Di seguito tutti i lemmi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
L'acido prussico è tra i veleni più potenti conosciuti in natura, al pari dei suoi sali (cianuri). Si trova in molti vegetali (per esempio, nei noccioli di pesca, di ciliegia, di albicocca e soprattutto di mandorla, sotto forma di amigdalina; nelle piante di ortensia, sambuco ecc.). Agisce bloccando gli scambi di ossigeno nei tessuti. Può essere assorbito per ingestione, inalazione o contatto cutaneo. I sintomi sono: respiratori, con dispnea e cianosi; cardiocircolatori, con possibile collasso; a carico del sistema nervoso centrale, con disturbi extrapiramidali, irritabilità, depressione, convulsioni. Molti casi risultano mortali. La terapia consiste in rianimazione e somministrazione di antidoti.
Composto che si forma all'interno del globulo rosso per unione della parte proteica dell'emoglobina con l'acido cianidrico o altri cianuri, che impediscono l'utilizzazione dell'ossigeno da parte delle cellule, causando una grave forma di ipossia, detta ipossia istotossica.
Foglio circolare sottile di pane azimo sul quale, dopo averlo rammollito in acqua, si versa il farmaco in polvere per la somministrazione orale.
La sindrome di Churg-Strauss è un tipo di vasculite sistemica dei piccoli vasi. La patologia prende il nome dei primi medici che ne descrissero le manifestazioni nel 1951, Jacob Churg e Lotte Strauss.
La malattia colpisce in prevalenza soggetti di sesso maschile fra i 40 e i 60 anni. I sintomi più frequenti sono sinusopatia, asma bronchiale, angioite allergica, necrosi eosinofila, eosinofilia.
Sono cinque i fattori di rischio che possono provocare il decesso della persona che soffre della sindrome di Churg-Strauss:
1) Riduzione della funzione renale;
2) Emorragia gastrointestinale;
3) Cardiomiopatia;
4) Coinvolgimento del sistema nervoso centrale;
5) Proteinuria.
In presenza di uno di tali fattori di rischio, la mortalità è del 12 per cento, che poi cresce esponenzialmente in presenza di altri fattori.
La terapia si basa sulla somministrazione di immunodepressori e corticosteroidi.
Dal punto di vista microbiologico la clamidia è un batterio, ma in patologia si comporta come un parassita, in quanto per sopravvivere deve infettare una cellula ospite.
Dal punto di vista clinico la clamidia è responsabile di varie malattie. La Clamidia è una malattia infettiva sessualmente trasmissibile, il cui nome comune deriva dal genere di parassiti intracellulari Chlamydia. Questo genere comprende diverse specie, la più importante delle quali, patogena per l'uomo, è la Chlamydia trachomatis, responsabile di un'infezione trasmessa da rapporti sessuali non protetti con individui già ammalati. Attualmente si tratta dell'infezione a trasmissione sessuale più frequente e secondo alcune stime raggiungerebbe il 20% della popolazione. I sintomi possono essere abbastanza vaghi: bruciori e secrezioni vaginali anomale, emorragie fra i cicli nella donna, sensazione di bruciore quando si urina negli uomini. Spesso vengono scambiati per sintomi di infiammazioni delle vie urinarie (cistite), a volte sono di così lieve intensità da essere trascurati. La facilità con cui il microrganismo infetta il partner e la difficoltà di una diagnosi tempestiva fanno sì che il bacino d'infezione del batterio sia molto vasto. Per questo motivo gli ultimi studi negli Stati Uniti suggeriscono di effettuare un test di routine una volta all'anno a tutte le donne con età inferiore a 25 anni. L'identificazione della Chlamydia è molto facile, mediante la ricerca del suo materiale genetico, con tamponi vaginali o il pap-test.
La cura è altrettanto semplice: è sufficiente una terapia antibiotica di sette giorni e l'effettuazione dopo qualche mese del test per verificare la scomparsa del parassita. Se una donna risulta positiva al test, occorre mettere al corrente il partner perché il rischio di contagio è molto alto, almeno nei rapporti avvenuti trenta giorni prima della comparsa dei sintomi nella donna o sessanta giorni prima, nel caso di manifestazione asintomatica della malattia.
L'infezione da Chlamydia è molto seria in quanto potenzialmente interessa una parte di popolazione molto vasta (in particolar modo le giovanissime sono a rischio per i comportamenti poco inclini all'uso del profilattico) e, nel caso di gravidanza, può indurre gravi conseguenze sul neonato (congiuntivite o polmonite). Inoltre, se trascurata, l'infezione può diffondersi alla zona pelvica, all'utero, risalendo verso le tube di Falloppio e le ovaie: la conseguenza più seria di ciò è la Malattia Infiammatoria Pelvica che, se non trattata tempestivamente, può portare alla sterilità nella donna. C'è da dire che l'uso del profilattico non mette al riparo completamente dall'infezione in quanto, diffondendosi anche dalle secrezioni vaginali, può essere trasmesso da biancheria, asciugamani o oggetti contaminati. Per questo motivo una scrupolosa igiene personale è una buona tecnica preventiva.
Il chitosano ¨¨ un polisaccaride lineare composto da D-glucosamina e N-acetil-D-glucosamina, legate tramite legami ¦Â(1-4).
Il chitosano viene usato in genere come elemento all'interno di shampoo, e si forma trattando la chitina, generalmente ottenuta dall'esoscheletro di crostacei con soluzione acquosa basica.
Viene spesso utilizzato anche nei regimi alimentari ipocalorici allo scopo di ridurre il peso, in quanto ¨¨ in grado di attirare e legare a s¨¦ i grassi impedendone l'accumulo.
Branca della medicina che si vale di tecniche manuali e strumentali, di tipo cruento, per la terapia di malattie o affezioni morbose di varia natura e origine. In linea di massima, nella pratica chirurgica è possibile distinguere un momento demolitivo (asportazione parziale o totale di tessuti e organi) e uno ricostruttivo, variamente combinati tra loro. Come l'insieme della medicina anche la chirurgìa ha conosciuto nel corso degli anni più recenti enormi progressi con un continuo spostamento in avanti dei limiti considerati un tempo invalicabili, grazie a molteplici fattori: l'affinamento dei metodi di sterilizzazione e asepsi, che permettono di diminuire drasticamente l'incidenza delle complicazioni infettive; i progressi tecnologici, che mettono a disposizione degli operatori materiali e strumenti sempre più sofisticati e duttili; l'affinamento delle tecniche diagnostiche, che rendono possibile al chirurgo un'approfondita preparazione dell'intervento sulla scorta delle informazioni ricavate, alle quali si associa un costante perfezionamento delle tecniche operatorie vere e proprie. Non si deve inoltre dimenticare il ruolo insostituibile svolto dalla moderna anestesiologia che, grazie ai suoi farmaci sempre più potenti e sicuri e alle sue metodiche particolari (quali la respirazione artificiale, la circolazione extracorporea, l'ipotermia ecc.), permette l'esecuzione di interventi un tempo assolutamente impensabili, come quelli a cuore fermo, ora così frequenti in cardiochirurgia. Il mantenimento delle funzioni vitali anche in situazioni assolutamente artificiali, grazie all'intervento delle tecniche di rianimazione e di terapia intensiva, consente di allargare considerevolmente le indicazioni chirurgiche estendendole a casi clinici precedentemente considerati inoperabili (pazienti anziani, gravemente compromessi dall'evento morboso o da malattie preesistenti ecc.).
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