Di seguito tutti i lemmi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Accumulo di emosiderina nei tessuti, in modo localizzato o diffuso. L'emosiderosi localizzata, che non è accompagnata da aumento del ferro totale corporeo, può verificarsi intorno a ematomi oppure in zone con emorragie interstiziali croniche. L'emosiderosi diffusa segue fenomeni necrotico-emorragici che si sono manifestati in fegato, pancreas, miocardio e ghiandole endocrine; l'emosiderosi renale invece si presenta nel corso di emoglobinuria, a causa di riassorbimento tubulare di ferro ed emoglobina. Nel corso di anemie emolitiche è poi comune il riscontro di emosiderosi sistemica delle cellule addette alla fagocitosi, specialmente quelle appartenenti al sistema reticoloendoteliale. L'emosiderosi è perlopiù asintomatica (vedi anche emocromatosi).
Composto organico ferro-proteico che costituisce una delle forme di deposito del ferro nei tessuti. Effettivamente l'emosiderina è una entità non sempre facilmente definibile, formata dal prodotto della condensazione di molecole di ferritina, proteine, lipidi, acido sialico, porfirine. Viene riscontrata nei focolai emorragici di vecchia data e in alcune malattie come cardiopatie all'ultimo stadio, infezioni croniche e, soprattutto, emocromatosi, in cui infiltra numerosi visceri. La sua diminuzione o assenza a livello midollare è il primo segno di una carenza di ferro nell'organismo, come nel caso di anemie sideropeniche di una certa gravità: questo può avvenire con largo anticipo, anche di parecchi mesi, sulla comparsa dell'anemia.
Raccolta di sangue all'interno dei seni frontali e nasali del cranio, frequente in traumi con o senza fratture. In caso di emoseno in seguito a frattura del seno frontale, è necessario intervenire chirurgicamente, col fine di evitare la suppurazione acuta.
Le emorroidi sono presenti sotto forma di cuscinetti di vasi sanguigni in ogni individuo. Quando diventano sintomatiche con sanguinamento, dolore, bruciore e altri fastidi definiscono il quadro della malattia emorroidaria. Le emorroidi sintomatiche interne si sviluppano all'interno del canale anale e sono indolori (a meno che non siano completamente prolassate o siano associate a ragadi), mentre quelle esterne appaiono come protuberanze dure e dolenti. Inizialmente le emorroidi si curano con l'alimentazione (aumento di acqua, di fibre ecc.) e con l'igiene anale. In presenza di trombosi emorroidaria si ricorre a interventi in anestesia locale. Le emorroidi di secondo grado si curano ambulatorialmente senza anestesia con l'applicazione di un anellino elastico che blocca la circolazione sanguigna e che si stacca insieme al gavocciolo emorroidario dopo 7-10 giorni. I casi più gravi richiedono l'ablazione chirurgica dei tre gavoccioli emorroidari. La tecnica operatoria è in continua evoluzione per evitare le sofferenze postoperatorie. Per esempio con l'impiego della radiofrequenza è possibile evitare l'uso del tampone interno, la formazione di aree necrotiche e l'apposizione di dolorosi punti di sutura.
Asportazione chirurgica dei vasi emorroidari, in caso di loro dilatazione varicosa.
Detto di formazione anatomica che riguarda l'ano o le emorroidi. Ad esempio esempio: arterie emorroidarie, vene emorroidarie, plesso emorroidario, nervo emorroidario.
Gruppo di patologie caratterizzate dalla presenza di manifestazioni emorragiche. Vengono classificate in tre gruppi a seconda che si trovino coinvolti il sistema vascolare (nella fattispecie, la parete dei vasi), le piastrine oppure i fattori della coagulazione.Le malattìe emorràgiche da difetto vascolare, congenite o acquisite, solitamente non sono gravi e si manifestano con petecchie, ecchimosi, sanguinamenti cutanei o delle mucose che si arrestano spontaneamente entro 48 ore circa e non tendono a recidivare. Le forme congenite più frequenti sono le malattie ereditarie del connettivo (per esempio, sindrome di Marfan) e la teleangectasia emorragica ereditaria (o malattia di Rendu-Osler); tra quelle acquisite sono notevoli la porpora senile, la porpora da avitaminosi C, da malattie infettive, da malattie autoimmuni (tra queste, la porpora di Schoenlein-Henoch), da farmaci (cortisonici in terapia cronica, penicilline, sulfonamidi).
Le malattìe emorràgiche da difetto piastrinico possono essere provocate da difetti qualitativi (piastrinopatie) o quantitativi (piastrinopenie), che danno luogo in ogni caso una diminuita capacità di formare il tappo piastrinico.
Le cause principali di piastrinopenie includono: 1) ridotta produzione, per danno midollare (farmaci, radiazioni), insufficienza midollare (anemia aplastica), invasione midollare (carcinomi, leucemie, fibrosi); 2) sequestro splenico, in presenza di splenomegalia; 3) aumentata distruzione, da farmaci (chemioterapici, etanolo, estrogeni, sulfonamidi, chinidina, chinina, metildopa, eparina), da reazione autoimmunitaria (idiopatica o associata a LES, linfomi, AIDS). La forma idiopatica è nota con il nome di porpora trombocitopenica idiopatica, o morbo di Werlhof, ed è caratterizzata dalla presenza di particolari autoanticorpi diretti contro le piastrine), in corso di coagulazione intravascolare disseminata, di porpora trombotica trombocitopenica e in conseguenza a emotrasfusioni massive. Le piastrinopatie, al contrario delle precedenti, forniscono un conteggio piastrinico normale, ma le piastrine risultano alterate nelle loro funzioni. Le cause principali possono essere individuate in: 1) farmaci (aspirina, altri FANS, dipiridamolo, eparina, penicillina, carbenicillina, ticarcillina); 2) uremia; 3) cirrosi; 4) disprotidemie; 5) disordini mieloproliferativi e mielodisplasici; 6) malattia di von Willebrand (vedi anche sotto). Le manifestazioni emorragiche di questo gruppo di malattie sono caratterizzate da porpora, in particolare ad avambracci, gambe, cosce, e sanguinamenti mucosi e viscerali, a volte anche gravi. Diverso è invece il quadro clinico nelle malattìe emorràgiche da difetto dei fattori della coagulazione. In questi casi infatti si forma regolarmente il tappo emostatico, ma esso non viene consolidato dal reticolo di fibrina. Si presenteranno così emorragie persistenti e recidivanti a carico dei vasi di grosso calibro, con voluminosi ematomi intraarticolari e intramuscolari ed ecchimosi solitarie e molto estese. Caratteristiche di questo gruppo sono le varie forme di emofilia - da deficit dei fattori VIII, IX e XI - e la sindrome di von Willebrand (tutte congenite), e i vari deficit originati da carenza di vitamina K, da epatopatie croniche, da uso di anticoagulanti orali, da CID (coagulazione intravascolare disseminata), da deficit di fibrinogeno, dal morso di alcuni serpenti, dopo trasfusioni massive e da presenza in circolo di sostanze anticoagulanti ad azione inibitoria di singoli fattori della coagulazione. La diagnosi di malattìa emorràgica prevede innanzitutto un accurato esame clinico del paziente, con anamnesi familiare e personale ed esame obiettivo, poi l'impiego di appropriate tecniche di laboratorio e di diagnostica clinica: quelle impiegate più frequentemente sono la prova del laccio, il tempo di emorragia, il conteggio delle piastrine, il tempo di tromboplastina parziale (PTT), il tempo di Quick (AP o PT), la misurazione del tasso dei singoli fattori della coagulazione.
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