Di seguito tutti i lemmi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
La sindrome di Down, detta anche trisomia 21, è una patologia che colpisce un bambino ogni 700-800 nati circa. La denominazione più nota prende il nome dal medico inglese J. Down, che la descrisse per primo nel 1866. Egli, non avendo a disposizione alcuna tecnica di ricerca genetica, diede alla sindrome il nome di "mongolismo", poiché l'aspetto dei soggetti gli ricordava gli abitanti di quella zona. Oggi questa parola non è più un'indicazione legittima per la sindrome, che è presente ovunque, in tutte le nazioni del mondo, presso tutte le razze umane, ma anche in alcuni mammiferi.
Si tratta di una malattia genetica (ma nel 98% dei casi la sindrome non è ereditaria) in cui il neonato presenta un corredo cromosomico costituito da 47 cromosomi, con la presenza di tre copie del cromosoma 21 invece di due (in basso nell'immagine). Questa patologia causa un ritardo mentale nel soggetto colpito, una diminuita efficienza del sistema immunitario e malformazioni cardiache. La maggiore frequenza di malformazioni nei piccoli malati richiede un'attenzione particolare al loro stato di salute (specialmente per l'apparato cardiocircolatorio, oculistico e gastroenterico). Inoltre questi malati sono maggiormente soggetti, nel corso del tempo, anche ad altre patologie, come la malattia di Alzheimer, l'ipotiroidismo, la leucemia, la celiachia.
Attualmente si ritiene che fattori esterni non influiscano sull'instaurarsi della Sindrome di Down; si è invece constatata una relazione fra età dei genitori e frequenza della patologia. Le madri oltre i 35 anni e i padri oltre i 50 hanno una maggiore possibilità di mettere al mondo figli malati; tuttavia non si è ancora individuata una spiegazione per questa situazione.
Cura e prevenzione - Non esiste al momento una cura per questa patologia, tuttavia le terapie riabilitative hanno consentito, negli ultimi anni, di garantire un notevole aumento dell'aspettativa di vita dei malati. Si è infatti passati da una vita media di 25 anni nel 1983 a una di 49 nel 1997. Recentemente, un gruppo di ricercatori guidati dal dottor Andrea Ballabio (Istituto Telethon di Genetica, Napoli) ha completato la mappatura del cromosoma 21, il responsabile della sindrome. Si spera che questo lavoro porti a una migliore comprensione dei meccanismi alla base di questa patologia. Per il momento, l'unica possibilità esistente è la diagnosi precoce durante la gravidanza; in particolare, il tri-test consente di evidenziare il rischio che il nascituro sia malato. In questo caso si può procedere a un'amniocentesi per confermare la diagnosi.
Di Admin (del 17/11/2010 @ 15:48:52, in Lettera J, visto n. 4307 volte)
La sindrome di Jackson-Weiss è una malattia autosomica dominante caratterizzata da craniosinostosi, malformazioni dei piedi e grande variabilità fenotipica(Jabs et al.1994).
La sindrome di Jackson-Weiss è stata descritta per la prima volta nel 1976 da Jackson e Weiss in una ampia famiglia Amish, nella quale erano affetti 88 individui esaminati di persona e altri 50 di cui si riportava, in modo attendibile, come affetti. Tale patologia è caratterizzata da craniosinostosi (la fusione prematura di una o più suture craniche) con ipoplasia della porzione mediale della faccia, prominenza frontale, e anomalie dei piedi con diverse sindattilie cutanee (fusione di due o più dita) e alluci ingranditi e deviati medialmente in modo variabile. I pollici sono risultati normali in tutti i casi tranne un paziente che presentava fusione delle falangi; solo un individuo aveva anomalie craniofacciali, all'esame clinico e radiografico. Le capacità intellettive sono conservate. La variabilità dei riscontri clinici è così marcata che, ad eccezione della sindrome di Apert, viene riportato l'intero spettro delle acrocefalosindattilie nella famiglia originaria.
Eziologia: la modalità di trasmissione è autosomica dominante con alta penetranza e variabilità fenotipica.
