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Di seguito tutti i lemmi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di riccardo (del 24/04/2014 @ 11:28:28, in Lettera D, visto n. 1269 volte)
E’ caratterizzata da degenerazione di coni e bastoncelli e dalla conseguente alterazione della capacità visiva. Le distrofie dei coni e dei bastoncelli (CRD) sono distrofie retiniche ereditarie, che appartengono al gruppo delle retiniti pigmentose. La prevalenza è stimata a 1:40.000. Le CRD sono caratterizzate da depositi di pigmento sulla retina, visibili all'esame del fondo dell'occhio, localizzati soprattutto nella regione maculare. A differenza della classica retinite pigmentosa (RP), nota anche come distrofia dei bastoncelli e dei coni (RCD), dovuta alla perdita primitiva dei fotorecettori dei bastoncelli e, secondariamente, dei fotorecettori dei coni, le CRD sono caratterizzate da una sequenza opposta. La CRD presenta un coinvolgimento primitivo dei coni e, a volte, la perdita concomitante dei coni e dei bastoncelli. Questo spiega il fatto che i sintomi della CRD consistano essenzialmente in una riduzione dell'acuità visiva, difetti della visione dei colori, fotofobia e diminuzione della sensibilità visiva centrale, seguita successivamente dalla perdita progressiva della visione periferica e dalla cecità notturna. Il decorso clinico della CRD è di solito più grave e rapido rispetto a quello della RCD, in quanto può comportare cecità precoce e invalidità. Tuttavia, nello stadio finale, le CRD non si differenziano dalle RCD. Le CRD sono spesso non-sindromiche, ma possono comparire all'interno di alcune sindromi, come la sindrome di Bardet-Biedl (si veda questo termine) e l'Atassia Spinocerebellare tipo 7 (SCA7). Le CRD non-sindromiche sono geneticamente eterogenee (finora sono stati identificati dieci geni clonati e tre loci). I quattro principali geni-malattia coinvolti nella patogenesi delle CRD sono ABCA4 (che causa la malattia di Stargardt, si veda questo termine, e il 30-60% delle CRD autosomiche recessive), CRX e GUCY2D (responsabili di numerose forme di CDR autosomiche dominanti) e RPGR (che causa circa i 2/3 delle RP legate all'X e anche di una percentuale sottostimata delle CRD legate all'X). È probabile che alcune mutazioni nei geni che causano le RP e le distrofie maculari siano responsabili anche delle CRD. La diagnosi della CRD si basa sulla storia clinica, l'esame del fondo e l'elettroretinogramma. La diagnosi molecolare è disponibile per alcuni geni e la consulenza genetica è sempre indicata. Al momento non è disponibile nessuna terapia in grado di arrestare l'evoluzione della malattia o di restituire la vista. La prognosi per la vista è negativa. La terapia ha lo scopo di rallentare il processo degenerativo, trattare le complicazioni e aiutare i pazienti a fare fronte all'impatto psico-sociale della cecità. *Autore: Dott. C. Hamel (Febbraio 20007)*. Tratto da Cone rod dystrophies. Orphanet J Rare Dis. 2007;2:7. L'amelogenesi imperfetta (AI) identifica un gruppo di malattie ereditarie dei denti, accomunate da un'anomalia dello smalto, che può essere sottile ma normale, oppure ipomineralizzato, o entrambi. Nella AI sono state descritte tutte le modalità di trasmissione. Tra le forme sindromiche di AI è stata osservata un'associazione con la distrofia retinica dei coni e dei bastoncelli, una malattia retinica rara che causa perdita iniziale della visione centrale, della visione cromatica e fotofobia, prima dei 10 anni, e successiva cecità notturna e restringimento del campo visivo. Sono state descritte diverse dorme di trasmissione, sia per l'AI che per la distrofia, mentre la sindrome che associa entrambi i sintomi è stata descritta in un'unica famiglia con 29 persone affette, a trasmissione autosomica recessiva.
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Di salute (del 14/07/2022 @ 11:28:17, in Lettera D, visto n. 829 volte)
Il disturbo bipolare colpisce oltre l'1% della popolazione mondiale, indipendentemente dalla nazionalità, dall'origine etnica o dallo status socioeconomico. Le fasce di età più coinvolte vanno dai 15 ai 35 anni (dati del World Health Organization, 2019) e, in particolare, colpisce i più giovani, provocando compromissioni cognitive e funzionali che possono portare persino al suicidio.

