Di seguito tutti i lemmi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Rallentamento delle funzioni digestive con senso di peso epigastrico, eruttazioni, a volte nausea e vomito, meteorismo, borborigmi, flatulenza, astenia e senso generale di malessere. Può essere un disturbo episodico, provocato da eccessi alimentari, oppure frequente, e tal caso si parla di dispepsia.
Farmaci
Indocollirio, Indom, Indoxen, Metacen.
Indicazioni
Per uso oculistico nelle affezioni infiammatorie blefarocongiuntivali e nell'edema maculare cistoide negli interventi chirurgici di estrazione del cristallino. Per uso generale nelle affezioni infiammatorie e reumatiche dell'apparato muscolo scheletrico, artrite reumatoide, artrosi, spondilite anchilosante, osteoartrite e gotta.
Controindicazioni
Da non usarsi in stato di gravidanza, durante l'allattamento, nei bambini al di sotto dei 14 anni e nei pazienti affetti da gastrite e duodenite di tipo ulceroso, nei casi di persone affette da disturbi psichici, epilessia, morbo di Parkinson e in tutti quei soggetti allergici all'ASA. Il collirio per impiego oculistico deve essere evitato dai soggetti che usano lenti a contatto.
Interazioni
Sono conosciute interazioni con anticoagulanti orali, ACE inibitori, betabloccanti, calcioantagonisti, litio, diuretici, amminoglicosidi, metotrexato.
Quadro clinico in cui giovani o adulti presentino caratteristiche psichiche e somatiche tipiche dell'infanzia, per difetto di crescita. L'infantilismo può essere dovuto a malattie endocrine, metaboliche o infettive, che abbiano impedito uno sviluppo completo del soggetto. Tra le cause endocrine la principale è un deficit nella produzione dell'ormone somatotropo da parte dell'ipofisi. Vi sono poi cause esclusivamente psichiche, in genere associate a insufficienza mentale o psicosi dell'infanzia.
Mancato afflusso di sangue allo strato muscolare del cuore che può compromettere seriamente e irreparabilmente le funzioni di quest'organo. Si crea una necrosi del tessuto muscolare cardiaco, per l'ostruzione prolungata di una o più delle arterie (arterie coronarie) che portano il sangue al cuore. La causa principale dell'infarto miocàrdico è una trombosi e a volte uno spasmo coronarico. In ogni caso è sempre presente una lesione aterosclerotica della parete dei vasi.
Il principale fattore di rischio è rappresentato da una preesistente cardiopatia ischemica da coronaropatia aterosclerotica, ma nel 50% circa dei casi l'infarto può essere la prima manifestazione in assoluto di una coronaropatia. Altri fattori che in generale comportano un aumento del rischio di infarto miocàrdico sono: l'ipercolesterolemia (livello di colesterolo nel sangue troppo alto), l'ipertensione arteriosa; il fumo di sigaretta (il fumatore ha rischio doppio rispetto al non fumatore, che diventa triplo se consuma più di 20 sigarette al giorno e aumenta ulteriormente se è associato ad altri dei fattori di rischio elencati); il diabete mellito; il sesso maschile e un'età compresa tra i 50 e i 60 anni. A questi si aggiungono aspetti tipologici quali: familiarità, obesità, inattività fisica; e fattori precipitanti: sforzo fisico violento, emozione intensa, emorragia grave, shock, stress continuo, iperlavoro fisico o mentale, decorso postoperatorio (soprattutto negli anziani). La sintomatologia classica è caratterizzata da dolore intenso, dietro lo sterno - descritto solitamente come una morsa, un senso di oppressione o costrizione, un peso - che si irradia al collo, alla mandibola e al braccio sinistro, e che dura da alcune ore (in ogni caso più di 20-30 minuti). Tipicamente, il dolore non scompare del tutto con il riposo, nè con l'assunzione di farmaci che dilatano le coronarie. Un infarto miocardico può manifestarsi anche in tanti altri modi. Ad es. il dolore può presentarsi con caratteristiche descrittive diverse, oppure essere localizzato all'epigastrio (stomaco) o, ancora, irradiarsi al braccio destro anziché al sinistro o, infine, mancare del tutto (pazienti anziani e diabetici). Il dolore può inoltre essere variamente accompagnato da astenia intensa, sudorazione fredda, nausea e vomito. Il paziente è generalmente ansioso e agitato, alla ricerca di diverse posizioni che allevino il dolore. Spesso appare pallido e tachicardico (con extrasistoli).
