui scoprì che il carbonato di litio - già in uso per trattare la gotta - tendeva a calmare le cavie: quando venivano girate sulla schiena, invece di mostrare irrequietezza lo guardavano placidamente. Si chiese la sostanza potesse avere un effetto tranquillizzante anche sui suoi pazienti. Dopo averlo provato su se stesso, iniziò a trattare dieci persone con mania depressiva: nel 1949, riportò i rapidi e netti miglioramenti trovati in uno studio pubblicato nel Medical Journal of Australia.
Il documento, all'epoca, passò inosservato. A contribuire alla diffusione di questa sostanza fu uno psichiatra danese, Mogens Schou, che, a partire dagli anni '50 condusse una serie di esperimenti, culminati in uno studio clinico in doppio cieco, controllato con placebo, pubblicato nel 1970 su The Lancet, che stabilì senza dubbio che il litio era efficace per la maggior parte delle persone con disturbo bipolare, incluso il fratello dello stesso Schou.
Di E.F. (del 03/04/2013 @ 12:29:31, in Lettera L, visto n. 1105 volte)
Per calcolosi o litiasi si intende la formazione di calcoli nelle cavità attraverso cui defluiscono liquidi fisiologici prodotti da un organo (es. l'urina prodotta dal rene ecc.). La presenza di calcoli può causare infezioni e/o dolori di tipo colico. I calcoli possono ostruire il deflusso del liquido prodotto dall'organo in cui si formano causandone il ristagno e provocando danni come ittero post-epatico nel caso di calcoli biliari, atrofia da compressione del parenchima renale, degli ureteri, del parenchima delle ghiandole salivari con ristagno della secrezione.
Sono frequenti la litiasi biliare o colelitiasi, la nefrolitiasi o calcolosi renale, i calcoli dei dotti salivari o scialolitiasi.
Malattia infettiva il cui agente patogeno è Listeria monocytogenes. Fra i sintomi e i segni clinici si riscontrano febbre alta, meningite, osteomielite, endocardite, peritonite, paralisi dei nervi cranici e colecistite. Il trattamento utilizza antibiotici (penicillina e aminoglicosidi). È molto grave se contratta in gravidanza, poiché l'infezione si trasmette al feto per via transplacentare. Il contagio può anche avvenire durante il parto.
È un batterio gram-positivo asporigeno, aerobio, mobile, agente eziologico della listeriosi. Gli esseri umani e diversi animali domestici infettati costituiscono il serbatoio del batterio, che viene eliminato soprattutto con le feci; la trasmissione può avvenire per inalazione di polveri o per ingestione di acqua o cibo contaminati.
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