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Di seguito tutti i lemmi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di dr.ssa Anna Carderi (del 11/02/2014 @ 17:15:12, in Lettera P, visto n. 811 volte)
Misurazione indiretta del bacino osseo per valutare le possibilità di svolgimento del parto. Si effettua nel corso dell'esame obiettivo ginecologico.
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Di dr.psico (del 08/09/2007 @ 16:14:17, in Lettera P, visto n. 3019 volte)
È un gruppo di rare malattie autoimmuni che colpiscono la cute e le mucose, probabilmente di causa ereditaria. Il sistema immunitario ha tra i suoi compiti quello di produrre anticorpi per difendere l'organismo ed eliminare le infezioni causate da batteri, da virus o da altri microrganismi. Nel caso di una malattia autoimmune, il sistema immunitario attacca erroneamente l'organismo, producendo anticorpi che colpiscono in varia misura le cellule, i tessuti e gli organi del proprio corpo. Questi anticorpi che attaccano il proprio organismo vengono chiamati autoanticorpi. Le cellule dell'epidermide sono attaccate l'une alle altre per mezzo dei desmosomi, strutture di ancoraggio costituite da particolari proteine, le più importanti delle quali si chiamano desmogleine. Il loro legame previene il distacco tra le cellule dell'epidermide e mantiene la cute intatta. Il pemfigo insorge quando il sistema immunitario percepisce come estranee le desmogleine epidermiche e produce autoanticorpi per attaccarle causando la rottura dei legami tra le cellule, che si separano l'une dalle altre, scollandosi letteralmente. Questo evento causa la formazione di erosioni o di vere e proprie bolle piene di liquido, che possono a volte ricoprire gran parte del corpo ed interessare le mucose del cavo orale, o meno frequentemente del naso, dei genitali, degli occhi. Il pemfigo non è contagioso, non è trasmissibile per contatto interpersonale o sessuale né attraverso il sangue. È una malattia rara: il numero di nuovi casi diagnosticati nelle varie popolazioni ogni anno è molto basso. Esistono tre forme principali di pemfigo: volgare, foliaceo. paraneoplastico.Tali forme si differenziano in base al tipo di desmogleina attaccata dagli autoanticorpi e dallo strato dell'epidermide che è sede di formazione della bolla. Il pemfigo volgare, o comune, rappresenta la forma più frequente, ed è causato da autoanticorpi diretti contro la desmogleina, con o senza la contemporanea presenza degli autoanticorpi. Il legame dell'autoanticorpo causa la separazione delle celle nella porzione bassa dell'epidermide, a livello dello strato spinoso, con conseguente formazione di bolle a livello delle membrane mucose e della cute. Spesso le mucose sono colpite per prime, sotto forma di ulcerazioni dolorose, mentre a livello cutaneo le bolle possono somigliare a quelle delle ustioni di secondo grado, sebbene non mostrino tendenza spontanea alla guarigione. Nel pemfigo foliaceo sono presenti solo autoanticorpi diretti contro la desmogleina, e ciò fa si che le mucose non vengano colpite e che nella cute il danno sia solo a carico degli strati più superficiali dell'epidermide, cosicché la formazione di vere e proprie bolle intatte è un evento raro, mentre sono comuni le lesioni erosive spesso pruriginose. Il pemfigo paraneoplastico è una forma estremamente rara, ma la più grave. In essa il processo autoimmune provoca la formazione di autoanticorpi diretti sia contro le desmogleine che contro altre varie molecole presenti sulla cute e sulle membrane mucose.È una patologia associata sempre alla presenza di una neoplasia, spesso maligna, a volte già nota ma in alcuni casi svelata solo dall'insorgenza di questa complicanza. Si manifesta con ampie zone di scollamento della cute e delle membrane mucose e può, a differenza delle altre forme, associarsi ad interessamento delle vie aeree inferiori. Il pemfigo si diagnostica.attraverso una accurata anamnesi e un attento esame obiettivo, poiché spesso l'aspetto e la localizzazione delle lesioni sono spesso sufficienti per sospettare la diagnosi, eseguendo una biopsia lesionale con esame istologico, il quale riesce a visualizzare l'epidermide con le cellule separate tra di loro in maniera tipica perché ormai prive di legami ed eseguendo un'immunofluorescenza diretta su biopsia cutanea. Tale metodica è in grado di identificare la presenza degli autoanticorpi diretti contro le desmogleine, localizzati tra le cellule dell'epidermide, direttamente sulla cute del soggetto.Il cortisone è tuttora il farmaco principale per bloccare la reazione autoimmune e diminuito fino all'utilizzo di piccole dosi di mantenimento. Si associano al cortisone varie altre molecole immunosoppressive, il cui impiego è giustificato dall'esigenza di abbreviare il decorso della malattia e al contempo dalla necessità di combattere le complicanze legate all'impiego di forti dosaggi di cortisone per lungo periodo. Tra i vari farmaci immunosoppressori impiegati si utilizzano l'azatioprina, la ciclofosfamide, il micofenolato mofetile, il metotressato, la ciclosporina, il dapsone, i sali d'oro, le immunoglobuline endovena, l'idrossiclorochina.