L'impatto sociale ed economico di questa patologia è altissimo ed in estrema sintesi, questo tipo di disturbo si può definire cronico ricorrente e caratterizzato da fluttuazioni dello stato d'animo e dell'energia. Il disturbo si riconosce nel paziente attraverso sintomi ricorrenti depressivi (tristezza, perdita di interesse per le cose a cui si era solitamente interessati, perdita di energia e stanchezza, cambiamenti nell'appetito e nel sonno, sentirsi in colpa o inutili, bassa autostima, pensiero più lento, difficoltà di concentrazione, pensieri di autolesionismo e suicidio) uniti ad episodi maniacali (umore elevato, eccessiva irritabilità, rabbia, aumento di energia e/o irrequietezza, maggiore loquacità, perdita delle normali inibizioni sociali; disattenzioni finanziarie, diminuzione del bisogno di dormire, autostima gonfiata, incapacità di concentrazione, elevata energia sessuale). In realtà, non esiste un'unica forma di disturbo bipolare, ma se ne distinguono tre: il disturbo bipolare I, caratterizzato da episodi maniacali che durano almeno sette giorni e, in alcuni casi, talmente gravi da rendere necessaria un'assistenza di tipo ospedaliero. Gli episodi depressivi in genere durano almeno due settimane. Sono anche possibili episodi di disturbi dell'umore con caratteristiche miste (contemporaneità di depressione e episodi maniacali). Il disturbo bipolare II, che si caratterizza per episodi depressivi e episodi ipomaniacali di entità minore rispetto a quelli attraversati dai pazienti affetti dal disturbo di tipo I. E il disturbo ciclotimico (o ciclotimia), in cui in cui episodi ipomaniacali e sintomi depressivi non sono abbastanza intensi o non durano abbastanza a lungo da essere qualificati come tali. In questi casi i sintomi si registrano per almeno due anni negli adulti e per un anno nei bambini e negli adolescenti.
Il disturbo bipolare per essere curato ha bisogno dell'intervento di uno specialista. Non sempre, però, è semplice da riconoscere perché i pazienti spesso valutano positivamente i periodi euforici delle fasi maniacali, seguiti da crolli emotivi che lasciano depressi, logorati, e spesso sono causa indiretta di problemi finanziari, legali, relazionali. Esistono difficoltà anche per una diagnosi della patologia da parte dello specialista, sia perché al momento non esistono biomarcatori, sia perché l'insorgenza è solitamente legata a un episodio depressivo che può spingere a diagnosticare una depressione unipolare. Nonostante queste oggettive difficoltà il trattamento medico riesce ad aiutare molti pazienti, anche quelli affetti dalle forme più gravi. I tipi più comuni di farmaci prescritti sono gli stabilizzatori dell'umore e gli antipsicotici atipici. Gli stabilizzatori dell'umore (come il litio) possono aiutare a prevenire gli episodi maniacali o depressivi o comunque ridurre la loro gravità. Nei piani terapeutici di trattamento agli stabilizzatori dell'umore vengono spesso associati farmaci che mirino a regolarizzare il sonno e i livelli di ansia. In combinazione con i farmaci viene spesso utilizzata anche la psicoterapia, allo scopo di aiutare i pazienti a modificare emozioni, pensieri e comportamenti.

Attualmente le linee di ricerca più interessanti a livello internazionale sono quelle che cercano di definire terapie sempre più personalizzate. Tra i tanti studi di ambito prettamente clinico è interessante citarne uno dai risvolti anche sociologici che ribalta la diffusa percezione dei pazienti bipolari come persone violente. Tra i pazienti coinvolti nello studio solo l'1% ha infatti mostrato atteggiamenti aggressivi verso altre persone, mentre in altri casi è stata registrata violenza verso gli oggetti oppure esclusivamente verbale. Inoltre, durante i periodi di benessere gli episodi di violenza registrati tra i pazienti affetti da disturbo bipolare non di discostano, quanto a frequenza, da quelli misurati nel resto della popolazione [Journal of Psychopathology, 2021]
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Di d.ssa Passanante (del 30/01/2014 @ 11:21:17, in Lettera D, visto n. 1213 volte)
Il Disturbo Post Traumatico da Stress si ha quando si sviluppano "sintomi tipi ci che seguono l'esposizione ad un fattore traumatico estremo che implica l'esperienza personale diretta di un evento che causa o può comportare morte o lesioni gravi o altre minacce all'integrità fisica la presenza ad un evento che comporta morte, lesioni o altre minacce all'integrità fisica di un'altra persona il venire a conoscenza della morte violenta o inaspettata, di grave danno o minaccia di morte o lesioni sopportate da un membro della famiglia o da altra persona con cui e' in stretta relazione." (DSM IV R). Il Disturbo Post Traumatico da Stress induce l'individuo a vivere in uno stato emotivo di forte allarme, appunto stress, che si manifesta con: paura intensa, il sentirsi inerme o il provare orrore (oppure, nei bambini, la risposta deve comprendere comportamento disorganizzato o agitazione), il continuo rivivere l'evento traumatico, che ha causato il disturbo da stress l'evitamento persistente degli stimoli associati con il trauma, l'ottundimento della reattività generale e sintomi costanti di aumento dell'arousal. (DSM IV R). Il Disturbo Post Traumatico da Stress, si presenta collegato a tutte quelle situazioni nella