Di seguito tutti i lemmi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Qualunque elemento che aumenti le probabilità di un individuo di sviluppare una certa condizione clinica.
Qualsiasi elemento che aumenti la possibilità di un individuo di anadre incontro a malattie cardiovascolari (CVD). I fattori di rischio possono essere modificabili (comportamenti alimentari o l'abitudine al fumo) e non modificabili (l'età o la storia familiare).
Autoanticorpo che si forma nel corso dell'artrite reumatoide e altre malattie reumatiche che viene riscontrato mediante la reazione di Rose-Waaler. Ha specificità diretta verso determinanti antigenici delle immunoglobuline G. Il suo livello di concentrazione del sangue è in relazione diretta allo stato della malattia.
Sostanze che si trovano nel circolo sanguigno o che vengono liberate dai tessuti quando viene lesionato un vaso. La loro attività presiede alla coagulazione del sangue.
Tutte quelle molecole organiche che stimolano la moltiplicazione e la crescita di numerosi tessuti e cellule, sia durante la fase dello sviluppo sia durante la vita. Tra i più noti c'è sicuramente il fattore di crescita del tessuto nervoso (nerve growth factor o NGF), proteina segnale che stimola la crescita dei nervi e che ha valso il premio Nobel 1986 a Rita Levi Montalcini. Ancora, particolarmente importanti i fattori di crescita delle colonie di cellule midollari (Colony Stimulating Factors, C.S.F.), di cui sono conosciuti nove sottotipi, quattro tipi di interleuchine e la eritropoietina.
Il favismo è una malattia genetica, ereditaria, ed è dovuta alla mancanza dell’enzima G6PD (glucosio-6-fosfato deidrogenasi), che si trova nei globuli rossi ed è necessario per la loro sopravvivenza.
Pertanto una carenza dell'enzima G6PD determinerà l'accumulo di composti ossidanti che tendono a distruggere le membrane cellulari degli eritrociti, causando gravi anemie.
Si manifesta come una grave forma di anemia tradizionalmente osservata dopo l’ingestione di fave fresche o secche, crude o cotte o di piselli, o dall'assunzione di determinati farmaci come sulfamidici, salicilati, chinidina,ed alcuni antimalarici.
La divicina, sostanza tossica contenuta nelle fave, distrugge rapidamente i globuli rossi, causando, nel soggetto colpito, debolezza, impallidimento, urine rossastre, nausea, vomito e crisi emolitica grave, tutti sintomi correlati al favismo.
Nei casi più gravi si determina un’anemia emolitica (che potrebbe anche causare la morte) ed il paziente deve essere sottoposto a trasfusioni di sangue per riprendersi.
La caratteristica è ereditaria con carattere recessivo con il gene localizzato sul cromosoma X, le donne quindi risentono in forma lieve del difetto genetico, mentre nei maschi si riscontrano le manifestazioni più gravi. L’unico modo per sapere con certezza se un individuo sia affetto è quello di sottoporsi all’esame del sangue ed eseguire il test del favismo.
Gli individui fabici devono assolutamente evitare di ingerire fave ed evitare di assumere alcuni farmaci e sostanze (naftalna, antipiretici e analgesici, antimalarici, sulfamidici, blu di metilene, alcuni chemioterapici, ecc) che possono avere, nei soggetti affetti, lo stesso effetto del legume in questione e determinare gravi crisi emolitiche. In alcuni casi si possono manifestare i sintomi del malessere anche esclusivamente nel respirare i pollini delle fave in fiore, con le medesime conseguenze dell'ingerimento. Nei comuni sardi, infatti, è vietata la coltivazione delle fave a meno di 300 m di distanza dalle ultime case di periferia.
Le zone endemiche per il favismo in Italia erano la Sardegna, l'Italia Meridionale ed il Delta del Po, in Africa ed in tutto il bacino del mar Mediterraneo, ossia nelle stesse zone dove il plasmodium falciparum (agente eziologico della malaria), ha colpito in passato, o colpisce tuttora, le popolazioni.
Ciò perché i globuli rossi malati degli individui fabici sono relativamente resistenti all'infezione del plasmodio, determinando, di conseguenza, una sorta di selezione naturale, così come è avvenuto per l'anemia mediterranea.
La carenza di G6PD consente, comunque, una vita perfettamente normale e non comporta in genere alcun disturbo, purché l’individuo colpito non ingerisca fave o determinati farmaci che possono provocare crisi emolitica grave. L’unico modo per evitare rischi è la prevenzione.
Vedi rinite allergica.
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