Di seguito tutti i lemmi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Posizione estroflessa della cicatrice ombelicale, causata da un aumento della pressione endoaddominale (presenza di ascite) o dal rilasciamento della muscolatura della parete (ernia ombelicale).
Porzione della regione addominale anteriore, corrispondente alla cicatrice formatasi in seguito alla caduta del cordone ombelicale al momento della nascita: la sua forma e dimensione viene determinata dal successivo processo di cicatrizzazione dei tessuti.
Posto tra i due muscoli retti dell'addome, ad esso è ancorato il fegato mediante il legamento rotondo, vestigia della vena ombelicale che, dalla placenta, porta al feto sangue con ossigeno e nutrienti.
L'ombelico si forma tramite un processo abbastanza lento. Dopo il parto, il cordone ombelicale viene reciso, e al moncone ombelicale viene fatto un nodo e poi viene fasciato. Il moncone ombelicale per cadere deve essiccarsi, quindi è buona norma non inumidirlo in continuazione, ma cambiare solo la garza sterile che lo racchiude. Il moncone dal colore grigio, diventerà verde poiché sta essiccandosi. Quando il moncone sarà totalmente secco, si stacca dall'addome del neonato.
L'ombelico è prima di tutto rilevabile in due aspetti:
Incavato
Pronunciato
Nel primo caso l'ombelico appare come una depressione, e visto da lontano dà l'impressione di un foro. È l'ombelico più comune sia nelle donne che negli uomini.
Nel secondo caso, piuttosto raro, un pezzo del cordone ombelicale tende a fuoriuscire dalla sua cavità. Questo ombelico si può incontrare facilmente nei bambini nei primi anni di vita, per poi rientrare automaticamente con il corso degli anni. Nelle donne in gravidanza tuttavia, a partire dal sesto mese l'ombelico[1] tende all'eversione dalla sua cavità a causa della pressione del feto sul ventre, per poi rientrare normalmente dopo il parto.
Ombra falciforme che compare sulla pupilla in corso di schiascopia.
Vedi retrocavità degli epiploon.
Detto anche Epiploon, rappresenta ciascuna delle due ripiegature del peritoneo viscerale che vengono distinte in base alla loro ampiezza in grande omento o legamento gastro-colico, formazione sierosa quadrangolare che deriva dal mesogastrio e dal mesocolon che ricopre la massa intestinale e le formazioni vascolari e nervose nella maniera di un grembiule e piccolo omento o legamento gastro-epatico ripiegatura peritoneale che dal fegato arriva allo stomaco e al duodeno inglobando coledoco, arteria epatica e vena porta.
Sul grande omento si accumula l'adipe, (grasso) che può svolgere blande funzioni di difesa per gli organi addominali.
(o epiploon), indica ciascuna delle due ripiegature del peritoneo viscerale, che si distinguono, in base alla loro ampiezza, in grande omento (o legamento gastro-colico), formazione sierosa, quadrangolare, derivata dal mesogastrio e dal mesocolon, che ricopre la massa intestinale e le formazioni vascolari e nervose come un grembiule, e piccolo omento (o legamento gastro-epatico), ripiegatura peritoneale che dal fegato raggiunge stomaco e duodeno, inglobando coledoco, arteria epatica e vena porta.
Nell'adulto la piega posteriore si fonde con il peritoneo viscerale che riveste il colon trasverso, per cui le due lamine della piega posteriore divergono in corrispondenza del margine inferiore del colon trasverso, rivestono l'organo e si continuano con il foglietto superiore ed inferiore del mesocolon trasverso che si inserisce sulla parete posteriore dell'addome.
Tra la pagina anteriore e posteriore del grande omento si situa una fessura, il recesso inferiore della borsa omentale, che rappresenta inizialmente una espansione inferiore della borsa omentale.
Dopo i due anni di età il recesso inferiore della borsa omentale viene chiuso da tessuto connettivo, che si situa tra le pagine. Quindi il pavimento della borsa omentale sarà costituito dal mesocolon trasverso.
Sul grande omento si accumula l'adipe, (grasso) che può svolgere blande funzioni di difesa per gli organi addominali.
Metodologia terapeutica basata sul principio della "legge di similitudine", secondo cui una sostanza, che somministrata a forti dosi fa insorgere certi disturbi nella persona sana, è in grado a dosi molto leggere, cioè dopo diluizione, di guarire gli stessi disturbi nella persona malata. L'utilizzo di questo principio a scopo terapeutico ha come presupposto l'impiego di medicamenti altamente diluiti, per eliminare gli effetti tossici, e dinamizzati mediante energiche succussioni, o agitazioni (vedi diluizione omeopatica). Il fondatore dell'omeopatìa fu Samuel Hahnemann (1755-1843), che l'applicò clinicamente, verificandola sperimentalmente su sé stesso e sui suoi pazienti.
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