Diagnosi e terapia
La diagnosi va posta dal medico, sulla base della manifestazione clinica e dei dati di laboratorio e strumentali (elettrocardiogramma, esame del sangue, ecocardiogramma ecc.). È necessario instaurare tempestivamente un controllo continuo (con monitoraggio cardiaco e della pressione arteriosa) e una terapia intensiva, ricoverando il paziente in unità coronarica, al fine di prevenire le complicazioni. Di queste, le più frequenti sono la pericardite e soprattutto l'insufficienza cardiaca e l’insorgere di aritmie (da semplici extrasistoli alla pericolosissima tachicardia ventricolare), che sono le cause più frequenti di morte precoce dei pazienti infartuati. La terapia in fase acuta mira alla risoluzione dell'ostruzione se possibile. Ciò si ottiene con sostanze ad azione trombolitica - streptochinasi, urochinasi, tPA (tissue plasminogen activator, attivatore tessutale del plasminogeno) - che, se somministrate entro poche ore dall'inizio dei sintomi, ottengono i migliori risultati (andando a scemare col passare del tempo). Perdere tempo in questi casi può costare la vita. Oltre ai farmaci per disostruire le coronarie, vanno somministrati farmaci anticoagulanti (eparina) e antiaggreganti (acido acetilsalicilico). Nella fase acuta, il trattamento prevede - oltre al riposo assoluto - anche la somministrazione di ossigeno e di altri farmaci specifici: antidolorifici potenti come la morfina, antiaritmici e farmaci che riducono il lavoro del cuore (betabloccanti, nitrati). L’alimentazione nei primi giorni sarà liquida e solo in seguito verrà normalizzata, riducendo l’apporto calorico e lipidico. Il riposo assoluto a letto sarà mantenuto per alcuni giorni; poi, gradatamente, il paziente potrà stare seduto per pochi minuti al giorno, fare brevi camminate e infine riprendere le normali attività quotidiane. L'unica indicazione cardiochirurgica sicura (principalmente by-pass aortocoronarico e PTCA, ovvero angioplastica, da portare a termine dopo la stabilizzazione delle condizioni cliniche del paziente) è rappresentata dalla presenza di dilatazione cardiaca con coronaropatia diffusa. Dopo la dimissione dall'ospedale, pur essendo necessario continuare il trattamento farmacologico, effettuare le visite di controllo previste e prendere alcune precauzioni (evitare sforzi, svolgere modesta attività fisica, adeguare la dieta, abolire fumo e alcol ecc.), il paziente postinfartuato può - anzi deve, ove possibile - recuperare la normale attività lavorativa e sociale.
Condizione della donna che comporta incapacità a portare avanti una gravidanza per un tempo sufficiente a permettere la nascita di un feto vitale. È quindi un'alterazione della funzione riproduttiva. Tale condizione può dipendere da varie cause quali malformazioni congenite o insufficiente sviluppo dell’apparato genitale, disturbi che comportino alterazioni ormonali, processi patologici a carico della parete uterina (per es. tumori benigni), anomalie di posizione dell’utero. Il termine infertilità è usato anche come sinonimo di sterilità maschile o alla coppia considerata nel suo insieme, particolarmente quando entrambi i partner siano portatori di condizioni patologiche che impediscono la procreazione.
L' infezione da gardnerella vaginalis può causare diversi fenomeni, sia nell'uomo (es. uretrite e odore di pesce putrefatto), che nella donna (es. vaginosi batterica con secrezione grigiastra e sensazione di umido). La gardnerella è un batterio che fa parte della normale flora microbica genitale della donna. Se nell'ambiente vaginale aumenta il pH (es. eccessivo uso di lavande, uso improprio di antibiotici, carenza di vitamina D, etc), la gardnerella può divenire patogena e creare problemi alla donna e in alcuni casi alla coppia.
Le infezioni da clamidia rappresentano la causa più comune di uretrite non gonococcica nell'uomo e nella donna. Queste infezioni si possono trasmettere con i rapporti sessuali e rientrano pertanto tra le cosiddette malattie veneree, insieme a sifilide, gonorrea, linfogranuloma venereo, ulcera molle, condilomi ed herpes genitale.
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