Di seguito tutti i lemmi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Intervento chirurgico di asportazione di una metà dell’intestino colon, nel caso di processi patologici che compromettano la funzione o la vitalità della parte quali tumori maligni, infarti mesocolici, coliti ulcerative ribelli alle terapie mediche, diverticolosi e poliposi estese, gravi invaginazioni ecc.
L’emicolectomia destra si effettua nelle patologie che interessano il cieco, il colon ascendente, la flessura epatica e il colon traverso prossimale, e prevede la resezione del colon destro con l’ultima ansa ileale e della metà prossimale del colon traverso.
L’emicolectomia sinistra viene eseguita al contrario nelle patologie del colon traverso distale, della flessura splenica e del colon sinistro fino alla giunzione retto-sigmoidea e consiste nell’asportazione della metà distale del colon traverso, del colon sinistro fino alla giunzione retto-sigmoidea.
Di Admin (del 16/07/2013 @ 12:05:44, in Lettera E, visto n. 4501 volte)
Malattia ereditaria caratterizzata da un progressivo accumulo di ferro nell'organismo. Si tratta della patologia a carattere ereditario più frequente nel mondo occidentale. Colpisce 2-5 persone su 1000, e si registrano 9-15 portatori su 100.
La patologia è provocata da un aumentato assorbimento del ferro alimentare e dal suo progressivo accumulo nel corpo.
Vi sono 4 forme distinte di emocromatosi. Tre sono a trasmissione autosomica recessiva e la quarta dominante. La forma più comune (emocromatosi di tipo 1) è causata da alterazioni del gene HFE situato sul cromosoma 6p. Le altre tre forme sono piuttosto rare: l'emocromatosi di tipo 2, detta anche emocromatosi giovanile, è legata a un gene non ancora identificato e situato sul cromosoma 1q; l'emocromatosi di tipo 3, identificata di recente, è causata da alterazioni del gene del recettore 2 della transferrina (TfR2) sito sul cromosoma 7q; infine, la quarta forma, quella dominante, è legata a mutazioni del gene IREG1 o ferroportina, sito sul cromosoma 2q.
L'emocromatosi è una patologia potenzialmente mortale per i danni che può causare a livello cardiaco ed epatico.
La diagnosi si basa su test biochimici quali la saturazione della transferrina e della ferritina, e su test genetici, come l'analisi molecolare del gene HFE e di altri geni.
Le terapie disponibili sono la salassoterapia e la terapia ferrochelante con la desferrioxamina.
Vedi Dialisi extracorporea.
L'emofilia è una malattia ereditaria recessiva caratterizzata da una grave insufficienza nella coagulazione del sangue dovuta alla mancanza, totale o parziale, del "fattore VIII" (emofilia A), o del "fattore IX" (emofilia B o malattia di Christmas, dal cognome del malato in cui fu identificata per la prima volta), proteine presenti nel plasma. Più rara è l'emofilia C, data dalla mancanza totale o parziale del "fattore XI".
E' una malattia che colpisce quasi esclusivamente i maschi e si trasmette tramite la X della madre.
Il tipo più comune e più grave di emofilia è l'emofilia A detta anche emofilia regale, in quanto è stata evidenziata nella famiglia reale della regina Vittoria di Inghilterra, la quale aveva probabilmente assunto la mutazione de novo. L'emofilia A è dovuta all'assenza o alla ridotta attività del fattore VIII della coagulazione, il quale può essere del tutto assente o avere un'attività non sufficiente (diventa patologica se la percentuale di attività del fattore VIII è inferiore circa al 25%). Il gene per il fattore VIII si trova all'estremità del braccio lungo del cromosoma X e può subire vari tipi di mutazioni: delezioni, inserzioni, mutazioni missense, mutazioni nonsense.
L'emofilia B è causata dall'assenza o scarsa attività del fattore IX della coagulazione. In questo caso il gene che codifica per il fattore IX si trova sempre nel cromosoma X ma è più piccolo di quello che codifica per il fattore VIII.
