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Intossicazione cronica da piombo che avviene attraverso l'inspirazione o l'assorbimento per via cutanea e mucosa oppure tramite l'apparato digerente di piombo metallico e organico. Il piombo si lega nel sangue ai globuli rossi e si deposita, spostando il calcio, nelle ossa, dalle quali può essere richiamato e rimesso in circolo in situazioni di stress, quando di verifichino infezioni o acidosi. Si deposita anche nel fegato e nei reni. In una fase iniziale molto breve, caratterizzata da un'elevata quantità di piombo in circolo, si presentano segni di anemia saturnina per l'alterata sintesi della emoglobina e dei globuli rossi a causa dell'inattivazione degli enzimi del metabolismo porfirinico. Si presentano poi sintomi a livello del sistema nervoso centrale (quali encefalopatia e paralisi), della circolazione periferica (con colorito cosiddetto saturnino, per gli spasmi vasali sino alla gangrena), dell'apparato osteomuscolare (con dolori articolari, la gotta saturnina, e lesioni ossee), del tubo digerente (con orletto gengivale da saturnismo in cui una colorazione blu-grigio scuro, presente anche nella mucosa delle labbra, mette in evidenza un deposito di solfuro di piombo), dei reni (con lesione renale, rene saturnino atrofico). Lo stadio finale è la cachessia.
Inspirazione lenta e profonda e apertura forzata della bocca, delle fauci e della glottide. Pandiculazione è il termine che viene usato per definire l'insieme delle contrazioni muscolari che generalmente accompagnano lo sbadiglio, e che portano a "stiracchiarsi".Considerato come un atto respiratorio accessorio, può essere provocato sia da fattori organici (ad esempio fame, sonno) che psichici (come noia, stanchezza, astenia ecc.). Tra gli esseri umani, lo sbadiglio è contagioso, per cui in generale, è più probabile che una persona sbadigli dopo aver percepito (con la vista, l'udito, o entrambi i sensi) lo sbadiglio di un'altra persona.
In origine lo sbrinz veniva prodotto solo nella regione di Brienz (Svizzera centrale), ma in seguito si è diffuso anche in altre aree della nazione elvetica. Attualmente la zona di produzione comprende anche i cantoni di Nid Walden, Obwalden, Svitto e Zug. Si tratta di un formaggio a pasta dura, che può essere consumato al naturale oppure grattugiato sugli alimenti. Molto ricco di calcio, si conserva a lungo anche dopo il taglio.
INFO AL. - Carboidrati: 0; proteine: 30; grassi: 33; acqua: 32; calorie: 429
La scabbia è una delle più antiche malattie parassitarie, essendosi trovate tracce del parassita nelle mummie egiziane. La scoperta dell’agente causale, l’acaro, risale al 1687 e pertanto la scabbia può essere classificata come la prima malattia del genere umano della quale si conosceva la causa. Sfortunatamente passarono due secoli prima che tale scoperta fosse accettata dal mondo scientifico. Comunemente si ritiene che essa sia appannaggio delle classi sociali più disagiate o in condizioni igieniche scadenti: parzialmente vero in quanto le condizioni socioeconomiche dei pazienti affetti da scabbia sono oramai rappresentative della popolazione in generale.
Per meglio comprendere tale infestazione analizzeremo:
1) l’agente causale ed il suo ciclo biologico;
2) le modalità di trasmissione;
3) gli aspetti clinici;
4) la terapia.
Agente causale ed il suo ciclo biologico
La scabbia è causata da un acaro, il Sarcoptes Scabiei var. hominis (famiglia Sarcoptidae, sottordine Astigmata, ordine Acarina, classe Arachnida). E’ un parassita obbligato dell’uomo (l’uomo è il suo ambiente naturale), di forma ovalare, di piccole dimensioni (la femmina adulta è lunga 0.4mm e larga 0.3mm, mentre il maschio ha una lunghezza di 0.2 mm e una larghezza di 0.15 mm), invisibile ad occhio nudo. Si muove con rapidità sulla cute, percorrendo 2.5 cm al minuto. Sono contagianti le femmine gravide, le larve e le uova; i maschi (vivono per circa 45 giorni e non penetrano nella pelle) muoiono poco dopo l’accoppiamento. La femmina fecondata resta sulla superficie cutanea sino a quando le uova sono quasi mature (è questo il periodo durante il quale esse possono contagiare per contatto altri individui) dopodichè scava nello strato corneo della pelle delle gallerie (alla velocità di 0.5-5mm al giorno) depositandovi 2-3 uova al giorno, con un massimo di 50, dopodiché muore. Nell’arco di 4-7 giorni le uova si schiudono e le larve escono dal cunicolo sulla superficie cutanea: scavano a loro volta altri cunicoli dove si trasformano in ninfe diventando adulte in 3 settimane: si ha una nuova generazione in meno di un mese.
