Di seguito tutti i lemmi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Chiamata anche salpingovarite è uno stato infiammatorio degli annessi uterini, che può essere acuto, subacuto o cronico. L’annessite cronica è soggetta a manifestazioni subacute che possono far seguito a una delle forme acute che l’hanno preceduta. L’annessite acuta è caratterizzata da dolori al basso ventre da un lato solo o entrambi, non continui che a volte si irradiano anche dietro, nella regione lombo-sacrale. Aumentano con i movimenti e i rapporti sessuali e sono accompagnati da senso di tensione delle pareti addominali, irregolarità mestruali, accompagnati da febbre e cattivo stato generale. L’annessite subacuta tubercolare spesso coesiste con altri focolai tubercolari in evoluzione. L’annessite cronica da piogeni e colibacilli ha un’evoluzione lenta, con assenza di febbre, di durata indeterminata. È caratterizzata da senso di peso doloroso al bacino (che aumenta camminando), irregolarità mestruali, leucorrea, astenia, febbricola. Per il trattamento della forma acuta si impiegano antibiotici; nelle forme croniche, dopo il trattamento antibiotico specifico, si prescrive una terapia fisioterapica e disinfiltrante con fibrinolitici, con eventuale drenaggio materiale purulento.
Differenza di ampiezza delle due pupille.
-A. Statica.(Entro certi valori può essere una condizione fisiologica) quando è verificata in condizioni normali di illuminazione e in assenza di attività dello sguardo che costringono la mutazione di ampiezza delle pupille.
- A. Dinamica.(Sempre espressione di stati patologici dell’occhio o del sistema nervoso) quando viene osservata in concomitanza di attività dello sguardo o di stimolazione da parte della luce.
L’anisocoria è una disuguaglianza nelle dimensioni delle pupille. La pupilla è la parte nera nel centro dell’occhio attraverso la quale passa la luce. Occasionalmente, un bambino nasce con le pupille di diverse dimensioni senza alcun disordine di base. Se gli altri membri della famiglia hanno questa condizione, la causa è genetica e non è nulla di cui preoccuparsi. A volte, per motivi sconosciuti, le pupille possono differire senza altri sintomi, ma ritornare alla normalità da sole. In quel caso si dice che la condizione è temporanea e non preoccupante. La disparità nelle dimensioni delle pupille si può sviluppare anche più tardi nella vita.
CAUSE: L’uso di collirio è una causa comune di un innocuo cambiamento nelle dimensioni delle pupille. Altri farmaci che vengono a contatto con gli occhi, compresi gli inalatori per l’asma, possono cambiare le dimensioni delle pupille. Altre cause possono comprendere:
Sanguinamento all’interno del cranio causato da un trauma cranico;
Tumore o ascesso al cervello;
Infezione delle membrane intorno al cervello causata da meningite o encefalite;
Aneurisma;
Eccesso di pressione in uno degli occhi causato dal glaucoma;
Tumori nel torace o pressione al linfonodo che può essere accompagnata da una riduzione della sudorazione, con una o entrambe le palpebre pendenti sul lato colpito.
TERAPIA: Il trattamento dipende dalla causa. Si consiglia di consultare un medico se si hanno sbalzi di dimensioni delle pupille, se il problema è persistente, inspiegabile o improvviso. Se si subisce un trauma cranico o agli occhi, consultare un medico immediatamente. Richiedere immediatamente assistenza medica se il cambiamento nelle pupille avviene con:
Vista offuscata;
Vista sdoppiata;
Sensibilità degli occhi alla luce;
Febbre;
Mal di testa;
Perdita della vista;
Nausea o vomito;
Grave dolore oculare;
Torcicollo.
DIAGNOSI: Il medico interrogherà il paziente sulla propria storia medica e farà un esame fisico. Le domande possono riguardare i sintomi, le modalità e il tempo in cui questi si presentano. L’esame fisico comprende:
Esame neurologico;
Analisi del sangue, come CBC e sangue differenziale;
Studi del liquido cerebrospinale (puntura lombare);
TAC del capo;
Elettroencefalogramma;
Risonanza magnetica al capo;
Tonometria (se si sospetta il glaucoma);
Raggi-X del cranio;
Raggi-X del collo.
TERAPIA: A seconda della diagnosi, i farmaci che possono essere prescritti sono cortisone (per diminuire il gonfiore del tessuto cerebrale), anticonvulsivanti (per controllare le convulsioni), antidolorifici, antibiotici (per meningite batterica), o antitumorali.