Le manifestazioni classificano l'emofilia in tre tipi, denominati A, B e C, a seconda della mancanza più o meno marcata del fattore in esame:
* Moderata: sanguinamento articolare o sanguinamento muscolare precoce, epistassi severa, gengivorragia persistente, ematuria persistente;
* Maggiore: sanguinamento articolare o muscolare avanzato, ematoma collo, lingua, faringe, trauma cranico senza deficit neurologici, trauma senza emorragie evidenti, dolore addominale severo, emorragia gastrointestinale;
* Gravissima: emorragia intracranica, trauma maggiore con emorragia, interventi chirurgici con emorragia, emorragia retroperitoneale.
O Hgb. È la proteina che trasporta l'ossigeno dai polmoni ai tessuti ed è presente nei globuli rossi. L'emoglobina è fondamentale. Nel viaggio di ritorno nel sangue venoso trasporta anidride carbonica ai polmoni dai quali viene espulsa con l’aria espirata. La sua formazione avviene nel midollo osseo simultaneamente a quella degli eritrociti immaturi; in un globulo rosso esistono circa 350 milioni di molecole di emoglobina, ciascuna delle quali in grado di trasportare quattro molecole di ossigeno.
Sono considerati valori normali quelli compresi fra 14-18 g/100 ml per gli uomini e 12-16 g/100ml per le femmine.
Valori superiori a quelli considerati normali possono essere causati da diarrea, da disidratazione, da enfisema, da policitemia, da poliglobulia, da shock, da ustioni, da trasfusioni ripetute
Valori inferiori alla media possono essere causati da aplasia midollare, da collagenopatie, da deficit di ferro, da deficit di vitamina B12, da emorragie, da epatopatie, da infezioni gravi, da insufficienza renale cronica, da leucemie, da morbo di Cooley, da morbo di Crhon, da metrorragia, da neoplasie maligne, da ulcera peptica, da morbo di Hodgkin.
Per gli sportivi gli intervalli normali possono essere diminuiti di un'unità.
Il glucosio, presente nel sangue ad alte concentrazioni in caso di diabete, può legarsi all’emoglobina, formando l’emoglobina glicata (HbA1c).
E’ una nuova proteina, più ingombrante e meno agile, che non è in grado di trasportare l’ossigeno con la stessa efficacia dell’emoglobina. Ciò causa una minore ossigenazione dei vari organi e tessuti.
Il test sul sangue dell’ emoglobina glicata è indicato per determinare l’eventuale presenza del Diabete. Può essere impiegato in via preventiva per quelle persone la quali, sebbene non presentino i sintomi del diabete, siano però caratterizzate dall’averne i fattori di rischio oppure presentino familiarità con lo stesso. L’emoglobina glicata è inoltre impiegata anche per il moni¬to¬raggio dell’efficacia della terapia nei pazienti diabetici.
Mentre il normale test della Glicemia esprime un valore indicativo solo della situazione del momento in cui il test viene eseguito ed è soggetto alle interferenze alimentari, l’emoglobina glicata non subisce le interferenze alimentari e valuta l’andamento della glicemia negli ultimi 3 mesi. Rispetto alla cosiddetta Curva da Carico, il test dell’emoglobina glicosilata richiede un unico prelievo di sangue e non diversi prelievi di sangue ed alcune ore di tempo come la curva
Nella norma la percentuale di emoglobina che viene glicosilata varia tra il 4 ed il 5,6%. Il valore che consente di fare diagnosi di diabete è pari o superiore al 6,5%.