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Di riccardo (del 13/02/2014 @ 11:06:53, in Lettera P, visto n. 1152 volte)
Sono un gruppo ben definito di malattie autoimmuni, caratterizzate da autoanticorpi contro le proteine strutturali della giunzione dermo-epidermica e, sotto il profilo clinico, da bolle tese ed erosioni a livello della cute o delle membrane mucose vicine alla superficie cutanea. La più comune tra queste patologie è il pemfigoide bolloso, che colpisce principalmente le persone anziane con un'incidenza che in Europa è più che raddoppiata negli ultimi dieci anni. La prognosi e i trattamenti variano molto a seconda della malattia; poiché i criteri clinici generalmente non sono sufficienti, per poter giungere ad una diagnosi esatta è necessario ricorrere a microscopia a immunofluorescenza diretta di un campione di biopsia perilesionale o a test sierologici. Per otto malattie pemfigoidi sono stati individuati gli antigeni bersaglio a livello molecolare e questo ha permesso lo sviluppo di esami diagnostici standard per l'individuazione di autoanticorpi nel siero, alcuni dei quali disponibili in commercio. In questo Seminario analizziamo la gamma clinica, i criteri diagnostici, i sistemi di analisi diagnostiche e le opzioni terapeutiche relative a questo gruppo di malattie.
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Di dr.ssa Anna Carderi (del 11/02/2014 @ 17:40:01, in Lettera P, visto n. 1372 volte)
Organo genitale e riproduttivo esterno maschile che contiene anche la parte terminale dell'uretra. Si compone di tre porzioni: -la radice, sita profondamente nello spessore del perineo anteriore e posta sotto la sinfisi pubica.E'formata da due radici, costituenti la porzione inferiore dei corpi cavernosi e da un bulbo, la porzione inferiore ed espansa del corpo spongioso. Le radici si inseriscono inferiormente all'arco pubico, mentre il bulbo sulla membrana perineale. La radice è una struttura allungata, inizialmente cilindrica in sezione, posteriormente diviene triangolare; in vivo è ricoperta dalle fibre muscolari spiraliformi del muscolo ischiocavernoso che dalla sinfisi pubica si porta posteriormente fino al muscolo trasverso superficiale del perineo. Il bulbo penieno è un corpo tondeggiante e ovalare collocato in mezzo alle due radici e fissato alla faccia inferiore della membrana perineale che lo riveste con uno strato fibroso; si continua nel corpo spongioso. È ricoperto dal muscolo bulbospongioso presso la sua faccia superficiale, mentre profondamente è perforato dall'uretra. -il corpo, dalla forma cilindrica, in stato di tumescenza è formato dai due corpi cavernosi, continuazioni delle radici, e dal corpo spongioso, continuazione del bulbo spongioso. I corpi cavernosi formano gran parte del corpo del pene e sono due strutture cilindriche allungate e parallele tra loro, separate da un setto fibroso completo prossimalmente e incompleto (spesso chiamato setto pettiniforme) distalmente, dove permette lo scambio di sangue tra i due corpi. Sia superiormente sia inferiormente presentano dei solchi mediani che decorrono per tutta la loro lunghezza sino alle radici, quello inferiore (faccia uretrale) è più profondo e accoglie il corpo spongioso, quello superiore invece accoglie il fascio neurovascolare dorsale del pene. I corpi cavernosi sono ricoperti dalla tonaca albuginea, due foglietti, uno superficiale che