Li et al. (1994) hanno mappato la sindrome di Jackson-Weiss nel cromosoma 10, regione q25-26, nella famiglia originaria; Jabs et al. (1994) hanno evidenziato una mutazione nel fattore di crescita del fibroblasti nel gene del recettore 2 (FGFR2) nella stessa famiglia, con una sostituzione di un'alanina con una glicina in posizione 344 dell'esone 7 del gene FGFR2. Nello stesso esone vengono trovate le mutazioni che causano la sindrome di Crouzon.
Ades et al. (1994) hanno riportato un modello di craniosinostosi dominante come esempio di questa sindrome, tuttavia successivamente hanno mappato il gene nel cromosoma 4 nella regione p16 e hanno rinominato la condizione `craniosinostosi tipo Adelaide'.
Diagnosi: Winter e Reardon (1996) propongono che la designazione della sindrome di Jackson-Weiss sia riservata, per il momento, alle ampie parentele che evidenzino una estrema variabilità intrafamiliare di craniosinostosi comprendenti caratteristiche delle sindromi di Crouzon, Pfeiffer e Apert. Nel frattempo le basi molecolari di questo fenomeno possono essere chiarite e la sindrome di Jackson-Weiss può essere definita da una specifica mutazione FGFR2 (come quella osservata nella famiglia originaria) o forse da specifiche mutazioni nei loci modifier che agiscono su un numero di mutazioni FGFR.
Viene anche detta sindrome di De Morsier o displasia olfatto-genitale o ipogonadismo ipogonadotropo con anosmia.
E’ una malattia genetica,caratterizzata dall’associazione tra anosmia (ridotta o assente capacità di percepire gli odori),dovuta ad una agenesia dei lobi olfattori,e ipogonadismo (genitali poco sviluppati e assenza di pubertà spontanea),dovuto ad un deficit di GnRH ipotalamico.
La causa è rappresentata da un assente migrazione dal placide olfattivo all’ipotalamo dei neuroni che secernono GnRH durante la vita fetale. Diversi studi hanno messo in relazione la comparsa della malattia con alterazioni genetiche(delezioni e mutazioni) del gene KAL1; queste sono responsabili delle forme della sindrome legate al cromosoma X. Mentre responsabile della forma autosomica dominante è il gene che codifica per il recettore tipo1,responsabile della crescita dei fibroblasti (FGF).
Esistono diversi tipi di modalità di trasmissione: legata al cromosoma X, autosomica dominante o recessiva.
Il deficit di androne o il loro scarso funzionamento porta nelle prime settimane di vita intrauterina ad una mancata differenziazione dei dotti di Wolff e dei genitali esterni. Quindi le manifestazioni cliniche possono andare da un’ambiguità dei genitali esterni a uno pseudoermafroditismo maschile o alla femminilizzazione dei genitali esterni. Successivamente il deficit di androgeni determinerà micropene e una assente o incompleta discesa testicolare,pubertà spontanea assente. Inoltre subiscono alterazioni anche i caratteri sessuali secondari: scarso sviluppo muscolare,pene,scroto e testicoli piccoli,peli pubici e ascellari scarsi. Possono sviluppare ginecomastia e la crescita delle ossa lunghe non accompagnata dalla saldatura delle epifisi,può portare ad un habitus eunucoide. A tutto ciò si affianca un calo della libido e della forza muscolare.
A tutta questa sintomatologia legata all’ipogonadismo si associa una ridotta o assente percezione degli odori;quest’ultimo caso può essere accompagnato anche da alterazioni a livello renale,sindrome cerebellare e alterazioni neurologiche e,più raramente, a palatoschisi .
La diagnosi si basa sul reperto dell’associazione tra ipogonadismo ipogonadotropo e anosmia. La anosmia può essere documentata tramite RMN che mette in evidenza una ipoplasia dei bulbi olfattori; inoltre esistono diversi test olfattometrici. Per quanto riguarda l’ipogonadismo si effettua diagnosi attraverso l’evidenza clinica di pubertà inesistente e il dosaggio degli ormoni gonadotropi e sessuali.