Una valida indicazione della glicemia media
Oltre il 90% dell’emoglobina presente nei globuli rossi è rappresentata dall’emoglobina A (HbA), che è formata da due catene di amminoacidi: alfa e beta. Il glucosio presente nel sangue è in grado di legarsi in modo irreversibile a una parte della catena beta andando a formare l’emoglobina glicata o glicosilata (HbA1c), una molecola che fornisce una valida indicazione della quantità di glucosio presente nel sangue negli ultimi mesi e che, quindi, costituisce un valido test per la diagnosi e il monitoraggio del diabete. Dato che il legame tra glucosio e emoglobina A risulta irreversibile, l’emoglobina glicata (HbA1c) tende a rimanere in circolo per tutta la durata di vita del globulo rosso, pari a circa 90-120 giorni. Per questo motivo, attraverso il test di valutazione della quantità di emoglobina glicata sull’emoglobina totale è possibile valutare la quantità media di glucosio presente nel sangue nei 2-3 mesi precedenti, permettendo di valutare l’eventuale presenza o l’andamento medio della malattia diabetica, senza alcuna possibilità di identificare i picchi di iperglicemia o ipoglicemia.
malattia rara dovuta a una mutazione acquisita delle cellule staminali emopoietiche. A causa di questa mutazione i globuli rossi restano indifesi e si rompono, causando una grave anemia e provocando gravi trombosi. Normalmente i globuli rossi sono protetti dagli attacchi del complemento, proteine del plasma che sovraintendono ai meccanismi di difesa del nostro organismo, ed in mancanza di questo scudo protettivo i globuli rossi EPN vengono distrutti. L'EPN è dovuta ad un difetto acquisito (mutazione somatica) a carico di un particolare gene (PIG-A o fosfatidil-inositolo-glicano-A) situato sul cromosoma X, che codifica per una proteina necessaria alla biosintesi del glicosil-fosfatidil-inositolo. La patologia si ha se la cellula che ha subito tale mutazione prolifera dando origine ad un clone. Classicamente sono colpite le cellule midollari progenitrici (cellule staminali) dei globuli rossi, delle piastrine e dei globuli bianchi (anche se le manifestazioni cliniche sono più strettamente correlate alla linea eritrocitaria). In assenza di glicosil-fosfatidil-inositolo molte proteine, fra le quali quelle di regolazione della cascata del complemento come CD55 e CD59, non sono più in grado di raggiungere la superficie cellulare dopo la loro sintesi e quindi di impedire al complemento di attaccare e rompere i globuli rossi.
Il tasso di mortalità senza cure adeguate è elevato: il 35% dei pazienti muore entro 5 anni dalla diagnosi per gravi complicazioni correlate alla malattia: trombosi venose, insufficienza renale, ipertensione polmonare, infezioni. La malattia si manifesta con una triade di sintomi: 1) emolisi intravascolare cronica (rottura dei globuli rossi con fuoriuscita di emoglobina), 2) trombosi venose, che si verificano nel 50% circa dei pazienti, specie a carico delle vene epatiche, addominali, cerebrali 3) citopenia (insufficiente produzione di cellule del sangue nel midollo osseo), che può essere lieve o severa (pancitopenia), in associazione con anemia aplastica. Questa malattia è una malattia genetica acquisita (da mutazione somatica) e non è trasmessa alle generazioni successive. L’EPN si osserva in soggetti giovani e esordisce con i segni dell'anemia (pallore, astenia) associati a emissione di urine scure al mattino (emoglobinuria). Pur essendo cronica, la malattia mostra riacutizzazioni episodiche dei sintomi (crisi emolitiche), e per questo viene definita parossistica: gli episodi hanno durata variabile, da pochi giorni ad alcune settimane, e sono caratterizzati tipicamente da comparsa di urine scure al mattino (ma l'emoglobinuria può anche manifestarsi durante il resto della giornata), crisi dolorose e trombosi, specialmente venose.
Dal 2008, in Italia, è disponibile una terapia farmacologica specifica che è in grado di bloccare l'azione litica del complemento. Si tratta dell'Eculizumab, un anticorpo monoclonale somministrato come infusione endovenosa. E’ in grado di legarsi e bloccare la proteina C5 del complemento e quindi di impedire la rottura dei globuli rossi e migliorare i sintomi della malattia.
Sulla base dei dati raccolti fino ad oggi, l’aspettativa di vita dei pazienti trattati con Eculizumab è sovrapponibile a quella della popolazione sana.
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