Di seguito tutti i lemmi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Vedi malattia di Alzheimer a insorgenza tardiva.
Forma più comune di Alzheimer, si manifesta nei soggetti dopo i 65 anni e maggiormente negli individui oltre gli 85 anni. Questa patologia ha una propensione ereditaria.
CARDIOMIOPATIA ARITMOGENA DEL VENTRICOLO DESTRO
L’ARVD è una cardiomiopatia, cioè una cardiopatia causata da un’alterazione del miocardio, il tessuto muscolare del cuore. La malattia è dovuta ad un processo di degenerazione del miocardio del ventricolo destro: in seguito alla morte delle cellule muscolari del cuore, il tessuto muscolare viene sostituito da tessuto adiposo e connettivo. Il processo è progressivo e percio’ nel corso del tempo l’area interessata dalla malattia aumenta, fino a coinvolgere tutta la parete del ventricolo destro, che via via si assottiglia.
L’ARVD può essere asintomatica per lungo tempo. Il primo campanello di allarme è rappresentato dalla comparsa di aritmie (battiti irregolari) e senso di fatica. A volte le aritmie sono particolarmente gravi e possono essere fatali: spesso i casi di morte improvvisa di giovani atleti sono causati da ARVD, diagnosticata purtroppo solo in seguito all’esame autoptico.
L’ARVD è una cardiomiopatia ancora non molto conosciuta e per questo motivo può accadere che non sia prontamente sospettata e diagnosticata.
Le varie forme di ARVD: Sulla base dei geni finora localizzati si possono distinguere 6 diverse forme di ARVD, clinicamente molto simili tra loro:
ARVD1 (cromosoma 14)
ARVD2 (cromosoma 1)
ARVD3 (cromosoma 14)
ARVD4 (cromosoma 2)
ARVD5 (cromosoma 3)
ARVD6 (cromosoma 10)
Vi e’ poi una forma descritta finora soltanto tra gli abitanti dell’isola di Naxos (Grecia), indicata come forma Naxos.
I geni coinvolti nelle forme ARVD1, ARVD2 e ARVD4 sono stati localizzati su cromosomi diversi presso il Laboratorio di Genetica Umana dell’Università di Padova (responsabile prof. G.A.Danieli), grazie a progetti di ricerca finanziati anche da Telethon.
I geni finora identificati (non solo localizzati ma noti anche per quanto riguarda le informazioni in essi contenute) sono:
il gene responsabile della forma NAXOS che contiene le informazioni necessarie per la produzione di una proteina denominata placoglobina, importante per l’adesione tra cellule;
il gene responsabile dell’ARVD2, identificato recentemente grazie ad uno studio multicentrico che ha avuto come protagonista il Laboratorio di Genetica Umana dell’Università di Padova. Questo gene è necessario per la produzione del recettore rianodinico cardiaco (indicato con la sigla RYR2). RYR2 è importante nella regolazione della concentrazione di calcio nelle cellule cardiache e per la corretta trasmissione di eccitazione e contrazione nel muscolo cardiaco.
Come si trasmette: Tutte le ARVD eccetto la forma NAXOS hanno eredità autosomica dominante: ciò sta ad indicare che una persona affetta ha un rischio pari al 50% di trasmettere la patologia ai propri figli, indipendentemente dal loro sesso. Il fatto di ereditare il gene alterato non significa necessariamente che si manifestino i sintomi dell’ARVD; in altre parole, le mutazioni che provocano l’ARVD hanno penetranza incompleta. Si stima che una persona che possiede una copia del gene mutato abbia una probabilità pari al 70% di manifestare la patologia. Si ritiene che persone coinvolte in attivita’ sportive abbiano maggiore probabilità di manifestare sintomi clinici, qualora siano portatori del difetto genetico. La forma NAXOS è caratterizzata dall’associazione della cardiomiopatia aritmogena a cheratoderma palmoplantare e capelli lanosi e presenta eredità autosomica recessiva: le persone affette presentano mutazioni in entrambe le copie del gene responsabile e la probabilità di trasmissione della malattia alla discendenza è legata all’unione con un'altra persona malata o portatrice sana.
La diagnosi: La diagnosi corretta può essere posta solo dopo avere eseguito con accuratezza specifici esami strumentali (elettrocardiogramma, ecocardiografia, risonanza magnetica).
Non essendo ancora note le mutazioni che causano le diverse forme di ARVD (tranne che per la forma NAXOS), non è possibile eseguire l’analisi diretta del DNA per identificare la mutazione che causa la malattia. In alcuni casi è possibile effettuare un’analisi sulle famiglie in cui è presente una persona affetta da ARVD. Lo studio genetico viene eseguito utilizzando numerosi marcatori su cromosomi diversi ed analizzando contemporaneamente campioni di DNA di più soggetti (affetti e non affetti) della famiglia: in un primo tempo l’analisi ha lo scopo di individuare quale cromosoma sia associato all’ARVD in quella specifica famiglia; successivamente l’analisi è in grado di identificare i soggetti che sono a rischio di manifestare la patologia. Ciò consente di sottoporre le persone a rischio agli opportuni accertamenti clinici e strumentali.