La midrìasi è la dilatazione della pupilla causata dalla contrazione dle muscolo dilatatore dell’iride ed è una normale risposta alla riduzione della luce,così come un bravo fotografo allarga il diaframma dell’obiettivo nell’intento di captare più luce. La midriasi è la condizione fisiologica di dilatazione della pupilla in assenza di luce.
La midriasi viene mediata dall'azione di fibre nervose del sistema ortosimpatico. Queste fibre provengono dal midollo spinale da C8 a T2, escono con radici anteriori, attraversano il ganglio stellato ed il ganglio vertebrale salendo sino al ganglio cervicale superiore del simpatico, ove contraggono sinapsi. Il secondo neurone segue la carotide interna, quindi entra nella cavità orbitaria, attraversa il ganglio ciliare senza contrarre sinapsi e raggiunge il muscolo dilatatore della pupilla.
La funzione fisiologica di questo meccanismo consiste nell'aumento del diaframma di apertura del sistema ottico dell'occhio, permettendo l'ingresso di stimoli luminosi sufficienti ad attivare la reazione dei bastoncelli nella visione mesopica o notturna.Tuttavia può dipendere anche da forti emozioni e dalla somministrazione di farmaci midriatici, per esempio nell’esame del fundus oculare (cfr retinopatia diabetica). Ma disturbi neurologici e traumi dell’occhio possono anche causare midriasi e lo stesso dicasi nella riduzione del riflesso di coscienza e nella condizione di “coma da trapasso” .
Cause di midriasi
- Sindrome di Adie. Questa patologia è caratterizzata da improvvisa midriasi unilaterale, riflessi pupillari ridotti o assenti, visione sfocata e dolore oculare crampiforme. I riflessi tendinei profondi possono essere ipereccitabili o assenti.
- Sindrome dell'arco aortico, Una midriasi bilaterale si instaura generalmente nella fase avanzata di questa sindrome. Altri sintomi oculari possono includere: visione sfocata, perdita transitoria della vista e diplopia. I reperti correlati possono includere: vertigini e sincope, dolore al collo, alle spalle e al torace, soffi, assenza del polso radiale e carotideo, parestesie claudicatio intermittens. La pressione può essere ridotta alle braccia.
-Botulismo. La tossina botulinica causa una midriasi bilaterale, generalmente da 12 a 36 ore dopo l' ingestione. Altri segnl precoci sono: perdita dei riflessi pupillari, visione sfocata, diplopia, ptosi, strabismo e paralisi dei muscoli extraoculari, anoressia, nausea, vomito, diarrea e ridotta salivazione. Seguono: vertigini, perdita dell' udito, disfonia, disartria, disfagia, deficit di forza progressiva e perdita dei riflessi tendinei profondi.
-Infarto del tronco encefalico. Questo raro disturbo può causare midriasi fissa bilaterale. Segni e sintomi associati sono variabili, ma possono comprendere: paralisi di tutti gli arti, coma improvviso, postura decerebrata, perdita dei movimenti coniugati degli occhi e modificazioni del pattern respiratorio.
-Aneurisma dell'arteria carotide. In questo caso, la midriasi unilaterale può essere accompagnata da emianopsia bitemporale, ridotta acuità visiva, emiplegia, diminuzione del livello di coscienza, cefalea, afasia, modificazioni comportamentali e ipoestesia.
-Glaucoma (da chiusura improvvisa d'angolo). Questa emergenza oculistica è caratterizzata da midriasi moderata e perdita dei riflessi pupillari nell'occhio interessato, accompagnata da dolore lancinante a esordio improvviso, ridotta acuità visiva, visione sfocata con alone, iniezione congiuntivale ed opacità corneale.
-Paralisi dei nervi oculomotori. La sindrome si associa a ptosi palpebrali, diplopia e diminuzione dei riflessi pupillari.
Lo stupor midriatico postraumatico con o senza una possibile sezione traumatica indiretta di tipo concussivo del nervo ottico!
Siamo sicuramente in presenza di una neuropatia ottica post-traumatica che è una lesione traumatica (diretta od indiretta) del nervo ottico (NO) che comporti perdita parziale o totale della sua funzione; la perdita della visione potrà avere carattere temporaneo o permanente. La lesione del NO potrà verificarsi a qualsiasi livello lungo il suo decorso: in genere il tratto interessato è quello intracanalicolare, talvolta la porzione intracranica (per frattura dei processi clinoidei anteriori o per compressione esercitata dalla plica durale falciforme). Il tratto intraorbitario è al contrario difficilmente lesionato se non direttamente, grazie all’andamento ad “S” descritto dal NO nella cavità orbitaria che gli consente un’ottima mobilità consensualmente al bulbo rendendolo meno vulnerabile allo stiramento ed in virtù della protezione offerta dal grasso orbitarlo e dal cono muscolare.
