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Di seguito tutti i lemmi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di riccardo (del 11/12/2013 @ 11:29:20, in Lettera P, visto n. 1026 volte)
Forma di sterilizzazione di alcuni alimenti, in particolare del latte. Attraverso questo processo, che prende il nome da Luigi Pasteur (il quale per primo ne mise a punto la tecnica per i mosti), vengono eliminati i microrganismi patogeni, viene ridotta la carica dei batteri saprofiti, mantenendo però integre le qualità nutritive e organolettiche dell'alimento. La pastorizzazione consiste nel trattamento termico secondo due diverse tecniche, dette pastorizzazione alta e pastorizzazione bassa, entrambe a temperature inferiori ai 100 °C. La pastorizzazione bassa, usata solo nelle piccole latterie, è una procedura che sfrutta una bassa temperatura (63-66 °C) e un lungo periodo di contatto (30 minuti). La pastorizzazione alta, usata invece a livello industriale, può essere effettuata o a 72-75 °C per 15 secondi (HTST) oppure a 90 °C per 1 secondo (UHT). Il latte pastorizzato, in conseguenza delle basse temperature utilizzate, risulterà ricco di qualità nutritive e organolettiche, ma a breve conservazione (4 giorni a +4 °C) per il residuo di batteri saprofiti presenti.
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Di riccardo (del 11/12/2013 @ 11:26:57, in Lettera P, visto n. 1428 volte)
Il pasto radiologico è una sospensione acquosa liquida o semiliquida di solfato di bario (opaco ai raggi X per il suo alto peso molecolare), che viene fatta ingerire dal paziente come mezzo di contrasto prima di eseguire una radiografia dell'apparato digerente o di una sua parte.
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Di salute (del 06/10/2007 @ 14:19:02, in Lettera P, visto n. 2646 volte)
La sfoglia e la pasta frolla rappresentano gli ingredienti principali di molti dolci. Poiché uno degli ingredienti principali è il burro (a volte sostituito dalla margarina per prolungare la conservazione del prodotto, ma ottenendo un degrado nella qualità), sono cibi molto calorici (almeno 400 kcal per 100 g) e dovrebbero essere usati con moderazione nelle diete. La sfoglia viene preparata impastando farina e acqua con burro (nella stessa quantità della farina). La preparazione avviene in stadi successivi (fino a sei) che consistono nel modellamento dell'impasto a strati (per ogni stadio la pasta si fa riposare in frigorifero). Anticamente veniva preparata con olio al posto del burro; la prima versione moderna venne preparata da Pier Francesco La Varenne, cuoco del re francese Enrico IV (metà XVII sec.). La pasta frolla è una pasta dolce formata da farina, uova, burro e zucchero, utilizzata per fare torte e dolci da cuocere in forno. L'ingrediente più importante è il burro che deve essere freddo e impastato delicatamente con la punta delle dita, dando un impasto dall'aspetto sempre sbriciolato, dovuto anche al fatto che si usa poca acqua (fredda). Esiste una versione salata (pasta brisé) che è preparata senza uova; in genere viene usata come contenitore di altri ingredienti cotti e viene prima precotta. Gli errori alimentari - L'errore alimentare più comune è di preparare torte salate a base di verdura, ritenendole ipocaloriche per la presenza di quest'ultima. Alcune specialità (come l'erbazzone emiliano) sono vere e proprie bombe caloriche, poiché la sfoglia assorbe facilmente i grassi, mantenendo molto appetibile il prodotto. I dolci a base di pasta frolla hanno un alto peso specifico che non dà un immediato senso di sazietà (100 g sono una misera fettina di torta...), causando un'assunzione eccessiva di calorie. L'esempio classico è la crostata, sicuramente uno dei dolci più consumati; l'errore che sta alla base di una diffusione immeritata è sicuramente dovuto a molti libri di scienza dell'alimentazione che riportano i dati della cosiddetta "crostata con marmellata"; molti dietologi acritici li hanno sempre tenuti per buoni e hanno finito per adottarli. In effetti se i dati (per 100 g - calorie: 339; proteine: 4,9; carboidrati: 65,5; lipidi: 8,2) fossero esatti per tutte le crostate, l'alimento sarebbe sicuramente consigliabile. In realtà esistono molte varianti che consigliano di