Per quanto riguarda la terapia,esistono diversi schemi terapeutici che vengono applicati in base alle esigenze e all’età del paziente.
I bambini possono essere trattati con testosterone enantato; negli adolescenti con bassi livelli di androgeni,viene utlizzato testosterone enantato o cipionato; negli adulti si utilizzano strumenti farmacologici come il GnRH(somministrato in maniera pulsatile tramite una pompa per via sottocutanea) e gonadotropine(somministrate ogni 2-3 giorni).
La sindrome di Prader-Willi è una malattia genetica rara caratterizzata da anomalie ipotalamico-pituitarie associate a grave ipotonia nel periodo neonatale e nei primi due anni di vita e alla insorgenza di iperfagia, che esita nel rischio di obesità patologica durante l'infanzia e nell'età adulta, a difficoltà di apprendimento e a disturbi comportamentali o problemi psichiatrici gravi.
L'ipotonia grave alla nascita comporta problemi alla deglutizione e all'allattamento e un ritardo dello sviluppo psicomotorio, ma tende a attenuarsi parzialmente con l'età. Sono state spesso segnalate caratteristiche facciali peculiari (fronte stretta, occhi a mandorla, labbro superiore sottile e bocca rivolta verso il basso) e mani e piedi molto piccoli.
Dopo questa fase iniziale, i segni principali sono l'iperfagia e la mancanza di sazietà che causa spesso, nei bambini affetti di circa due anni, obesità grave. In assenza di controlli esterni adeguati, la condizione può peggiorare rapidamente. L'obesità è la causa più importante di morbidità e mortalità dei pazienti. Altre anomalie endocrine correlate contribuiscono a un quadro clinico caratterizzato da bassa statura, deficit dell'ormone della crescita, e sviluppo puberale incompleto. Il deficit cognitivo è estremamente variabile e si associa a difficoltà di apprendimento e a uno sviluppo anomalo del linguaggio, spesso aggravati dai disturbi comportamentali e psicologici.
È dovuta ad anomalie della regione critica del cromosoma 15 (15q11-q13). Gli esperti concordano che la diagnosi debba basarsi su criteri clinici (i criteri di Holm del 1993, rivisti nel 2001) e essere confermata dalle analisi genetiche. La maggior parte dei casi è sporadica e i casi familiari sono rari; tutte queste informazioni dovrebbero essere fornite dalla consulenza genetica.
La diagnosi precoce, la terapia multidisciplinare precoce e la terapia con l'ormone della crescita (GH) hanno migliorato sensibilmente la qualità della vita di questi bambini.
Di Admin (del 02/03/2011 @ 10:05:29, in Lettera S, visto n. 1406 volte)
Rara malattia genetica facente parte dell'eterogeneo gruppo delle malattie da accumulo lisosomiale, dovuta ad un accumulo di mucopolisaccaridi. La Sindrome di Sanfilippo è anche definita mucopolisaccaridosi di tipo III e il deficit enzimatico che la caratterizza causa gravi problemi di ordine mentale, influendo anche sulla funzionalità degli organi e sull'aspetto.
Fa parte delle patologie autoimmuni sistemiche di tipo infiammatorio,caratterizzata da una distruzione del parenchima delle ghiandole salivari,lacrimali,di ghiandole esocrine presenti a livello del tubo gastroenterico e a livello respiratorio. Le ghiandole vengono sostituite da un infiltrato di linfociti e plasmacellule che può,alla fine,portare ad atrofia completa.
La patologia può,però,avere anche una localizzazione extraghiandolare.
Può presentarsi in forma primaria o secondaria aa altre malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide,sclerodermia,lupus eritematoso sistemico.
Colpisce più di frequente il sesso femminile intorno ai 50 anni,anche se ci sono dei casi con insorgenza nell’infanzia.
