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Intervento di ricostruzione di un osso mediante innesto in seguito a una resezione.
È una malattia che consiste nella degenerazione delle ossa causata dalla prevalenza dei processi di rottura su quelli di formazione. Colpisce in particolar modo le vertebre, le ossa della mano e il collo del femore, con conseguente pericolo di cifoscoliosi e fratture. L'osteoporosi può essere originata da varie malattie, da carenze alimentari, da scompensi ormonali, da ereditarietà e dalla sistematica somministrazione di alcuni farmaci. La forma più comune è quella senile, causata dalla rarefazione ossea che inizia dopo i 40-50 anni. I soggetti femminili possono essere colpiti più precocemente a causa degli squilibri ormonali conseguenti alla menopausa.
Alcuni farmaci (corticosteroidi e anticonvulsivanti) possono favorirla. Anche se non esiste una cura capace di farla regredire, è tuttavia possibile rallentare l'osteoporosi mediante somministrazione di calcio, estrogeni, androgeni, calcitonina e fluoruri. I sintomi della patologia si manifestano quando l'osteoporosi è ormai troppo grave per essere prevenuta. La prevenzione si basa sul consumo di alimenti ricchi di calcio e vitamina D (latte e derivati, uova, pesce, frutta, verdura ecc.), la pratica di attività fisica (il carico sulle ossa costituisce uno stimolo al loro rafforzamento), l'astinenza dall'alcol, dal fumo e dall'uso indiscriminato di farmaci (antiacidi).
Il calcio - Il calcio è uno dei pochi minerali il cui fabbisogno può non essere coperto dalla dieta, soprattutto quando non si apprezzano il latte e i formaggi. Infatti la quantità di calcio assunta tramite gli altri alimenti non è sufficiente. I cibi più ricchi di calcio sono latte, formaggi, tuorlo d'uovo e verdure. L'assorbimento avviene nell'intestino tenue sotto forma di sali solubili; se il calcio transita nell'intestino sotto forma di sale insolubile viene eliminato. L'importanza della prevenzione dell'osteoporosi (malattia che causa una fragilità ossea responsabile di molte fratture nell'età avanzata; il 90% delle persone colpite è di sesso femminile) è fondamentale se si tiene conto che circa per il 75% della popolazione la dose giornaliera di calcio è inferiore a quella consigliata (1 g nell'adulto). Si è dimostrato che: l'attività fisica aiuta nella prevenzione dell'invecchiamento dell'apparato scheletrico, ma anche che nelle donne un'attività fisica intensa che riduce notevolmente la massa corporea e produce amenorrea secondaria predispone all'osteoporosi in tarda età.
Ciò si spiega con la sospensione della produzione di estrogeni che agiscono come protezione nei confronti della demineralizzazione ossea. Non è infrequente che le atlete siano più vulnerabili agli stimoli meccanici. Sembra pertanto giustificata un'integrazione di calcio (per esempio citrato di calcio) con la dieta anche perché basta portare la razione giornaliera a 1,5 g per ridurre significativamente i rischi di osteoporosi. L'integrazione di 0,5 g corrisponde a circa tre bicchieri di latte (circa 200 calorie) ed è di difficile sostituzione visto l'elevato apporto calorico degli alimenti contenenti calcio. L'integrazione è anche consigliata per tutti quegli atleti maschi che superano gli 80 km settimanali.
Come integrare - Molti integratori di calcio contengono anche vitamina D. In realtà l'assunzione di questa vitamina dovrebbe essere motivata da una reale carenza e non semplicemente dal desiderio che migliori l'assorbimento di calcio (questo è sicuramente il caso dei fondisti in cui è il calcio che viene a mancare per usura e non la vitamina D). Infatti la vitamina D è liposolubile e un suo accumulo può provocare sgradevoli effetti collaterali (diarrea, nausea, perdita di peso, danni renali). In genere la dose di vitamina D contenuta in un multivitaminico e quella assunta con l'alimentazione sono più che sufficienti per garantire che l'assunzione del solo calcio sia efficace.