valutare con attenzione questo alimento. Innanzitutto i lipidi. Se la crostata è "fatta in casa", tradizionalmente si esagera con il burro che dà morbidezza alla pasta e rende molto appetibile il prodotto. A questo punto l'alimento non diventa più glicidico, ma glico-lipidico, soprattutto se la marmellata (o la frutta) sono molto limitate in quantità. Anche prodotti industriali sono ricchi di burro (o, peggio, margarina) per rendere il prodotto più appetibile. In secondo luogo la marmellata. Poiché la marmellata ormai ha caratteristiche molto diverse (dalle 120 alle 250 e oltre calorie) è ovvio che la scelta del tipo influenza il prodotto finale. Infine la frutta. Un'alternativa (a volte è complementare) alla marmellata è la frutta fresca. In genere si ha un dolce meno calorico (si può arrivare sotto le 250 kcal/100 g), ma a breve conservazione. Ricapitolando, ciò che varia quindi sono le calorie totali (da 250 a 450 kcal/100 g) e il contenuto lipidico (da 5 a 15 g ogni cento); chi usa la crostata in un regime dieteticamente controllato deve pertanto fare attenzione a: - scegliere prodotti con etichetta nutrizionale oppure - preparare il prodotto da sé con una ricetta standard che impieghi una quantità non eccessiva di burro e una marmellata, se non ipocalorica, almeno inferiore alle 200 kcal/100 g. INFO AL. – CIBO DINAMICO Pasta frolla Carboidrati: 58; proteine: 6; grassi: 19; acqua: 12; calorie: 427 Pasta sfoglia Carboidrati: 36; proteine: 6; grassi: 26; acqua: 8; calorie: 402.
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Di salute (del 06/10/2007 @ 14:18:01, in Lettera P, visto n. 3036 volte)
Senza ombra di dubbio può essere considerata insieme alla pizza il piatto simbolo degli italiani. La pasta, già nota ai cinesi, incominciò a essere prodotta in Italia nel XIV sec., mentre all'inizio del XIX sec. nacquero i primi pastifici (Napoli). In genere la produzione della pasta impiega semole e semolini di grano duro e avviene in quattro fasi. S'inizia con l'impastatura dove la semola è mescolata a caldo o a freddo con acqua (in proporziona variabile dal 20 al 30%) nelle impastatrici; la successiva gramolatura (eseguita con la gramolatrice, il cui primo esemplare risale al 1830) rende l'impasto omogeneo ed elastico. Con la trafilatura (eseguita con torchi idraulici verticali o orizzontali, il cui primo esemplare risale al 1870) si dà la forma voluta alla pasta che viene infine essiccata con tre operazioni: dapprima un essiccamento superficiale (incartamento), poi il riposo su appositi stenditoi (rinvenimento, con cui si distribuisce uniformemente l'umidità) e infine l'essiccamento definitivo in ambienti ad aria condizionata in cui si porta il contenuto di acqua entro i termini di legge (14% massimo). La pasta apporta 350 kcal ca. per ogni 100 g, contiene un 60-75% di carboidrati, un 10-14% d'acqua, un 10-18% di proteine e tracce di grassi e di cellulosa. Quella integrale è leggermente meno calorica (340 kcal./100 g ca.), ma la pasta deve considerarsi un cibo praticamente stabile dal punto di vista nutrizionale, se si eccettuano quei casi (pasta glutinata, paste proteiche) in cui la componente proteica è aumentata a scapito di quella glicidica. In genere la pasta fresca (avendo un contenuto d'acqua maggiore, circa il doppio) è meno calorica di quella secca, ma ovviamente se ne usa di più per ottenere un piatto equivalente. In molti ricettari che vogliono farvi credere che si possa mangiare spesso e volentieri pasta, si usa il trucco di indicare il peso della pasta cucinata, non della pasta secca: 80 g di pasta cucinata equivalgono a circa 40 g di pasta secca, un piattino veramente misero!Le varietà di pasta più diffuse sono quella di grano duro, quella all'uovo, quella integrale; esistono molti tipi di paste dietetiche. Per la forma, si possono ricordare spaghetti, maccheroni, penne, bucatini, fettuccine ecc. L'Italia è il maggior produttore al mondo di pasta con quasi tre milioni di tonnellate annue, prodotte da 200 pastifici ca. L'Italia è anche il maggior consumatore con quasi 30 kg pro capite all'anno, seguiti dal Venezuela con meno della metà (13 kg); fra gli ultimi paesi consumatori di pasta, l'Irlanda con un chilogrammo pro capite. Sì o no? - Il consumo di pasta è recentemente sceso, complice forse anche l'attenzione degli italiani sul fronte alimentazione. Dal punto di vista nutrizionale è necessario rispondere alla forse imprecisa, ma diretta domanda: la pasta fa ingrassare? Per farlo alcune considerazioni. 