Al momento l’analisi genetica nelle famiglie affette da ARVD ha carattere di ricerca e non viene utilizzata a scopo diagnostico. Solo quando saranno noti i geni e le mutazioni che causano le diverse forme di ARVD, sarà possibile eseguire l’analisi del DNA per diagnosticare la malattia e sarà quindi possibile eseguire anche diagnosi prenatale.
Aids (Acronimo di Acquired Immuno Deficiency Syndrome, Sindrome da ImmunoDeficienza Acquisita). Malattia di tipo virale di recente scoperta (San Francisco, 1981). Il virus responsabile dell'aids fu isolato per la prima volta nel 1984 dal francese Montagnier e oggi è chiamato universalmente HIV, acronimo di Human Immunodeficiency Virus. Questo virus gradatamente provoca la distruzione degli anticorpi, predisponendo così l'organismo a infezioni e tumori del sistema linfatico. Si manifesta con infezioni frequenti, gravi anche se causate da agenti non particolarmente patogeni per individui sani. Il quadro clinico contempla linfoadenopatia, febbre, calo di peso. L'infezione da virus si trasmette tramite sangue, sperma e secreto vaginale. Entro qualche mese dal contagio si verifica la sieroconversione, cioè la comparsa di anticorpi inizialmente rivolti verso antigeni del pericapside e poi contro quelli interni. Fa seguito un lungo periodo di tempo che può arrivare anche a molti anni in cui l'individuo sieropositivo rimane del tutto asintomatico, dopodiché a causa dell'attivazione delle cellule che contengono il DNA virale si passa allo stadio di malattia conclamata. Quando un soggetto arriva a questa fase purtroppo non ha speranza, perché non è ancora stata individuata una cura che ne determini la guarigione. Si suppone che il ceppo del virus sia di origine centroafricana. Nel 1998 le persone infette, sieropositivi compresi, erano 30.000.000 ca., con sei contagi al minuto e quattro decessi al minuto. La zona più colpita era l'Africa subsahariana con il 70% degli infetti del mondo (nello Zimbabwe infatti nel 1999 il 25,9% della popolazione era sieropositivo). Nel 1998 in Italia vi erano 14.000 malati, 76.000 sieropositivi (contro gli 890.000 negli USA), con un'età media di trentadue anni. La profilassi tende a eliminare i fattori di rischio, cioè i rapporti anali, la promiscuità, le emotrasfusioni ripetute, lo scambio di siringhe soprattutto tra tossicodipendenti ecc. Il trattamento può essere sintomatico delle complicanze a carico dei vari organi; chemioantibiotico delle infezioni da agenti opportunisti; immunoterapico per cercare di correggere l'immunodeficienza acquisita cellulare e chemioterapico nei casi di neoplasie. Un notevole miglioramento si è registrato nel 1996 con il cocktail di farmaci che viene dosato individualmente utilizzando vari tipi di sostanze. Nel 1998 ha cominciato a essere sperimentato un vaccino su medici volontari statunitensi, mentre altre le ricerche sono svolte nei campi più diversi, dalla terapia genica a nuove sperimentazioni farmacologiche.
Detta anche Esoforia, è una deviazione latente dell'asse visivo verso l' interno. E' spesso associata a ipermetropia. Quando si guarda un oggetto collocato a distanza finita, gli assi visivi dei due occhi sono costretti a modificare il loro assetto, da parallelo a convergente sul piano orizzontale fino a formare un angolo con il vertice sull'oggetto osservato. Quanto più vicino si trova l'oggetto osservato, tanto maggiore sarà la rotazione dei due bulbi oculari verso il naso. La rotazione dei bulbi oculari verso il naso è chiamata convergenza e si ottiene attraverso la contrazione dei muscoli estrinseci (oculomotori), in particolare dei retti mediali o interni. In situazioni normali, cioè quando la convergenza dei due assi avviene senza alcuna difficoltà, si ha ortoforia, ossia i due muscoli antagonisti di ogni singolo occhio, che controllano la rotazione dei bulbi oculari sul piano orizzontale, sono fra di loro in equilibrio. Se l' exoforia è di lieve entità e il soggetto possiede una sufficiente riserva fusionale di convergenza, è sufficiente non esagerare con i tempi di utilizzo continuativo della visione da vicino e rassegnarsi a convivere con l' exoforia. Se invece l'affaticamento è tale da non consentire una visione da vicino sufficientemente confortevole, si può ricorrere all'uso di occhiali che oltre alla compensazione del difetto refrattivo (presbiopia, ipermetropia, miopia, astigmatismo) riescono a ridurre di una determinata quantità la richiesta di convergenza, utilizzando opportunamente la correzione prismatica.
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