Utili:
-esami clinico oculare ed oftalmoscopico: l’esame oftalmoscopico eseguito nelle prime ore dall’evento traumatico non consente di rilevare generalmente reperti suggestivi per una lesione del NO , con fundus di aspetto normale nonostante la cecità o ipovisione del paziente; tuttavia, entro 3-4 settimane, la papilla diventa pallida e compare un quadro di atrofia ottica;
-potenziali evocati visivi (PEV): questo esame risulta essere particolarmente importante nella valutazione del paziente comatoso, specie nelle sospette forme bilaterali in cui può non essere dimostrabile un difetto pupillare afferente. I PEV sono utili a fini diagnostici e prognostici quando: non vengono registrati, nel qual caso la chance di recupero visivo è praticamente nulla; quando sono registrati in forma anomala subito dopo il trauma, per poi estinguersi a seguito dell’instaurarsi di una lesione secondaria a carico del nervo;
-studio del campo visivo: possibile solo per pazienti capaci almeno di conta dita. L’esame del campo visivo potrà rivelare deficit perimetrici classificabili in base alla gravità crescente in: lievi (meno del 25% del campo visivo), moderati (meno del 50% del campo visivo), gravi (più del 50% del campo visivo).
-OCT-HRT
Il quadro clinico dei pazienti affetti da neuropatia ottica post-traumatica è dominato dal deterioramento della funzione visiva di grado variabile fino alla cecità, la cui insorgenza temporale rispetto all’evento traumatico ha grandi implicazioni prognostico-terapeutiche. In genere la perdita del visus è istantanea al momento dell’impatto, pur essendo possibili insorgenze più tardive. Si calcola che il paziente con neuropatia ottica post-traumatica erediti successivamente una cecità permanente nel 50% dei casi.
Tale reperto diagnostico decisivo manca nel paziente comatoso o comunque con stato di shock tale da far passare in secondo piano il quadro visivo.
UTILE LA PROVA DEI COLLIRI NELLE ANISOCORIE
PROVA DEI COLLIRI: Metodica di indagine della funzionalità pupillare per mezzo di sostanze ad azione simpaticomimetica, parasimpaticomimetica e parasimpaticolitica somministrate per mezzo di colliri. Tutti questi farmaci sono in effetti in grado di modificare il diametro pupillare, in particolare i simpaticomimetici (adrenalina, amfetamina, cocaina) e i parasimpaticolitici (atropina, omatropina, scopolamina) dilatano la pupilla (midriasi), mentre sia i simpaticolitici (derivati della segale cornuta) sia i parasimpaticomimetici (pilocarpina, muscarina, acetilcolina) riducono il diametro pupillare (miosi). È quindi evidente che diverse categorie di sostanze hanno il medesimo effetto farmacologico sulla motilità oculare, rendendo difficoltosa la diagnosi differenziale delle anisocorie. La prova dei colliri è appunto un test farmacologico utile a discriminare la genesi simpatica o parasimpatica delle modificazioni del diametro pupillare. Il razionale di questa prova è che l’interruzione dell’input neurotrasmettitoriale alla muscolatura oculare intrinseca viene seguita, entro poche settimane, da un’ipersensibilità dell’effettore. Quando, ad esempio, si è verificata una, l’instillazione di adrenalina provoca dilatazione pupillare. Somministrando invece cocaina (simpaticomimetico indiretto: blocco del reuptake di noradrenalina nelle sinapsi noradrenergiche) si ottiene midriasi nel soggetto normale, mentre nella sindrome di Bernard-Horner, non essendo adeguatamente disponibile tale neurotrasmettitore a livello sinaptico, non si assiste a una variazione significativa del diametro pupillare. La pilocarpina allo 0,2% non provoca modificazioni, se non nel caso di, in cui si osserva una miosi; salendo a concentrazioni dell’1%, se si osserva una pronta miosi ciò sarà indicativo di una paralisi oculomotoria; quando, invece, non si ottiene una costrizione pupillare si deve porre il sospetto di una lesione del muscolo sfintere (sinechie, farmaci midriatici, traumi, glaucoma).
Dal latino angustia = oppressione, è uno stato acuto di ansia, che determina paura, impotenza e costrizione, spesso accompagnate da disturbi psicosomatici (difficoltà respiratorie, tachicardia, contrazioni muscolosi ecc.)