1) L'amore o il disamore della pasta presso gli addetti ai lavori (i dietologi) è spesso più un fatto personale che scientifico. Nessun dietologo dovrebbe dire che un cibo fa ingrassare o è innocuo per la dieta: dipende sempre dalla quantità. 2) Una dieta in cui un cibo è prevalente (come quella di molti italiani che mangiano pasta due volte al giorno) è da sconsigliare perché porta in genere a una cattiva ripartizione dei macronutrienti. 3) 100 g di pasta apportano 350 kcal ca. Se si aggiungono 10 g di olio e 5 g di parmigiano (tralasciamo il pomodoro) si arriva a 460 ca. Qualunque regime ipocalorico (per una persona di peso normale, ma sovrappeso, diciamo fra i 50 e gli 80 kg) è decisamente inferiore, andando dalle 1200 alle 1800 calorie giornaliere. Per capire che la pasta è troppo calorica si consideri che tre piatti (100 g) di pasta equivalgono al contributo calorico di una normale dieta ipocalorica (1400 kcal). Penso che chiunque durante la giornata morirebbe di fame. 4) I carboidrati non sono sazianti, mentre i grassi (i sughi per intenderci) hanno un potere saziante decisamente superiore. La prova più evidente è che durante le competizioni sportive di lunga durata gli atleti possono assumere carboidrati proprio perché vengono digeriti abbastanza velocemente. Se si potesse mangiare la pasta senza condimento (se cioè fosse sufficientemente appetibile) non riempirebbe affatto! Quindi le paste che saziano sono quelle ricche di grassi nel sugo e piatti ipercalorici. Per cui la soluzione migliore è: pasta sì (se la si gradisce), ma una sola volta al giorno per poter variare, non eccedere caloricamente con il primo e per dare spazio anche a altre fonti di carboidrati. La pasta in cucina – Ravioli, agnolotti, cannelloni, tortellini, lasagne: spesso la pasta viene utilizzata per preparare primi molto appetibili. Non è possibile dare indicazioni nutrizionali su questi piatti perché ovviamente dipendono dagli altri ingredienti. Si può però notare che chi ha una coscienza alimentare può usarli per consumare pasta in modo più continuo e senza attentati al peso forma. Infatti basta scegliere correttamente gli ingredienti (verdure, formaggi magri come la ricotta, carne magra ecc.) per ottenere alimenti composti non eccessivamente calorici. INFO AL. – Carboidrati: 74,6; proteine: 10,8; grassi: 0,3; acqua: 12,5; calorie: 345.
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Di riccardo (del 10/12/2013 @ 18:36:58, in Lettera P, visto n. 1042 volte)
La Passiflora incarnata, famiglia Passifloracee è una pianta originaria del Sud degli Stati Uniti; si usa in terapia la parte aerea fiorita, che contiene alcaloidi del gruppo dell'armano (armina, armolo) e glucosidi flavonici. È un buon sedativo e antispasmodico, senza tossicità né effetti secondari sgradevoli. Si usano l'infuso o la tintura madre nei casi di insonnia, nevrastenia, isteria, ansia, sindromi depressive, inquietudine, disturbi della menopausa e disturbi di natura spastica (coliche epatiche, irritazioni del colon).
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Di riccardo (del 10/12/2013 @ 18:34:22, in Lettera P, visto n. 2659 volte)
Derivato dell'acido benzoico come i sulfamidici. Ha attività come antimicotico. Utilizzato come farmaco di seconda scelta per il trattamento della tubercolosi, solitamente in associazione con altri farmaci. Analogo a quello dei sulfamidici. Funge da antimetabolita del acido para-aminobenzoico (PABA) nei confronti dell'enzima batterico della diidropteroato sintetasi, enzima fondamentale per la sintesi del tetraidrofolato. La sua metabolizzazione causa la formazione di metabolita molto poco solubili e che quindi precipitano nelle urine (cristalluria).
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Di riccardo (del 10/12/2013 @ 18:20:09, in Lettera P, visto n. 1033 volte)
ascesso della gengiva e dei tessuti circostanti. È solitamente una complicanza della parodontite flemmonosa.
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