Di seguito tutti i lemmi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Si dice della somministrazione di farmaci che vengono introdotti attraverso le varie forme di iniezione (endovenosa, intramuscolare, sottocutanea, endoarteriosa, endocardica, intrarachidea, intrarticolare, perineurale), ossia per una via diversa da quella orale o rettale.
Riduzione parziale della motilità volontaria diminuzione di un distretto muscolare.
Si distingue dalla plegia o paralisi propriamente detta, in cui vi è la perdita completa non irreversibile dell'attività motoria; il termine paralisi è comprensivo di tutte le forme di paresi (paralisi parziale) e di plegia (paralisi totale).
Alterazioni soggettive della sensibilità che si manifestano o in assenza di stimoli (sensazioni anormali e spontanee di formicolio, punture di spilli, caldo e freddo, acqua che scorre), o come ritardi nella percezione. Si riscontrano nelle lesioni del nervo periferico, nelle malattie midollari, nelle lesioni del tronco encefalico, del talamo, della corteccia sensitiva, e perciò non sono specifiche. Pare che alla base delle parestesìe vi sia un processo irritativo o la riduzione di un processo inibitorio sulla trasmissione sensitiva.
Regione della corteccia cerebrale, ricoperta dall'osso parietale, delimitata dalle scissure di Rolando, di Silvio e parietooccipitale.
Il giro postcentrale, che è il giro più
anteriore del lobo parietale, accoglie la corteccia interessata alle sensazioni somatiche (corporee).
Quest’area è detta corteccia somatosensoriale.
Altre regioni del lobo parietale mediano aspetti dell’attenzione del linguaggio e una varietà di altre funzioni.
l'area postrolandica dei lobi parietali integra gli stimoli somestesici per il riconoscimento e il ricordo di forme,
strutture e pesi. Le aree più posterolaterali consentono accurate relazioni visuo-spaziali, l'integrazione della propiocezione con le altre sensibilità, la percezione della
posizione delle varie parti del corpo.
Nell'emisfero dominante, l'area parietale inferiore è preposta alle funzioni matematiche ed è strettamente correlata al riconoscimento del linguaggio e alla memoria per le parole.
Il lobo parietale, non dominante, integra il lato sinistro del corpo con l'ambiente circostante.
Ampie lesioni parietali inferiori dell'emisfero dominante generalmente il sinistro) sono comunemente associate ad afasia grave. Lesioni meno estese a questo livello, causano aprassia, difficoltà di calcolo, e talora disorientamento destra sinistra e agrafia.
Osso del neurocranio, pari e simmetrico, contribuisce a formare la volta cranica.
Di forma quadrilatera incurvata a concavità rivolta in basso e medialmente; superiormente viene a contatto diretto con il parietale controlaterale, articolandosi nella sutura sagittale o interparietale, anteriormente con l'osso frontale e posteriormente con quello occipitale.
(Parietaria officinalis, famiglia Urticacee), erba perenne comune, chiamata popolarmente spaccapietre. Si usano in terapia le sommità, che contengono abbondante nitrato di potassio, flavonoidi, zolfo e mucillagine. La parietaria ha una spiccata azione diuretica, tanto più attiva quanto più fresca è la pianta. Si usa in infuso, da sola o associata a piante con azione sinergica. Il polline di parietaria è tra gli allergeni più importanti nel bacino mediterraneo
Il morbo di Parkinson è una patologia dovuta alla degenerazione cronica e progressiva che interessa soprattutto un'area ridotta del sistema nervoso centrale, detta sostanza nera, in cui viene prodotta la dopamina, un neurotrasmettitore essenziale per il controllo dei movimenti corporei. Nell'organismo si crea perciò uno squilibrio fra i meccanismi inibitori e quelli eccitatori, a favore di questi ultimi. Questa patologia colpisce generalmente soggetti oltre i cinquant'anni, con una leggera prevalenza per il sesso maschile; attualmente in Italia ci sono più di 200.000 malati di Parkinson, con circa 1.200 nuovi casi l'anno. Le cause del blocco nella produzione della dopamina sono ancora sconosciute; il Parkinson può comparire dopo traumi alla testa, esposizione a sostanze tossiche nell'ambiente, arteriosclerosi cerebrale. In ogni caso è un disturbo caratterizzato dalla degenerazione e dalla morte dei neuroni produttori di dopamina; quando questi neuroni scendono sotto il 30% compaiono i primi sintomi tipici della malattia.
Il sintomo caratteristico è il tremore della mano, che compare in stato di riposo e non quando la mano viene utilizzata. Altri sintomi tipici sono indebolimento della voce, cambiamento della scrittura, che diviene tremante e con caratteri più piccoli, mutamento dell'espressione del volto causata dalla riduzione della mimica facciale, andatura a piccoli passi, ipersudorazione, crampi, perdita involontaria di saliva. Possono comparire anche ansia e depressione, disturbi psichici di modesta entità e decadimento intellettivo. Le fasi finali sono caratterizzate da una degenerazione generale e i soggetti restano immobili a letto. Il periodo in cui la malattia compie il suo corso può variare dai dieci ai vent'anni.
La terapia farmacologica prevede la somministrazione di anticolinergici, levodopa (L-Dopa) e farmaci agonisti della dopamina. La levodopa è stata per molto tempo il principale strumento farmacologico, ma dopo alcuni anni presenta una riduzione del suo effetto sul paziente; inoltre ha fastidiosi effetti collaterali. I dopaminoagonisti sono i farmaci che negli ultimi anni hanno dato esiti più efficaci, consentendo di rimandare nel tempo il ricorso alla levodopa. Gli anticolinergici ostacolano l'azione dell'acetilcolina che diventa negativa quando si abbassano i livelli di dopamina a causa del Parkinson. Gli inibitori delle monoaminoossidasi (selegilina) e delle catecolometiltransferasi (entacapone) agiscono bloccando gli enzimi che degradano la dopamina, ma non sono molto efficaci e in genere si prescrivono solo per potenziare l'effetto della levodopa.
La cura può essere personalizzata con l'età del soggetto. Se il Parkinson compare a meno di 50 anni si inizia con dopaminoantagonisti e solo in un secondo tempo si usa levodopa a basse quantità; se compare fra i 50 e i 70 anni si può scegliere fra dopaminoantagonisti e levodopa a basse quantità; se compare dopo i 70 anni si inizia con levodopa, eventualmente associata a un dopaminoantagonista.
Oltre alla terapia farmacologica esiste anche l'opzione chirurgica, sia per distruggere le cellule nervose malfunzionanti sia per autotrapiantare cellule cerebrali in grado di produrre dopamina. La prima soluzione ha però esito positivo solo nei confronti del tremore, inoltre può essere applicata solo monolateralmente. Gli ultimi sviluppi hanno visto l'introduzione di una tecnica che consiste nella neurostimolazione delle cellule mediante l'impianto di elettrodi nel cervello. Un'ulteriore sperimentazione in corso prevede il trapianto di cellule nervose dopaminergiche nel cervello dei soggetti malati.
È possibile impiegare anche terapie complementari: l'esercizio fisico e la fisioterapia (per aiutare la coordinazione dei movimenti), la dieta e l'integrazione alimentare (antiossidanti e calcio; per chi assume levodopa, riduzione di tutti i cibi grassi che, rallentando lo svuotamento intestinale, ne riducono l'assorbimento, e di cibi proteici perché anch'essi diminuiscono l'assorbimento del farmaco), logoterapia.
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