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Di seguito tutti i lemmi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di riccardo (del 12/11/2013 @ 15:54:11, in Lettera O, visto n. 1022 volte)
Pratica terapeutica naturale, che utilizza principi attivi estratti da tessuti (polmonare, cardiaco, osseo, cerebrale) e ghiandole (fegato, pancreas, surrene, mucosa gastrica) prelevati da animali da macello (suini, bovini). L'azione di tali preparati (somministrati per via orale o parenterale) è specie specifica, agiscono cioè specificatamente sull'organo da cui derivano. L'opoterapìa può essere efficace nelle malattie croniche, quando esista una reale diminuzione di funzionalità di tutta una ghiandola, oppure in situazione di assenza di un determinato organo, ma tali casi sono rari. Nel caso in cui si abbia invece solo una diminuzione di una certa funzione vengono preferibilmente impiegati i singoli ormoni ad azione specifica.
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Di dr.ssa Anna Carderi (del 12/11/2013 @ 16:08:51, in Lettera O, visto n. 949 volte)
Sostanze farmacologicamente attive derivate dall'oppio con effetto analgesico-narcotici oppure analgesico-stupefacenti per l'azione sedativa del dolore, psicoattiva e depressiva del sistema nervoso centrale, con molte variazioni quanto a potenza e specificità: infatti tutti gli oppiàcei sono stati sintetizzati nel tentativo di separare l'effetto analgesico da quello stupefacente. Si va dalla morfina (il principale alcaloide dell'oppio), dal metadone e dal fentanil (disponibile sotto forma di cerotto), molto potenti come analgesici e stupefacenti, alla codeina, con azione stupefacente nulla e specifica azione sedativa della tosse, fino ai cosiddetti antagonisti: questi ultimi competono con gli altri oppiàcei per il legame con i recettori nervosi, non sono però dotati di effetti deprimenti, e quindi annullano la depressione del sistema nervoso centrale provocata dagli oppiàcei; tra questi ultimi i più usati sono naloxone e naltrexone. Vi sono infine gli oppiacei ad azioni miste, che comprendono sostanze come la nalorfina o la pentazocina, che sono agonisti a livello di alcuni recettori e antagonisti a livello di altri, e la buprenorfina, un agonista parziale.
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Di dr.ssa Anna Carderi (del 12/11/2013 @ 16:00:59, in Lettera O, visto n. 2035 volte)
E' una sostanza stupefacente a effetto analgesico e narcotico. È un lattice bianco ottenuto incidendo le capsule immature del Papaver somniferum che poi viene lasciato rapprendere all'aria in una resina scura che viene impastata in pani di colore bruno, dall'odore dolciastro e dal sapore amaro. Da essa derivano, per processo chimico, gli oppiacei. L'oppio, assunto per inalazione tramite il fumo, viene consumato come droga voluttuaria, ma è stato anche a tale scopo quasi completamente sostituito dai suoi derivati, come morfina ed eroina. L'oppio è molto ricco di sostanze alcaloidi: di queste, quelle di origine fenantrenica (morfina, codeina e tebaina) sono analgesiche, costipanti ed euforizzanti, mentre quelle di origine isochinolinica (papaverina, noscapina, narceina) sono solo spasmolitiche. L'azione analgesica ed euforizzante, sfruttata in medicina e a scopo ricreativo dai tossicodipendenti, è dovuta soprattutto alla morfina. La farmacopea ufficiale italiana ammette l'uso terapeutico di oppio ma specifica che il suo contenuto di morfina deve essere compreso fra il 9,8% e il 10,2%. L'oppio viene assunto in diversi. Il più diffuso nei paesi occidentali è quello di scaldare una pallina o pietra su una stagnola e di inalarne il fumo. Per poterlo consumare nel modo tradizionale, deve essere prima preparato facendolo fermentare e aggiungendovi nella fermentazione un fungo, l'Aspergillus niger. Dopodiché è pronto per essere consumato, in genere fumato in apposite pipe: un oppiomane può fumarne da 20 a 100 grammi al giorno. In questo modo si assume il 75% della morfina e si eliminano una serie di altre sostanze presenti nell'oppio: il dross, il residuo dell'oppio fumato, è tossico ma molto ricco di morfina e viene in genere riutilizzato mescolandolo a tè o caffè per ottenere il tyl, oppure viene torrefatto per poter essere fumato di nuovo; esso viene chiamato tinks o samsching. Il mercato nero delle droghe offre varie varianti d'oppio, alcune delle quali si presentano sotto forma di polvere e possono anche essere assunte per via nasale. L'assunzione per via orale avviene masticando palline di oppio, oppure mescolato in alimenti dal sapore molto dolce, oppure con varie bevande, con piccole quantità di hashish, può essere mescolato a tabacco, a betel o a succo di tamarindo. Essendo un sedativo, l'oppio rallenta i riflessi e la vitalità del corpo aumentando contemporaneamente l'euforia, in maniera simile all'etanolo. Se fumato manifesta i suoi effetti molto prima rispetto all'ingestione. Causa inoltre secchezza delle fauci e aumento della temperatura corporea. Durante l'assunzione si può transitare dalla veglia all'inconscio e viceversa. Un uso prolungato può causare ascessi, collasso delle vene, malattie al fegato e in rari casi pneumonia, oltre ad un indebolimento del sistema immunitario.[ Il laudano (tintura di oppio) fu preparato per la prima volta da Paracelso, ma venne diffuso da Thomas Sydenham come sedativo della tosse e per calmare diarrea e dolori colici. Attualmente è stato sostituito in medicina da prodotti analoghi sintetici più specifici: la morfina e i suoi agonisti, insieme alla pentazocina, vengono usati in terapia del dolore per la loro spiccata azione analgesica; il metadone che non è un derivato dall'oppio è usato solo nello svezzamento da eroina durante la disintossicazione; la codeina e derivati si usano come sedativi della tosse, mentre il fentanyl e suoi analoghi trovano uso in anestesia come potenti analgesici.