L’eziopatogenesi è sconosciuta,anche se si ipotizza una correlazione a fenomeni autoimmunitari; in particolare si è riscontrata una predisposizione in soggetti con antigeni di istocompatibilità HLA B8 e DRW3. comunque il sistema linfocitario si presenta alterato,con una ridotta capacità di rispondere a fitogeni policlonali e una spiccata ipersensibilità cellulare dei linfociti verso le strutture delle ghiandole salivari.
Per quanto riguarda la sintomatologia,si distinguono sintomi ghiandolari ed extraghiandolari.
Sin dall’esordio della malattia c’è un coinvolgimento delle ghiandole esocrine salivari e lacrimali; quindi avremo a livello oculare secchezza(cheratocongiuntivite secca),sensazione di corpo estraneo,bruciore oculare dovuti alla distruzione dell’epitelio corneale e congiuntivale. A livello orale avremo secchezza delle fauci per distruzione delle ghiandole salivari(xerostomia),tumefazione ricorrente o persistente delle ghiandole salivari,necessità di bere grandi quantità di acqua per l’instaurarsi di iposalivazione che porta anche ad un aumento dell’incidenza di carie in questi soggetti. La secchezza del cavo orale può anche estendersi a livello della mucosa faringea, con conseguente disfagia,alla mucosa nasale e laringea,con conseguenti raucedine,epistassi,infezioni.
Per quanto riguarda la sintomatologia extraghiandolare che può coinvolgere l’apparato muscolo scheletrico(artralgie a carico delle piccole articolazioni di mano e polsi),l’apparato urogenitale(secchezza vaginale,infezioni ricorrenti),il sistema emopoietico(leucopenia,anemia,piastrinopenia).
Si possono anche averemanifestazioni cutanee (come Raynaud), endocrine (gozzo eutiroideo e tiroidine autoimmune), neurologiche (neuropatia periferica agli arti inferiori)
La diagnosi si basa sulla scialografia ,che permette di evidenziare il sistema duttale e parenchiamle delle ghiandole, e biopsia. Inoltre può essere effettuata scintigrafia con tecnezio 99m della parotide. Nella valutazione diagnostica della sindrome di Sjogren è utile impiegare i test per l'esame quantitativo della secrezione lacrimale quali il test di Schirmer ( valuta la secrezione lacrimale tramite una striscia di carta assorbente che viene messa a contatto con la ghiandola lacrimale inferiore), il test al collirio Rosa Bengala e il Break-up Time Test (tempo di rottura del film lacrimale:si esegue colorando il film corneale con fluorescina e si osserva la sua rottura con lampada a fessura). Inoltre nella maggior parte dei casi di é possibile rilevare una ipergammaglobulinemia e spesso la presenza di autoanticorpi, tra cui il fattore reumatoide ed anticorpi antinucleo-estraibili (anti-Ro/SSA e antiLa/SSB). Queste alterazioni siero-logiche però, riscontrabili frequentemente in corso di collagenopatie, non necessariamente associate alla S.S., costituiscono perciò un dato aspecifico; possono comunque costituire un primo approccio diagnostico per porre il sospetto di S.S. ed orientare i clinici verso quelle metodiche diagnostiche più specifiche di questa patologia.
Per quanto riguarda la terapia può essere: -preventiva (corretta igiene orale,visite oculistiche,umidificazione degli ambienti); -sintomatica( per la secchezza oculare si usano lacrime artificiali;per la secchezza orale si usano spray e gel idratanti); -sistemica(antinfiammatori non steroidei,steroidi a basse dosi,immunosoppressori.
La sindrome postorgasmica è stata descritta nel dettaglio da circa un decennio ed insorge negli individui predisposti, in seguito all'eiaculazione, con sintomi simili a quelli dell'influenza. Le cause di questa sindrome non sono completamente note, ma al momento si ipotizza una reazione di ipersensibilità di tipo reaginico (tipo I) e cellulo mediata (tipo IV) dell'organismo, nei confronti di alcune sostanze contenute nel liquido seminale. In attesa di maggiori conferme dalla letteratura e di studi effettuati su un numero ancora maggiore di soggetti che presentano tale sintomatologia, è importante riconoscere al momento della visita, quelle situazioni in cui prevale la componente psicosomatica su quella organica.
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