Il farmaco che rigenera l'osso - Si chiama teriparatide e aumenta il numero e l'attività degli osteoblasti. È stato ottenuto grazie all'ingegneria genetica ed in pratica non è che una parte del paratormone, l'ormone che l'organismo utilizza per stimolare la produzione di osso. L'efficacia è tale che ha permesso di ridurre la comparsa di nuove fratture di circa due terzi, di ridurre del 77% quelle multiple e del 90% quelle molto gravi. Viene somministrato con iniezioni quotidiane per circa 18 mesi, al termine dei quali i pazienti più a rischio devono continuare con i farmaci tradizionali (disfosfonati).
Di Julie (del 24/01/2012 @ 23:24:00, in Lettera O, visto n. 1510 volte)
L’osteoporosi è una malattia caratterizzata da un basso contenuto di calcio nelle ossa, da una progressiva fragilità scheletrica e conseguentemente da una maggiore predisposizione alle fratture spontanee. Le ultime statistiche hanno dimostrato che 3,5 milioni di donne e un milione di uomini soffrano di fragilità ossea e che un numero elevato di fratture di femore, specie negli anziani, sia una fra le cause principali di mortalità. Le cause principali dell’osteoporosi sono determinate dall’età, dalla carenza di vitamina D e dalla fragilità scheletrica con conseguente aumento del rischio di fratture, anche causati da minimi traumi. Per quanto riguarda il fattore età, il nostro organismo nell’arco della vita promuove processi rigenerativi; il tessuto osseo si sottopone in continuo a un processo di distruzione detto “riassorbimento” del tessuto osseo vecchio e danneggiato, ad opera degli osteoclasti, cellule destinate a tale compito, e dall’altra parte a un processo di neoformazione, operato dagli osteoblasti, cellule che si adoperano alla formazione di nuovo tessuto. Quando con l’invecchiamento, la quantità di osso riassorbito è maggiore della quantità di osso neoformato, si determina una progressiva perdita di massa ossea, sorge così l’osteoporosi. Invece, la carenza di vitamina D compromette la mineralizzazione ossea, causando nei bambini malattie, come il rachitismo e negli adulti, l’osteomalacia che favorisce l'insorgenza della ostoeporosi. Esistono per la diagnosi dell’osteoporosi vari metodi come: 1 - Eseguire un controllo mediante radiografia della rachide dorsale e lombare, in modo da evidenziare eventuali fratture a livello vertebrale o una scintigrafia ossea total body utile nel caso di lesioni ossee sospette, di origine neoplastica. Il paziente può essere sottoposto a uno specifico esame per l‘osteoporosi, la MOC (mineralometria ossea computerizzata) con la quale si misura la massa ossea, mediante tecnica Raggi X e che consente di misurare la quantità di minerale presente in determinati parti scheletriche (colonna vertebrale, parte alta del femore, polso), punti indicativi per la presenza di osteoporosi. 2 - Effettuare una MOC; questa pratica è consigliata come prevenzione dell’osteoporosi sia alle donne dopo la menopausa che a tutti i soggetti – donne e uomini – dopo i 65 anni, in cui esistono fattori di rischio, quali la magrezza eccessiva, l'abitudine al fumo, il malassorbimento intestinale, fattori ereditari, l'assunzione di farmaci che danneggiano il tessuto osseo, il diabete mellito, una menopausa precoce, etc. 3 - Infine per una eventuale terapia i farmaci usati sono i bifosfonati orali, comunemente usati nella prevenzione e terapia dell’osteoporosi, su di essi vi sono dati contrastanti da studi che hanno valutato il rischio di cancro esofageo. Esofagite e altri eventi esofagei sono stati riportati in particolare in pazienti che non rispettavano però, le indicazioni all’uso. Recentemente anche l’uso del Protelos, farmaco usato nella cura di tale malattia sembra che possa avere effetti collaterali gravi, addirittura mortali. Il principio attivo è rappresentato dal ranelato di stronzio, la cui funzione sarebbe quella di ridurre il rischio di fratture alla colonna vertebrale e all’anca, stimolando la ricostruzione ossea. Questo medicinale accettato e già venduto in farmacia, in quanto il Comitato per i medicinali per uso uomo, lo aveva reputato un prodotto valido, in quanto i benefici risultavano superiori ai rischi, oggi è nuovamente sotto controllo. Nella fragilità ossea da post-menopausa gli estrogeni hanno dimostrato un'elevata efficacia nel ridurre il rischio di fratture vertebrale e femorali, ma la loro prescrizione è limitata ai sintomi vasomotori legati alla menopausa.
