Di seguito tutti i lemmi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Processo fisiologico che, nel caso di rotture della parete vascolare, genera la formazione del coagulo, con la funzione di arrestare o limitare il verificarsi di una emorragia. Presenta una fase vascolare e una piastrinica (emostasi primaria), più una fase emocoagulativa (emostasi secondaria). La fase vascolare si manifesta con la lesione del vaso e origina essenzialmente quattro fenomeni: vasocostrizione e rallentamento del flusso del sangue da parte di sostanze ad azione vasocostrittrice (per esempio, serotonina); adesione delle piastrine alle pareti del vaso; attivazione della coagulazione. La fase piastrinica presenta inizialmente l'adesione al vaso leso delle piastrine, le quali sono aggregate reversibilmente (aggregazione primaria) e danno luogo alla reazione di liberazione, che è rappresentata dalla secrezione di varie sostanze ad attività favorente l'aggregazione secondaria (irreversibile), che causa la formazione del cosiddetto trombo bianco. La fase emocoagulativa ha invece lo scopo di facilitare il consolidamento del tappo piastrinico con la formazione di un reticolo insolubile di fibrina. La fase centrale è costituita dall'attivazione del fattore X a fattore X attivato (fattore Xa). Una via (via intrinseca) di attivazione del fattore X inizia quando, in conseguenza alla lesione di un vaso, si verifica l'esposizione del sangue a superfici diverse da quella dell'endotelio vascolare (collagene, membrane basali). successivamente a queste interazioni si ottiene l'attivazione della precallicreina in callicreina e del fattore XII in fattore XII attivato. Bisogna ricordare come l'attivazione del fattore XII o della precallicreina possa avvenire anche attraverso l'azione diretta di enzimi proteolitici (veleni di serpenti, plasmina, tripsina, complessi antigene-anticorpo, endotossine batteriche) con il conseguente innesco della coagulazione, della fibrinolisi, della cascata del complemento e di altri importanti fenomeni come dolore, infiammazione, ipotensione e shock. È quello che accade, per esempio, in seguito al morso di alcuni serpenti, nella pancreatite acuta, nelle sepsi, nella CID, nelle neoplasie. Qualunque sia il modo in cui avvenga l'attivazione del fattore XII, essa causa la conversione del fattore XI a fattore XI attivato. Quest'ultimo, in associazione a ioni calcio (fattore IV), a fosfolipidi piastrinici e al fattore VIII (vedi anche antiemofilico, fattore), dà luogo all'attivazione del fattore X. Un'altra via di attivazione (via estrinseca) del fattore X, più rapida, è determinata dalla liberazione da parte dei vasi e dei tessuti lesi del fattore tessutale che, in associazione al fattore VII presente nel sangue, causa l'attivazione del fattore X. Il fattore X, comunque attivato, insieme al fattore V, a ioni calcio e a fosfolipidi, genera la conversione della protrombina (fattore II) in trombina e quella del fibrinogeno (fattore I) in fibrina. Per prima cosa i nuclei di fibrina si uniscono fra loro con deboli legami, successivamente, per l'azione del fattore XIII, si forma un coagulo resistente e insolubile, che imbriglia gli elementi corpuscolati del sangue (trombo rosso), fa riunire le pareti del vaso e ferma l'emorragia. Le alterazioni, congenite o acquisite, che interessano una delle tre fasi della coagulazione del sangue sono causa dei diversi tipi di malattie emorragiche.
presenza di sangue microscopicamente evidente nel liquido seminale
Accumulo di emosiderina nei tessuti, in modo localizzato o diffuso. L'emosiderosi localizzata, che non è accompagnata da aumento del ferro totale corporeo, può verificarsi intorno a ematomi oppure in zone con emorragie interstiziali croniche. L'emosiderosi diffusa segue fenomeni necrotico-emorragici che si sono manifestati in fegato, pancreas, miocardio e ghiandole endocrine; l'emosiderosi renale invece si presenta nel corso di emoglobinuria, a causa di riassorbimento tubulare di ferro ed emoglobina. Nel corso di anemie emolitiche è poi comune il riscontro di emosiderosi sistemica delle cellule addette alla fagocitosi, specialmente quelle appartenenti al sistema reticoloendoteliale. L'emosiderosi è perlopiù asintomatica (vedi anche emocromatosi).
Composto organico ferro-proteico che costituisce una delle forme di deposito del ferro nei tessuti. Effettivamente l'emosiderina è una entità non sempre facilmente definibile, formata dal prodotto della condensazione di molecole di ferritina, proteine, lipidi, acido sialico, porfirine. Viene riscontrata nei focolai emorragici di vecchia data e in alcune malattie come cardiopatie all'ultimo stadio, infezioni croniche e, soprattutto, emocromatosi, in cui infiltra numerosi visceri. La sua diminuzione o assenza a livello midollare è il primo segno di una carenza di ferro nell'organismo, come nel caso di anemie sideropeniche di una certa gravità: questo può avvenire con largo anticipo, anche di parecchi mesi, sulla comparsa dell'anemia.
Raccolta di sangue all'interno dei seni frontali e nasali del cranio, frequente in traumi con o senza fratture. In caso di emoseno in seguito a frattura del seno frontale, è necessario intervenire chirurgicamente, col fine di evitare la suppurazione acuta.
Le emorroidi sono presenti sotto forma di cuscinetti di vasi sanguigni in ogni individuo. Quando diventano sintomatiche con sanguinamento, dolore, bruciore e altri fastidi definiscono il quadro della malattia emorroidaria. Le emorroidi sintomatiche interne si sviluppano all'interno del canale anale e sono indolori (a meno che non siano completamente prolassate o siano associate a ragadi), mentre quelle esterne appaiono come protuberanze dure e dolenti. Inizialmente le emorroidi si curano con l'alimentazione (aumento di acqua, di fibre ecc.) e con l'igiene anale. In presenza di trombosi emorroidaria si ricorre a interventi in anestesia locale. Le emorroidi di secondo grado si curano ambulatorialmente senza anestesia con l'applicazione di un anellino elastico che blocca la circolazione sanguigna e che si stacca insieme al gavocciolo emorroidario dopo 7-10 giorni. I casi più gravi richiedono l'ablazione chirurgica dei tre gavoccioli emorroidari. La tecnica operatoria è in continua evoluzione per evitare le sofferenze postoperatorie. Per esempio con l'impiego della radiofrequenza è possibile evitare l'uso del tampone interno, la formazione di aree necrotiche e l'apposizione di dolorosi punti di sutura.
Asportazione chirurgica dei vasi emorroidari, in caso di loro dilatazione varicosa.
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