quale l'individuo subisce un "colpo violento" accompagnato dalla messa in pericolo sia sul piano fisico che su quello emotivo sia perchè lo subisce direttamente, sia perché vi assiste. Per esempio e' la modalità principe per esprimere il disagio nelle persone che subiscono violenza in genere, violenza domestica o abuso, e altrettanto frequentemente nei casi di incidente automobilistico o disastri. La presenza di un Disturbo Post Traumatico da Stress porta con sé, quindi, la frequente rivisitazione del trauma. Ciò avviene attraverso: ricordi ricorrenti e intrusivi dell'evento Sogni sgradevoli ricorrenti durante i quali l'evento può essere ripetuto o altrimenti rappresentato Stati dissociativi che durano da pochi secondi a diverse ore, o perfino giorni, durante i quali vengono rivissute parti dell'evento ed il soggetto si comporta come se stesse vivendo l'evento in quel momento (flashbacks). I flashbacks pur manifestandosi con breve durata determinano un malessere molto alto nelle persone che li vivono e innalzano fortemente la soglia d'allarme che mette in azione tutta la parte fisiologica con cui il nostro organismo reagisce ad un possibile pericolo seppur interno e non concretamente individuabile nella realtà. Spesso sono determinati dal verificarsi di avvenimenti o dal presentarsi di stimoli simili o associati all'evento che ha causato il trauma e cha a prima vista possono sembrare insignificanti (un odore, un colore, un oggetto, una frase, etc.) Questo costringe la persona a mettere in atto delle strategie di difesa estremamente dispendiose sul piano delle energie emotive e fisiche per evitare tutto ciò che possa ricondurre all'evento traumatico compresi: "pensieri, sentimenti o conversazioni che riguardano l'evento traumatico, (…) attività, situazioni o persone che suscitano ricordi di esso." (DSM IV) A questa strategia di difesa è collegata la possibilità di amnesie più o meno prolungate o l'assunzione da parte del soggetto di un atteggiamento che "attutisca" l'impatto degli stimoli del mondo esterno determinando la "paralisi psichica" o "anestesia emozionale". La persona ha un forte calo di interesse verso il mondo esterno e sembra che spesso le emozioni gli scivolino addosso. Anche sul piano fisico vi e' un mutamento dei meccanismi fisiologici con un innalzamento dell'ansia e un aumento dell'attivazione corporea presente in chi percepisce un pericolo incombente. Ciò si manifesta attraverso attività fonte di stress fisico e psicologico quali: difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno.frequenti durante i quali viene rivissuto l'evento traumatico ed esagerate risposte di allarme o scoppi d'ira a concentrarsi o a eseguire compiti. Nel Disturbo Post Traumatico da Stress, si può, quindi reagire al trauma con due modalità che possono persino presentarsi in diversa combinazione. Attraverso un potenziamento innaturale e dispendioso delle reazioni di allarme e di controllo della realtà, o attraverso un apparente "spegnimento" del meccanismo di percezione degli stimoli di pericolo e delle emozioni in genere. Apparente perché in realtà il soggetto, a differenza del caso precedente, innalza la soglia minima al di sopra della quale e' necessario proteggersi da un pericolo, esponendosi così a forti rischi e aumentando la probabilità del ripetersi di eventi traumatici che rafforza nella persona l'idea che inevitabilmente le cose per lei andranno male e che magari questo è anche colpa sua. Cosa fare: Considerare che chi sta affrontando le conseguenze di un evento traumatico non sta impazzendo o pagando chissà quale colpa. Il sovraccarico causato da un trauma e' quasi sempre non affrontabile da soli. Cercate aiuto, anche quello specialistico di uno psicologo.
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Di Dr.ssa Maglioni (del 24/02/2011 @ 15:09:37, in Lettera D, visto n. 1301 volte)
Difficoltà o irregolarità nell'emissione delle urine. Si presenta come sintomo di varie condizioni morbose, spesso associata a tenesmo vescicale. Tra le affezioni che determinano disuria ci sono cistite, uretrite e prostatite.
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Di Dr.ssa Maglioni (del 24/02/2011 @ 15:18:11, in Lettera D, visto n. 1915 volte)
Insufficiente apporto vitaminico o cattiva utilizzazione di vitamine da parte dell’organismo. Le disvitaminosi più rappresentata è lo scorbuto che riguarda le vitamine C, PP e B. In tale condizione la mucosa orale si gonfia e le gengive sanguinano a causa dell’iperemia venosa. Una particolare forma di scorbuto quello cosiddetto del lattante o morbo di Moller-Barlow.
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Di Dr.ssa Maglioni (del 24/02/2011 @ 15:41:03, in Lettera D, visto n. 1513 volte)
Eliminazione dell'urina dall'organismo. Nell'arco della giornata l'urina emessa può variare tra i 1000 e i 1500 ml. In condizioni patologiche la diuresi può risultare alterata, si parla di oliguria, nel caso in cui si producano meno di 1000 ml di urina e di polinuria quando si superino i 2000 ml. Quando la diuresi è completamente soppressa si parla di anuria.
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Di Dr.ssa Maglioni (del 24/02/2011 @ 15:42:16, in Lettera D, visto n. 1204 volte)
Farmaci che aumentano la diuresi.
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