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Di dr.ssa Anna Carderi (del 12/11/2013 @ 16:10:51, in Lettera O, visto n. 1004 volte)
Batteri, virus o protozoi normalmente non patogeni. Sono in grado di provocare infezioni solo in seguito alla caduta delle difese immunitarie, come avviene nell'AIDS. Prototipo di patogeno opportunistico è lo Pneumocistis carinii.
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Di riccardo (del 12/11/2013 @ 16:23:28, in Lettera O, visto n. 2958 volte)
Proteina contenuta nel siero del sangue, che rende possibile la fagocitosi dei germi patogeni e di altri materiali corpuscolati da parte dei monociti-macrofagi (reazione di opsonizzazione). Le opsonine sono globuline identificabili nei cosiddetti anticorpi naturali, presenti anche nel sangue di soggetti che non hanno in precedenza contratto malattie infettive. Sono termolabili: a 56 °C perdono infatti il potere favorente la fagocitosi. Attività simile a quella delle opsonine possiedono il complemento e gli anticorpi acquisiti mediante vaccinazione o in seguito a malattie infettive. Esistono varie opsonine: Uno dei sistemi più potenti è rappresentato da anticorpi specifici di tipo IgG1 e IgG3 che ricoprono il microrganismo e che sono riconosciuti dal recettore per Fc dei fagociti. I fagociti possiedono sulla propria membrana dei recettori capaci di legare direttamente i microrganismi e quindi di inglobarli anche in assenza degli anticorpi specifici: questo è un meccanismo proprio dell'immunità innata. Quando invece i microbi sono rivestiti da anticorpi specifici, le opsonine specifiche, i fagociti neutrofili o i mononucleati possono legarsi ad essi con un legame ad alta affinità qual è il recettore di membrana per il frammento Fc delle IgG (vedi anticorpo), in tal modo l'efficienza della fagocitosi è notevolmente aumentata. Molte cellule immunocompetenti posseggono recettori specifici per il frammento Fc che svolgono molteplici azioni in seno al sistema immunitario; i recettori per il frammento Fc implicato nelle reazioni di opsonizzazione sono quelli rivolti verso la catena pesante delle IgG chiamati Fc-gamma. Questo discorso non vale per gli elminti, parassiti opsonizzati da IgE e non da IgG, che attirano questa volta le attenzioni degli eosinofili e non dei fagociti, ma con lo stesso risultato. Un altro sistema di opsonine piuttosto efficace è rappresentato da alcuni prodotti derivanti dall'attivazione del complemento, soprattutto il C3b, sia che il complemento sia stato attivato seguendo la via classica, e quindi in presenza di anticorpi, oppure secondo la via alternativa, e quindi in assenza di anticorpi. In questo caso il C3b che ricopre le cellule microbiche si lega ai recettori specifici espressi sui macrofagi e sui neutrofili favorendo la fagocitosi. Altre opsonine naturali sono molte proteine presenti in circolo nel sangue. Tra esse ricordiamo la fibronectina, il fibrinogeno, la proteina C-reattiva. Queste proteine rivestendo il microrganismo determinano una opsonizzazione non specifica, cioè non mediata da anticorpi. È da evidenziare che l'opsonizzazione non specifica è molto meno efficace di quella specifica, tuttavia riveste un ruolo di difesa molto importante nella fase che precede la produzione degli anticorpi specifici.
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Di Dr.ssa Maglioni (del 24/02/2011 @ 11:35:18, in Lettera O, visto n. 1840 volte)
Moderna tecnica di studio che sfrutta la combinazione di tecniche ottiche ad alta velocità e tecniche genetiche. Viene utilizzata per studiare il funzionamento di circuiti neuronali intatti all'interno del cervello. Nella sperimentazione si usano piccoli mammiferi. Ci si avvale di molecole (opsine) che vengono attivate con la luce che permettono la visualizzazione in tempo reale dei neuroni attivati. I tempi sono dell'ordine dei millisecondi.
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Di riccardo (del 12/11/2013 @ 16:27:47, in Lettera O, visto n. 1127 volte)
Tecnica oculistica che consente di determinare, mediante misure soggettive od oggettive, le capacità ottiche dell'occhio misurandone l'acuità visiva e quindi di stabilire quale sia la lente più adatta per correggere eventuali difetti. Le misure soggettive consistono nella lettura, eseguita dal soggetto, di simboli di varie dimensioni (ottotipi), posti a una data distanza, lettura eseguita prima a occhio nudo e poi con l'occhio munito di apposite lenti, in una successione tale che risulti possibile stabilire, con un minimo di tentativi, il potere diottrico delle lenti correttive dei difetti dell'occhio. La tecnica oggettiva consiste nell'uso di strumenti diversi, quali l'oftalmoscopio e l'optometro; con quest'ultimo in particolare viene presentata l'immagine di un oggetto a distanza variabile, mantenendo costante il diametro apparente del diagramma del campo; determinando le distanze minima e massima alle quali l'immagine è nitida, si ricava il potere diottrico delle lenti di correzione dei difetti del soggetto.
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