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Detta anche insufficienza mentale, o frenastenia è una sindrome caratterizzata da un deficiente sviluppo dell'intelligenza con difficile adattamento alla realtà; si differenzia pertanto dalla demenza, in cui si verifica un deterioramento delle funzioni intellettive quando queste sono già completamente sviluppate. Le cause possono essere: genetiche, fattori che intervengono nella vita intrauterina (per esempio, malattie infettive o intossicazioni), sofferenze da parto, malattie dell'età infantile. Le cosiddette pseudoligofrenie non sono legate a cause organiche, ma sono legate a fattori di ordine psicologico-ambientale (scarsa stimolazione ambientale, carenze educative scolastiche, affettive ecc.) o a fattori che interferiscono con l'apprendimento (disturbi visivi, uditivi, malattie somatiche di lunga durata, epilessie ecc.). Si distinguono oligofrenìe gravi, medie, lievi, e forme di ritardo mentale (o intelligenza subnormale).
Il quadro clinico è identificato dalla globale alterazione delle funzioni intellettive con turbe psicomotorie e comportamentali; spesso si associano alterazioni della personalità e aspetti psicopatologici (reazioni abnormi, quadri psicotici, in particolare quadri di tipo schizofrenico).
Il trattamento delle oligofrenìe prevede: la correzione delle eventuali cause organiche; misure di tipo rieducativo e riabilitativo per favorire l'adattamento lavorativo, ambientale e sociale (lavoro "protetto"; se possibile, l'insegnamento scolastico elementare ecc.); eventuale terapia con psicofarmaci (con cautela) per disturbi affettivi, comportamentali e psicotici.
Il recupero di questi pazienti dipende largamente dalla gravità del deficit intellettivo; nelle pseudoligofrenie la prognosi è favorevole se si interviene precocemente.
Sinonimo di fenilchetonuria o iperfenilalaninemie.
Gruppo di malattie metaboliche ereditarie, perlopiù autosomiche recessive, legate a difetto enzimatico (vedi enzimopatie), la cui caratteristica comune è l'alto tasso di fenilalanina nel sangue. La fenilalanina è un aminoacido aromatico, che assunto con la dieta viene utilizzato dal nostro organismo direttamente per la sintesi proteica o trasformato in tirosina. La trasformazione della fenilalanina in tirosina richiede la presenza di un enzima (fenilalanina-idrossilasi) e del suo cofattore (tetraidrobiopterina). La tirosina serve per sintetizzare neurotrasmettitori, tiroxina e melanina. Il deficit dell'enzima o del suo cofattore causa un'insufficiente produzione di questi composti, associata a un accumulo di fenilalanina e di suoi cataboliti anomali (acido fenilpiruvico, acido fenillattico, fenilacetico ecc.) con conseguente danno per l'organismo: l'organo più colpito è il cervello. Le iperfenilalaninemìe sono state suddivise in due grandi gruppi: iperfenilalaninemìe benigne e iperfenilalaninemìe maligne. Le prime sono legate al difetto dell'enzima e sono ulteriormente divisibili in tre gruppi, in rapporto al grado di danno cerebrale e di deficit enzimatico, e alla durata della terapia dietetica. Le seconde sono legate al deficit del cofattore, e si possono suddividere in due sottogruppi in rapporto al grado di danno cerebrale, al tipo di deficit del cofattore e alla terapia richiesta. La fenilchetonuria fa parte delle iperfenilalaninemìe benigne, di cui costituisce la forma più grave. I soggetti colpiti da fenilchetonuria, se non trattati sin dalla nascita, presentano: grave ritardo mentale, crisi convulsive, spasticità degli arti. La loro identificazione alla nascita è possibile con il test di inibizione batterica di Guthrie (uno dei principali screening eseguiti a tutti i neonati entro la prima settimana di vita), da confermare con un secondo prelievo e successivamente con esame cromatografico. Un'ulteriore conferma della diagnosi si ottiene dimostrando la condizione di eterozigosi nei genitori del bambino affetto, attraverso altre prove di laboratorio (test da carico orale con fenilalanina o cromatografia). La terapia è data da una dieta con alimenti a basso contenuto di fenilalanina prodotti artificialmente, da mantenere per un tempo variabile a seconda della gravità della malattia. Nelle iperfenilalaninemìe maligne le manifestazioni sono molto più gravi: vi può essere ipo - o ipertonia generalizzata, e anche nei casi meno gravi la deambulazione è ritardata. La terapia consiste in una dieta povera di fenilalanina e nella somministrazione di farmaci tuttora in via sperimentale, i cui risultati in alcuni casi si sono rivelati discreti. Attualmente è possibile identificare i feti affetti da malattia (in genere le madri si sottopongono ad accertamenti avendo già un figlio malato) al quinto mese di gravidanza.
Elementi chimici presenti nell'organismo in minime quantità (tracce) generalmente sotto forma di sali minerali. Gli oligoelementi hanno funzione di enzimi catalizzatori nel metabolismo cellulare (vedi minerali essenziali). Si usano nelle terapie omeopatiche a scopo antitossico e battericida e per modificare la predisposizione a certe patologie.
Sinonimo di ipodonzia. In odontoiatria, assenza, per displasia, di una parte dei denti.
È uno dei cinque sensi. Le cellule nervose che funzionano da recettori degli odori sono situate nella parte alta delle cavità nasali e sono chiamate cellule olfattive. Esse sono collegate a una formazione sovrastante chiamata bulbo, a sua volta collegato con il cervello tramite il nervo olfattivo.
Questi recettori posti nelle cavità nasali, legandosi alle sostanze chimiche inalate, inviano impulsi nervosi al cervello. I neuroni implicati nella percezione degli odori proiettano oltre che alla corteccia olfattiva primaria, anche al sistema limbico, all'ipotalamo e all'amigdala dove avviene l'interpretazione dell'aspetto “emozionale” dei segnali olfattivi. I recettori hanno una elevata sensibilità discriminativa che arriva a distinguere 10.000 diversi odori.
I recettori olfattivi vanno incontro ad adattamento ed assuefazione se siamo sottoposti ad un certo stimolo olfattivo per molto tempo, infatti un odore forte e prolungato nel tempo viene percepito solo per un certo periodo superato il quale i recettori cessano di inviare segnali al cervello.
(o nervo olfattorio), primo paio di nervi cranici; prende origine dai peluzzi olfattivi della omonima zona nella parte superiore della mucosa delle fosse nasali. Le fibre sensitive attraversano l'osso etmoide raggiungendo il bulbo olfattivo nel cervello. Da questo origina la benderella olfattiva che porta le informazioni alla parte posteriore e interna della faccia inferiore del lobo frontale.
La sua funzione è quella di recepire gli stimoli olfattivi che giungono nelle cavità nasali e trasportarli all'encefalo sotto forma di impulsi elettrici. È uno dei più corti nervi sensoriali.
Annesso al nervo olfattivo vi è il nervo terminale la cui funzione è ancora incerta. Sicuramente non è implicato nella sensibilità olfattiva e lungo il suo decorso sono disseminate svariate cellule gangliari.
Voluminosa apofisi dell'ulna, che si articola con l'omero. Fa parte dell'articolazione del gomito, di cui occupa la parte mediana della regione posteriore.
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