Modalità di trasmissione
La femmina adulta sopravvive in un ambiente umido (tra il 40 e 80% di umidità) e temperature comprese tra 25° e 35°C: al di sotto dei 20°C ed al di sopra dei 55°C muore. Al di fuori dell’ospite umano l’acaro non sopravvive più di 2-5 giorni. Questa premessa è doverosa per comprendere come il contagio sia prevalentemente interumano nella grande maggioranza dei casi. Così vi deve essere un contatto diretto con la persona ammalata, con i rapporti sessuali ( la scabbia viene inclusa nelle malattie sessualmente trasmissibili: a differenza però della sifilide o della gonorrea la cui trasmissione avviene frequentemente dopo breve contatto sessuale, la scabbia si trasmette quando i partners trascorrono la notte assieme) o condividendo lo stesso letto, tramite l’allattamento oppure medicando senza precauzioni individui affetti. Maggiore è il numero dei parassiti presenti su di un individuo, maggiore è la possibilità della trasmissione. Il lungo periodo di incubazione, in soggetti con una prima infezione, rende spesso difficile rintracciare la fonte di contagio. Il contagio indiretto tramite oggetti venuti in contatto con il malato (lenzuola, vestiti, asciugamani,coperte ecc.) o attraverso una frettolosa stretta di mano od un abbraccio è più raro.
Aspetti clinici
Il sintomo d’esordio caratterizzante la scabbia è il prurito: è un prurito generalizzato caratteristicamente notturno. L’incubazione dura in media 3-4 settimane nel caso di prima infezione mentre è più breve (1-3 giorni) nel caso di reinfestazione. Il perché intercorrano parecchi giorni prima che la malattia si manifesti è legato al fatto che il prurito che disturba il paziente è di origine allergica, ossia legato ad una risposta immunitaria del soggetto nei confronti dell’acaro; quindi, specialmente nella prima infezione, la presenza del parassita viene svelata dopo parecchi giorni dal contagio, premettendogli di moltiplicarsi indisturbato.
Classicamente la lesione caratteristica della malattia è il cunicolo scabbioso: si tratta di una piccola zona rilevata, sinuosa, filiforme, lunga qualche millimetro localizzata in prevalenza in aree scarse di follicoli pilo-sebacei quali gli spazi interdigitali delle mani e la superficie flessoria dei polsi, dove la pelle è più sottile. Esso corrisponde al tragitto compiuto dalla femmina adulta nello strato corneo. Ad una estremità del cunicolo si può apprezzare un piccolo rilievo simile ad una capocchia di spillo denominato vescicola perlacea per il suo aspetto traslucido: qui si trova l’acaro mentre il resto del percorso è occupato dalle uova e dalle feci da lui deposte.
Altre lesioni proprie della malattia sono le papule e i noduli infiammatori oltre a manifestazioni aspecifiche quali eczema ed escoriazioni Si osservano, nell’adulto, a livello della parte inferiore dei glutei nella piega dove si congiungono con la parte superiore delle cosce, della regione genitale maschile, della zona areolare mammaria femminile, della regione ombelicale, dei pilastri anteriori delle ascelle, dei fianchi, della superficie estensoria dei gomiti. Nel bambino è facile osservare la prevalenza di escoriazioni talora infette rispetto alle lesioni tipiche, mentre nel lattante è caratteristico l’interessamento palmo-plantare, del viso e del cuoio capelluto. La scabbia è l’esempio di una malattia nella quale sono solitamente presenti contemporaneamente vari tipi di lesioni (malattia polimorfa).
Purtroppo però non sempre è così obiettivo il quadro clinico della malattia: l’igiene della persona oggi è consuetudine e trovare lesioni specifiche è sempre più raro. Occorre prestare molta attenzione alla descrizione del prurito (massimo di notte, tale da impedire talvolta il sonno), al tipo e localizzazione delle lesioni (es. lesioni crostose impetiginizzate pruriginose sulle natiche devono far sorgere il sospetto della scabbia), all’anamnesi (presenza in famiglia di altre persone con prurito o frequentazione di persone che lamentano prurito), occorre osservare con estrema accuratezza ogni singola lesione ma soprattutto conviene avvalersi di un esame di laboratorio che consiste nella ricerca diretta del parassita, delle sue uova e/o delle sue feci su frammenti di tessuto corneo prelevato con un bisturi in corrispondenza di una lesione sospetta.