ricopre entrambe i corpi in un'unica guaina dalle fibre longitudinali e un foglietto profondo che ricopre singolarmente ciascun corpo e possiede fibre circolari; questo foglietto si fonde e dà origine al setto interposto tra i due corpi. Il corpo spongioso è una struttura cilindrica il cui spessore si fa minore distalmente sino alla sua espansione interna al glande e che ne segue la forma accogliendo al suo interno la porzione distale dell'uretra e la sua fossa navicolare (uretra peniena). È posto posteriormente rispetto ai corpi cavernosi e si adagia nel loro solco mediano inferiore (o posteriore). È ricoperto dalla tonaca albuginea. -il glande, rigonfiamento simile a un cono arrotondato al vertice, coperto da mucosa e rivestito da pelle retrattile. E'una struttura bulbare semiconica ricoperta dal prepuzio. La sua cute può andare dal rosato al violaceo, è piuttosto liscia e sulla faccia uretrale del pene è perforata dall'uretra che sbocca tramite l'orifizio uretrale, di forma ovale schiacciata e allungata. -il prepuzio, è assicurato al glande dal frenulo o filetto, all'altezza del solco balano-prepuziale che lo separa dal corpo. Sull'apice del glande si apre il meato urinario, che rappresenta l'orifizio terminale dell'uretra. Costituito principalmente da formazioni e tessuti erettili (corpi cavernosi e corpo spugnoso), il pene possiede la proprietà di aumentare di dimensioni e di consistenza passando dalla fase flaccida alla fase di erezione, diventando adatto alla penetrazione durante il coito. La lunghezza media di un pene eretto è di 15 cm e il 95% degli uomini di tutto il mondo ha un pene lungo tra i 12 e i 18 cm, mentre la media europea si attesta tra i 11 e 15 cm (dato del 1995.
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Di riccardo (del 11/02/2014 @ 17:41:06, in Lettera P, visto n. 831 volte)
Facoltà di un gene di indurre un determinato carattere, misurata dalla percentuale dei casi in cui il carattere si determina, ossia dalla frequenza con la quale il gene stesso manifesta i suoi effetti. La penetranza di un gene subisce l'influenza di fattori di tipo ambientale e della presenza o assenza di altri geni.
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Di riccardo (del 11/02/2014 @ 17:42:11, in Lettera P, visto n. 1017 volte)
Farmaco impiegato nelle forme gravi di artrite reumatoide, che non rispondano ai trattamenti con antinfiammatori. Per ridurre al minimo l'incidenza dei molti possibili effetti collaterali si inizia sempre con dosi molto basse, che vengono poi aumentate gradualmente. Presenta parecchi effetti collaterali: anoressia, dolori gastrici, nausea, vomito, diarrea, abolizione del senso del gusto (che regredisce spontaneamente continuando la terapia), depressione midollare con leucopenia o trombocitopenia, febbre da farmaco, eruzioni cutanee. Non deve essere usata contemporaneamente con sali d'oro, antimalarici, né con preparati a base di ferro. La penicillamina riduce sensibilmente l'effetto della digossina. Dovrebbe essere assunta un'ora prima o due ore dopo i pasti.
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Di riccardo (del 11/02/2014 @ 17:56:00, in Lettera P, visto n. 1018 volte)
(o penicillinasi), enzima, detto anche beta-lattamasi, prodotto da alcune specie di microrganismi, che scinde la molecola delle penicilline, inattivandola.
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