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Di seguito tutti i lemmi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di dr.ssa Anna Carderi (del 04/12/2013 @ 11:30:39, in Lettera P, visto n. 1140 volte)
Viene considerata una tecnica di parto dolce, perché permette al piccolo di ‘scivolare’ dal liquido amniotico in cui era immerso nel ventre materno direttamente nell’acqua calda della vasca. Quando il collo dell’utero ha raggiunto una dilatazione di 3-5 centimetri, la futura mamma si accomoda in un’apposita vasca (ne esistono alcune con un portellone per agevolare l’ingresso e l’uscita) colma di acqua calda. L’immersione in acqua permette alla mamma di ridurre ansia, paura e dolore. La permanenza in questo elemento, infatti, determina il rilassamento della muscolatura e la maggiore distensione favorisce la produzione spontanea di endorfine, gli ormoni del piacere, che si contrappongono all’adrenalina prodotta in situazioni di ansia e paura. L’andamento del travaglio viene monitorato, con apparecchi che funzionano sott’acqua, fino al momento della nascita. Grazie al diving reflex (riflesso d’immersione), il neonato inizia a respirare soltanto quando entra in contatto con l’aria. È una tecnica consigliata a tutte le mamme, soprattutto a quelle al primo parto, perché riduce di circa un’ora e mezza i tempi della fase dilatante. È invece controindicato in caso di sospetta sofferenza fetale: in presenza di liquido amniotico tinto e quando il tracciato cardiotocografico (che registra il battito cardiaco del bimbo) rileva una patologia. Niente nascita in acqua anche per chi aspetta gemelli, se il piccolo è podalico (si presenta al canale del parto con i piedi o il sederino) e nei parti prematuri. Non possono ricorrervi, inoltre, le mamme che hanno avuto una gravidanza a rischio.
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Di dr.ssa Anna Carderi (del 04/12/2013 @ 11:20:26, in Lettera P, visto n. 1122 volte)
Si definisce così il parto difficile che, per essere portato a termine, richiede l’intervento dell’ostetrico, che utilizza forcipe e ventosa oppure effettua il cesareo. Le cause possono essere diverse: difficoltà dell’utero a contrarsi (distocia dinamica) o disturbi dovuti alla dilatazione del canale cervicale (distocia meccanica), una conformazione del bacino che rende difficile la fuoriuscita del bambino oppure anomalie nella presentazione o nella posizione del bimbo o un suo peso eccessivo.
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Di dr.ssa Anna Carderi (del 04/12/2013 @ 10:53:56, in Lettera P, visto n. 1044 volte)
Estrazione chirurgica del feto attraverso un'apertura praticata nell'utero attraverso l'addome. È indicato quando il parto non può avvenire o è rischioso che avvenga per via naturale e cioè nei casi di placenta previa, sproporzione tra la testa del feto e la pelvi della madre, tumori pelvici, distacco di placenta, presentazione podalica, nonché in tutte le situazioni in cui si verifica una sofferenza del feto durante il travaglio. Attualmente la frequenza dei parti cesàrei varia dal 5 al 10% dei parti totali. I rischi per la madre e il neonato sono bassi; la prognosi per le successive gravidanze è buona.
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Di dr.ssa Anna Carderi (del 03/12/2013 @ 18:31:24, in Lettera P, visto n. 1122 volte)
Farmaco antidepressivo appartenente alla famiglia degli SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina). Come gli altri SSRI la sua assunzione genera un aumento della disponibilità sinaptica di tale neurotrasmettitore, che è carente nei soggetti affetti da depressione. Rispetto ad altre molecole della stessa classe terapeutica (fluoxetina, sertralina, ecc.) a parità di dosaggio ha un effetto più potente. Viene comunemente impiegato nel trattamento della depressione, negli attacchi di panico associati o meno ad agorafobia, nel disturbo ossessivo-compulsivo, in casi di fobia sociale e nei disturbi d'ansia. Come gli altri farmaci della sua classe la paroxetina è generalmente preferita agli antidepressivi triciclici per la sua maggiore tollerabilità e la minor presenza di effetti collaterali. I più comuni farmaci a base di paroxetina sono il Sereupin ed il Paxil ed altre formulazioni generiche, sia in compresse che in gocce. Molto efficace e ben tollerato anche nell'anziano, va iniziato alla dose di mezza compressa al giorno per 7 giorni, quindi si prosegue con una compressa al giorno per alcuni mesi. L'effetto si manifesta non prima delle due settimane di terapia. La sospensione di tale farmaco deve a sua volta avvenire gradualmente, cioè riducendo la dose poco per volta, in quanto l'interruzione improvvisa causa sintomi da sospensione che possono essere anche intollerabili.