Quadro anatomoclinico che coinvolge gli elementi presenti nell'angolo cerebellare. Tale patologia è solitamente causata da un tumore che coinvolge la guaina del nervo vestibolococleare che causa disturbi all'udito, dell'equilibrio e alterazioni al nervo facciale. Se si espande, può portare alla compromissione del ponte, del cervelletto e di altri nervi encefalici. Altre cause della sindrome possono essere una compressione dovuta ad emorragie o processi espansivi del tronco encefalico.
Di Admin (del 02/12/2010 @ 14:55:47, in Lettera A, visto n. 1929 volte)
L'angiogenesi è la formazione di nuovi vasi sanguigni a partire da vasi già esistenti; svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo embrionale, nella riparazione tissutale e delle ferite; nella risoluzione dei processi infiammatori e nell`insorgenza di neoplasie.
L'angiogenesi patologica può essere suddivisa in attività a bassa attività angiogenica (ad esempio danneggiamento dei tessuti in seguito ad un’ischemia o l’insufficienza cardiaca) o ad alta attività angiogenica, come ad esempio avviene nel cancro (sia tumori solidi sia ematologici) o in infiammazioni croniche (artrite reumatoide, sindrome di Crohn, retinopatia diabetica, psoriasi, endometriosi e l’arteriosclerosi).
La formazione di un vaso passa attraverso diversi stadi ben definiti, caratterizzati da modificazioni dell’endotelio e della matrice extracellulare.
Nella genesi vascolare durante lo sviluppo embrionale diverse cellule endoteliali si formano dalle cellule staminali, al contrario nell’angiogenesi nuovi vasi sanguigni si formano da quelli preesistenti. Negli individui adulti gli stimoli fisiologici, durante la cicatrizzazione delle ferite e durante il ciclo mestruale, portano all’angiogenesi laddove la genesi vascolare non si verifica. L’angiogenesi si attiva rapidamente in risposta a: condizioni ipossiche o ischemiche, il rilassamento vascolare per es. mediato dall’ossido nitrico (NO) è un prerequisito per la partecipazione delle cellule endoteliali al processo di angiogenesi.
L’angioedema ereditario è causato dalla carente attività di una proteina, il C1 inibitore, che interviene nella regolazione del complemento e di altri sistemi coinvolti nei processi infiammatori (contatto, fibrinolisi, coagulazione). La sua carenza provoca, con un meccanismo non del tutto noto, il rilascio di sostanze vasoattive con conseguente aumento della permeabilità dei vasi capillari e formazione di edemi. La malattia è infatti caratterizzata dalla periodica comparsa di angioedemi non pruriginosi nei vari distretti corporei. Gli edemi durano 2 o più giorni e possono essere scatenati da microtraumi o da stress. La malattia può esporre al rischio di morte per asfissia nel caso in cui l’edema si sviluppi nelle vie aeree superiori. L'età di esordio è molto variabile, in genere i primi sintomi compaiono entro la seconda decade di vita.
Come si manifesta: I sintomi della malattia dipendono dal distretto corporeo colpito di volta in volta durante l’attacco acuto. Se l’angioedema insorge nel sottocute provoca deformazioni anche mostruose della parte del corpo colpita, che necessita di qualche giorno (a volte anche una settimana) per regredire completamente. Nel caso in cui vengano interessate le mucose dell’apparato digerente, la malattia provoca dolori addominali intensi con vomito e, talvolta, diarrea che durano 24-48 ore. Se l’edema insorge nella glottide o nella mucosa delle vie aeree superiori, può provocare difficoltà alla respirazione fino all’asfissia se non si interviene tempestivamente con la terapia specifica. Per motivi sconosciuti la gravità della malattia è molto variabile da individuo a individuo e anche nello stesso individuo può modificarsi notevolmente durante la vita. Inoltre anche all’interno della stessa famiglia la frequenza, il tipo e la gravità dei sintomi possono variare da soggetto a soggetto. Finora non è stato individuato alcun fattore predittivo dell’andamento della malattia durante la vita.
Le cause: La malattia è causata da una mutazione nel gene per il C1 inibitore che è situato sul cromosoma 11. A tutt’oggi, sono state identificate circa 100 diverse mutazioni responsabili della malattia. Queste mutazioni possono comportare la mancata trascrizione del gene, la trascrizione di mRNA anomalo non traducibile in proteina, la sintesi di una proteina antigenicamente identica a C1 inibitore, ma strutturalmente alterata e pertanto non funzionante (variante fenotipica nota come angioedema ereditario di tipo 2).
Come si trasmette: La malattia viene ereditata come carattere autosomico dominante: i soggetti affetti hanno quindi una probabilità del 50 % di trasmetterla ai figli, indipendentemente dal sesso.