Tipo di tumore maligno dell'osso.
Colpisce più spesso soggetti di sesso maschile con due picchi di incidenza: tra i 10 e i 30 anni e negli anziani, le sedi più frequenti sono le metafisi delle ossa lunghe, soprattutto attorno al ginocchio: il femore, specie in zona diafisaria distale e la metafisi prossimale della tibia, e l’omero prossimale. Si manifesta con dolore intenso, tumefazione, cute calda, spesso con evidente reticolo venoso. Ne esistono due varietà: quella centrale e quella periferica.
La varietà centrale a sua volta può essere osteolitica (provoca la distruzione del tessuto osseo circostante e, all’esame radiografico, dà un’immagine di osso ‘scoppiato’) o osteoblastica (determina la produzione di osso, spesso sotto forma di lamelle perpendicolari alla superficie dell’osso: all’esame ai raggi X può risultare un’immagine a pettine o a raggi di sole).
La varietà periferica a sua volta si suddivide in parostale e periostea a seconda che il tessuto osseo maligno cresca superficialmente al periostio oppure tra il periostio e la corticale dell'osso interessato dalla neoplasia.
Le varietà centrali hanno un comportamento molto aggressivo in quanto crescono rapidamente e presentano una spiccata tendenza a dare metastasi ai polmoni e ad altri organi.
Le varietà periferiche sono invece generalmente meno aggressive.
Nelle forme centrali la terapia si basa sulla combinazione di chirurgia e sulla somministrazione di combinazioni di farmaci antineoplastici ad alte dosi - polichemioterapia prima e dopo l'intervento chirurgico.
A questi due approcci terapeutici si associa eventualmente la radioterapia qualora l'intervento chirurgico dovesse risultare intralesionale o contaminato. Nelle forme periferiche, data la minore aggressività e tendenza alla disseminazione metastatica, in genere il trattamento mira unicamente ad una chirurgia a margini ampi o radicali.
Qualsiasi alterazione ossea di natura non infiammatoria. La forma clinica più frequente è l'osteosi condensante da intossicazioni da fluoro, frequente nelle persone addette alla lavorazione del fluoro. È caratterizzata da indurimenti del tessuto osseo e dalla calcificazione dei tendini e dei legamenti.
Intervento chirurgico con il quale si uniscono e rendono stabili due o più frammenti di osso impiegando mezzi metallici (chiodi, viti, placche o fili). Oltre che per la riduzione di alcune fratture, l'osteosìntesi è indicata in alcuni interventi con asportazione di osso. Questo trattamento consente l'immobilizzazione dei monconi ossei evitando il ricorso ad apparecchi di gesso
Osteotomia significa letteralmente “taglio di osso”.
Lo scopo di questo intervento è quello di una ridistribuzione del carico passante attraverso l'articolazione ottenendo così un arto bilanciato con un carico simmetrico sia medialmente che lateralmente.
Durante questa operazione, si taglia l’osso e lo si sposta, al fine di traslare le forze pressorie da una parte all’altra. Comunemente si ricorre a questa procedura quando l’artrosi del ginocchio coinvolge un solo versante. Le zone sottoposte ad osteotomia sono la parte più distale del femore o quella più prossimale della tibia.
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