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Di seguito tutti i lemmi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di dr.psico (del 08/09/2007 @ 12:10:39, in Lettera P, visto n. 1604 volte)
Il morbo di Parkinson è una patologia dovuta alla degenerazione cronica e progressiva che interessa soprattutto un'area ridotta del sistema nervoso centrale, detta sostanza nera, in cui viene prodotta la dopamina, un neurotrasmettitore essenziale per il controllo dei movimenti corporei. Nell'organismo si crea perciò uno squilibrio fra i meccanismi inibitori e quelli eccitatori, a favore di questi ultimi. Questa patologia colpisce generalmente soggetti oltre i cinquant'anni, con una leggera prevalenza per il sesso maschile; attualmente in Italia ci sono più di 200.000 malati di Parkinson, con circa 1.200 nuovi casi l'anno. Le cause del blocco nella produzione della dopamina sono ancora sconosciute; il Parkinson può comparire dopo traumi alla testa, esposizione a sostanze tossiche nell'ambiente, arteriosclerosi cerebrale. In ogni caso è un disturbo caratterizzato dalla degenerazione e dalla morte dei neuroni produttori di dopamina; quando questi neuroni scendono sotto il 30% compaiono i primi sintomi tipici della malattia. Il sintomo caratteristico è il tremore della mano, che compare in stato di riposo e non quando la mano viene utilizzata. Altri sintomi tipici sono indebolimento della voce, cambiamento della scrittura, che diviene tremante e con caratteri più piccoli, mutamento dell'espressione del volto causata dalla riduzione della mimica facciale, andatura a piccoli passi, ipersudorazione, crampi, perdita involontaria di saliva. Possono comparire anche ansia e depressione, disturbi psichici di modesta entità e decadimento intellettivo. Le fasi finali sono caratterizzate da una degenerazione generale e i soggetti restano immobili a letto. Il periodo in cui la malattia compie il suo corso può variare dai dieci ai vent'anni. La terapia farmacologica prevede la somministrazione di anticolinergici, levodopa (L-Dopa) e farmaci agonisti della dopamina. La levodopa è stata per molto tempo il principale strumento farmacologico, ma dopo alcuni anni presenta una riduzione del suo effetto sul paziente; inoltre ha fastidiosi effetti collaterali. I dopaminoagonisti sono i farmaci che negli ultimi anni hanno dato esiti più efficaci, consentendo di rimandare nel tempo il ricorso alla levodopa. Gli anticolinergici ostacolano l'azione dell'acetilcolina che diventa negativa quando si abbassano i livelli di dopamina a causa del Parkinson. Gli inibitori delle monoaminoossidasi (selegilina) e delle catecolometiltransferasi (entacapone) agiscono bloccando gli enzimi che degradano la dopamina, ma non sono molto efficaci e in genere si prescrivono solo per potenziare l'effetto della levodopa. La cura può essere personalizzata con l'età del soggetto. Se il Parkinson compare a meno di 50 anni si inizia con dopaminoantagonisti e solo in un secondo tempo si usa levodopa a basse quantità; se compare fra i 50 e i 70 anni si può scegliere fra dopaminoantagonisti e levodopa a basse quantità; se compare dopo i 70 anni si inizia con levodopa, eventualmente associata a un dopaminoantagonista. Oltre alla terapia farmacologica esiste anche l'opzione chirurgica, sia per distruggere le cellule nervose malfunzionanti sia per autotrapiantare cellule cerebrali in grado di produrre dopamina. La prima soluzione ha però esito positivo solo nei confronti del tremore, inoltre può essere applicata solo monolateralmente. Gli ultimi sviluppi hanno visto l'introduzione di una tecnica che consiste nella neurostimolazione delle cellule mediante l'impianto di elettrodi nel cervello. Un'ulteriore sperimentazione in corso prevede il trapianto di cellule nervose dopaminergiche nel cervello dei soggetti malati. È possibile impiegare anche terapie complementari: l'esercizio fisico e la fisioterapia (per aiutare la coordinazione dei movimenti), la dieta e l'integrazione alimentare (antiossidanti e calcio; per chi assume levodopa, riduzione di tutti i cibi grassi che, rallentando lo svuotamento intestinale, ne riducono l'assorbimento, e di cibi proteici perché anch'essi diminuiscono l'assorbimento del farmaco), logoterapia.
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Di riccardo (del 03/12/2013 @ 16:27:33, in Lettera P, visto n. 1075 volte)
Sindromi che presentano sintomi simili a quelli del morbo di Parkinson, ma con una precisa origine, e differenti per decorso, prognosi e terapia. Il parkinsonismo infettivo comprende quello postencefalitico (da encefalite letargica o da malattia virale dei bambini) e quello sifilitico, conseguente a sifilide cerebrale. I parkinsonismi tossici sono dovuti a esposizione lavorativa prolungata a manganese, mercurio, solfuro di carbonio o a intossicazione acuta da ossido di carbonio. Frequenti sono i parkinsonismi da farmaci neurolettici (per blocco dei recettori della dopamina), che in genere scompaiono con la sospensione della terapia o con l'assunzione di farmaci anticolinergici. Il parkinsonismo dovuto ad arteriosclerosi cerebrale colpisce l'età avanzata, ed è associato a vari altri sintomi neurologici; risponde poco alla terapia. Ricordiamo ancora un parkinsonismo post-traumatico (per esempio, in vecchi pugilatori), un parkinsonismo neoplastico, da tumori intracranici, e quadri degenerativi complessi, a prognosi sfavorevole (degenerazione nigro-striatale, sindrome di Shy-Drager).