La diagnosi: Nel caso di familiarità positiva e in presenza dei sintomi tipici la diagnosi è semplice. Il sospetto diagnostico può essere confermato, nell’85% dei casi, dal dosaggio dei livelli plasmatici del C1 inibitore (valori normali 15-30 mg% nei soggetti normali, 2-8 mg% nei pazienti). Il 15% dei pazienti è affetto dalla variante fenotipica (angioedema ereditario tipo 2) ed in questi soggetti la diagnosi è confermata solo dal dosaggio dell'attività funzionale di C1 inibitore (effettuabile solo in centri specializzati). A supporto del sospetto diagnostico, in assenza della possibilità di dosare C1 inibitore, si può dosare C4 che risulta inferiore al 50% del normale nei portatori di angioedema ereditario. Per effettuare tali esami è sufficiente un prelievo di sangue da una vena periferica. Il dosaggio del C1 inibitore è raccomandato a tutti i soggetti che presentano sintomi di angioedema, e nei componenti delle famiglie in cui esistono casi della malattia, compresi quelli che non manifestano alcun sintomo. In caso di familiarità positiva con mutazione genetica nota in uno dei genitori è possibile cercare la stessa mutazione nel patrimonio genetico del nascituro (tale possibilità rimane solo teorica in quanto non esistono centri attrezzati). Non esiste, allo stato attuale delle conoscenze, la possibilità di intervenire con terapie precoci volte a modificare il difetto.
Esiste una terapia: La malattia può essere curata, anche se non guarisce. Gli attacchi acuti gravi vengono trattati con l’infusione endovenosa del concentrato plasmatico umano di C1 inibitore. Gli attacchi acuti di lieve entità possono regredire più rapidamente con la somministrazione di acido tranexamico. Esiste anche una terapia profilattica degli attacchi di angioedema, basata sull’utilizzo di androgenoderivati attenuati. Tale terapia risulta efficace, ma deve essere assunta continuativamente. Sono necessari dei controlli periodici per monitorare l’eventuale comparsa di effetti collaterali. Inoltre questo tipo di farmaci sono controindicati durante l’accrescimento e la gravidanza
L'angina pectoris è una sindrome clinica che si manifesta con un dolore e un senso di costrizione al petto, come dice lo stesso termine latino. L'organo interessato è il cuore; infatti il dolore è causato una diminuzione transitoria del flusso di sangue che arriva al cuore e può essere più o meno intenso, a volte localizzato dietro lo sterno. Il dolore si può irradiare anche al braccio, al tronco e alle dita delle mani e si innesca o acuisce con l'attività fisica, il contatto con aria fredda e lo stress, mentre diminuisce a riposo.
Gli episodi di angina possono essere frequenti o distanziati nel tempo, a seconda dello stato di salute del soggetto. Le cause sono generalmente le cattive condizioni dell'apparato cardiovascolare: in particolare, il restringimento del lume dei vasi dovuto ad ateriosclerosi, che provoca una diminuzione della portata del flusso sanguigno, oppure alcune patologie del muscolo cardiaco (miocardiopatia ipertrofica) o delle valvole.
Fattori di rischio sono la predisposizione familiare, il fumo, l'ipertensione, l'ipercolesterolemia e il sesso. L'angina pectoris infatti è più frequente nei maschi perché le donne, almeno fino alla menopausa, hanno meccanismi ormonali protettivi nei confronti delle malattie cardiovascolari che contrastano alcuni fattori di rischio come il colesterolo troppo alto e l'ipertensione. Gli attacchi di angina pectoris si manifestano in età matura e risultano mortali nel 3-4% dei casi. La diminuzione del flusso sanguigno al cuore può comportare anche un'insufficiente ossigenazione del muscolo cardiaco (ischemia), con conseguente danno più o meno irreversibile.
La cura si avvale di farmaci per dilatare i vasi sanguigni e, quando la causa è una patologia cardiaca ben precisa, si può optare per l'intervento chirurgico per ripristinare la funzionalità cardiaca e vascolare (by-pass, angioplastica).
Gli attacchi di angina pectoris sono un segnale ben preciso di una ridotta funzionalità dell'apparato cardiovascolare e di possibili danni futuri al cuore; pertanto non devono essere assolutamente sottovalutati anche se a volte sono sporadici e di brevissima durata. Per questo motivo, identificato l'episodio di angina, è fondamentale fare un'indagine approfondita per prevenire patologie gravi, come l'infarto al miocardio, e ridurre i fattori di rischio, in particolar modo quelli di carattere soggettivo (fumo, stress).
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