Altresì l’uso di corticosteroidi per via topica o sistemica determina un miglioramento dei sintomi e dei segni della scabbia, confondendo quindi le manifestazioni cliniche della malattia, lasciandone però intatta la capacità infestante.
La terapia
La terapia attualmente si basa sull’uso di sostanze da applicare sulla cute, con varie modalità a seconda del composto chimico. L’applicazione, dal collo in giù (tronco e arti superiori e inferiori), deve essere effettuata con particolare attenzione alle mani, ai piedi ed alle aree intertiginose. Il trattamento deve essere eseguito contemporaneamente da tutti i membri del nucleo familiare in stretto contatto con il paziente e il partner sessuale, anche in assenza di prurito, per evitare possibili reinfezioni. E’ importante che vengano seguite fedelmente le istruzioni al fine di evitare applicazioni per periodi superiori a quelli prescritti: infatti capita che il paziente, lamentando ancora un po’ di prurito al temine del ciclo terapeutico, scambi la lieve dermatite pruriginosa che segue la terapia come persistenza della malattia e tenda a prolungare le applicazioni di qualche giorno, peggiorando il quadro.
La biancheria intima di cotone, le calze, le federe dei cuscini, le lenzuola, gli asciugamani del paziente vanno lavati a 60°C e stirati con il ferro a vapore; ciò che non può essere lavato a questa temperatura verrà messo in un sacco di plastica per 3 giorni contenente un insetticida. Valido anche il lavaggio "a secco". Per i materassi e le coperte si utilizzerà un antiparassitario in polvere (trattati per 48 ore).
Di Admin (del 23/06/2007 @ 13:26:18, in Lettera S, visto n. 2083 volte)
malattia parassitaria della pelle dovuta all’ acaro Sarcoptes scabiei; detta anche rogna. La scabbia assume aspetti clinici diversi in rapporto all’estensione del processo morboso o all’eventuale sovrapposizione di complicazioni dovute al grattamento. Il sintomo caratteristico è dato dal cunicolo scavato dall’acaro, che ha forma lineare o ad arco di cerchio, di uno o più millimetri di lunghezza, di colore bianco o roseo, simile alla cute vicina. Accanto al cunicolo si possono osservare, specie nelle forme che durano da tempo, alcune vescichette perlacee a contenuto limpido e prive di alone infiammatorio. Il contagio avviene attraverso la biancheria del letto oppure mediante il contatto diretto tra malato e sano. Le sedi elettive sono: spazi interdigitali, lato flessorio dei gomiti, pilastro anteriore dell’ascella, areola mammaria, dorso del pene, scroto, glande; nei bambini, regioni glutee e piedi; capo e collo sono risparmiati. L’eruzione scabbiosa è accompagnata da prurito, specie notturno, a volte intenso. Le possibili complicazioni sono provocate da grattamento: vesciche da batteri piogeni, pustole impetiginoidi, eczemi ecc. In mancanza di cure la malattia si cronicizza. Una forma clinica particolare è costituita dalla scabbia norvegese, caratterizzata da ipercheratosi, croste ed eritrodermia estesa, con possibile localizzazione al capo e al collo. La scabbia si cura con l’applicazione su tutta la superficie cutanea di farmaci antiacarici (permetrina, crotamitonum, benzoato di benzile), disinfestando biancheria, coperte, vestiti ecc. Dopo 24-48 ore di appropriata terapia il paziente non è, abitualmente, più contagioso, anche se nel 50% dei casi il prurito potrà persistere più a lungo e richiedere il trattamento con antistaminici per via sistemica
Nome con cui vengono indicate due ossa corte, di forma cuboide,che fanno parte una del carpo e l'altra del tarso.
Nome di tre muscoli (anteriore, medio, posteriore) situati in profondità nella regione laterale del collo. Inseriti da un lato alle apofisi trasverse delle vertebre cervicali e dall'altro lato alle prime due costole, con la loro contrazione si provvede all'innalzamento di queste nella fase inspiratoria e alla flessione laterale del collo.Nel 30% circa delle persone è presente anche un quarto muscolo scaleno, lo scaleno minimo, che inizia dal tubercolo anteriore del processo trasverso della vertebra prominente (C7) e si inserisce anch'esso sulla prima costa, oltre che sulla cupola pleurica.
I muscoli scaleni vengono innervati dai rami anteriori del nervi spinali cervicali da C3 a C8. Dal momento che hanno azione elevatoria sulle coste, fanno parte del gruppo dei muscoli inspiratori.
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