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Di salute (del 06/10/2007 @ 14:17:21, in Lettera P, visto n. 1434 volte)
Il parmigiano reggiano è uno dei formaggi dalla tradizione più antica ed è un autentico simbolo della cultura alimentare italiana nel mondo. Viene prodotto da ben otto secoli utilizzando le stesse metodologie; mantiene perciò lo stesso aspetto e la stessa fragranza. Infatti, già nel XIII sec. aveva raggiunto il livello di qualità attuale, certamente grazie a un’opera precedente di evoluzione e perfezionamento delle tecniche produttive. Tecniche e caratteristiche oggi riconosciute anche dalla legislazione, che dal 1955 identifica un’area ben precisa in cui si produce l’autentico parmigiano reggiano (Bologna, Mantova, Modena, Parma, Reggio Emilia), caratterizzato dal marchio omonimo. Il parmigiano reggiano è un formaggio semigrasso ottenuto con latte parzialmente scremato, con pasta granulosa. Per produrre un chilo di formaggio vengono utilizzati ben sedici litri di latte. Le proteine presenti in gran quantità nel parmigiano grazie al processo di stagionatura si trasformano e risultano perciò più facilmente digeribili rispetto a quelle del latte vaccino da cui provengono. Anche il contenuto di vitamine e calcio è particolarmente elevato. Il parmigiano reggiano è apprezzato dai consumatori di tutto il mondo per le sue qualità, ma anche da grandi chef; Luigi Carnacina, ad esempio, l’ha definito “il formaggio completo, il formaggio re”. Si tratta di un alimento naturale (per ingredienti e tecniche impiegati nella sua lavorazione e per i controlli in tutte le fasi produttive) che ha certamente raggiunto una maturità definitiva, grazie alla sua tradizione secolare. Può essere utilizzato in modo estremamente versatile nella preparazione delle pietanze, sia come ingrediente, sia, grattugiato, come condimento, oppure a scaglie, come nel carpaccio, ma può essere gustato anche come formaggio da tavola, magari accompagnandolo con frutta fresca o verdure. Come per il grana, particolare attenzione va però posta nel consumo continuo, a causa del notevole apporto calorico. INFO AL. - Carboidrati: tracce; proteine: 36,0; grassi: 25,6; acqua:29,5; calorie: 374.
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Di riccardo (del 03/12/2013 @ 16:45:03, in Lettera P, visto n. 1219 volte)
Detta anche paradentite, o periodontite, è un processo infiammatorio a carico del paradonto profondo. La parodontite semplice è la più frequente: decorre in forma cronica, di solito a partire da una gengivite marginale non curata, formando una tasca patologica con riassorbimento dell'osso alveolare; le gengive sono tumefatte e facilmente sanguinanti; in seguito si ha il riassorbimento osseo e, se non curata, la distruzione del supporto parodontale e il vacillamento dei denti interessati. La parodontite complessa è caratterizzata da distruzione ossea verticale e profonde tasche; la sintomatologia è tipicamente infiammatoria, e spesso sono presenti ascessi gengivali; la terapia tende a eliminare le tasche patologiche e a ripristinare la morfologia e la funzionalità del parodonto. Le parodontiti apicali sono invece processi di tipo distrofico o infiammatorio a carico dei tessuti intorno all'apice della radice. Si distinguono una parodontite apicale acuta (sierosa o purulenta) e una parodontite apicale cronica (essudativa o granulativa); la terapia di queste forme è medica, mediante somministrazione di antibiotici, oppure chirurgica, mediante apicectomia.
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Di riccardo (del 03/12/2013 @ 16:47:53, in Lettera P, visto n. 1100 volte)
Sinonimo di gengivopatia è un processo patologico a carico della gengiva, anche detta parodontopatia marginale. Può colpire solo la papilla (papillite), il margine libero (gengivite marginale), il complesso gengivale (pangengivite) o essere di tipo produttivo iperplastico, localizzata a un settore ben delimitato e circoscritto dell'arcata alveolo-dentaria (epulide).
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Di riccardo (del 03/12/2013 @ 17:24:50, in Lettera P, visto n. 1026 volte)
Affezioni morbose a carattere progressivo, a carico dei tessuti del parodonto. L'origine si può ascrivere a fattori locali (placca batterica, tartaro, infezioni, traumi) e generali (disendocrinie, emopatie, carenze vitaminiche o proteiche o minerali, tossicosi ecc.). Si distinguono parodontopatìe superficiali (gengiviti) e profonde (parodontiti e parodontosi). La terapia è locale, protesica e ortodontica, o chirurgica.
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Di riccardo (del 03/12/2013 @ 17:28:11, in Lettera P, visto n. 1238 volte)
Processo distrofico dei tessuti del parodonto, con atrofia progressiva dell'apparato sospensore del dente; sono quasi assenti i fenomeni infiammatori. La forma più comune di parodontosi è l'atrofia senile, in cui la gengiva è consistente, rosa pallido, e viene riassorbita insieme all'osso, a cui resta aderente; i denti rimangono fissi fino ai gradi più avanzati della parodontosi; al vacillamento si accompagna un'evoluzione in parodontite. L'unica terapia è la prevenzione delle forme infiammatorie.
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