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Di dr.psico (del 08/09/2007 @ 16:22:15, in Lettera P, visto n. 1509 volte)
La parotite è una malattia infettiva (popolarmente detta orecchioni) molto contagiosa causata da un virus della famiglia dei paramyxovirus. Il contagio interessa generalmente i bambini e gli adolescenti (dai cinque ai quindici anni), ma non è rara l'infezione degli adulti che non hanno avuto la malattia in passato (l'immunità, una volta contratta la malattia, è permanente). Il virus si propaga nelle gocce di secrezione nasali, mediante gli starnuti e la tosse. L'infezione colpisce le ghiandole salivari, più precisamente le parotidi; esse hanno una forma acinosa e l'aspetto lobato, presentano abbondante infiltrazione adiposa, pesano circa 30 g e si trovano all'esterno del massetere. Le parotidi versano nella bocca la saliva tramite il dotto di Stenone, che emerge nel vestibolo della cavità orale, in corrispondenza del secondo molare superiore. Sono ghiandole attraversate dall'arteria carotide esterna, dai nervi facciale e auricolo temporale. L'infezione provoca il loro ingrossamento e uno spiccato dolore, accompagnati da altri sintomi generici come febbre, tosse, cefalea e vomito. Il periodo d'incubazione varia molto, da un minimo di 5 a un massimo di 35 giorni. La cura è essenzialmente sintomatica, per la riduzione dei sintomi secondari (antipiretici, analgesici e impacchi caldo umidi sulle ghiandole ingrossate), ma prevede anche la somministrazione di immunoglobuline, benché tale misura di profilassi risulti non sempre molto efficace. Esiste inoltre un vaccino triplo antimorbillo-antirosolia-antiparotite (MRPa), somministrato tra il 18° mese e i 6 anni. Le complicazioni possono essere molto gravi, specie se la parotite colpisce un adulto: la più frequente (un caso su 200) è la meningite parotitica, seguita da altre infiammazioni che colpiscono vari organi, come il pancreas (pancreatite), le ovaie (ooforite) e i testicoli (orchite). Quest'ultima, in rari casi, può portare alla sterilità permanente. Esistono anche gravi complicanze, per fortuna molto rare, che interessano il cervello (meningoencefalite) e il nervo uditivo, con conseguente sordità.
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Di riccardo (del 03/12/2013 @ 18:28:00, in Lettera P, visto n. 1057 volte)
Asportazione chirurgica di una ghiandola parotide, indicata nei casi di tumore, di processi purulenti, di calcoli salivari con complicazioni infiammatorie ecc.
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Di riccardo (del 10/12/2013 @ 18:18:46, in Lettera P, visto n. 1036 volte)
Ciascuna delle due più importanti ghiandole salivari, situate nello spazio retromandibolare (loggia parotidea), tra il meato acustico esterno e la branca montante della mandibola. La paròtide è una ghiandola acinosa, di aspetto nettamente lobulato, grossolanamente simile a un prisma triangolare in cui è abbondante l'infiltrazione adiposa. Dal margine anteriore emerge il suo dotto escretore (dotto paratiroideo di Stenone), che sfocia nel vestibolo della bocca a livello del secondo dente molare superiore. La paròtide è attraversata dal tratto terminale dell'arteria carotide esterna, dal nervo facciale, dal nervo auricolotemporale e da alcuni linfonodi.
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