Di seguito tutti i lemmi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Il DHEA, o deidroepiandrosterone, è un ormone considerato il capostipite degli ormoni steroidei. L'organismo utilizza il DHEA per la produzione di ormoni sessuali quali il testosterone, gli estrogeni e il progesterone. A sua volta, il DHEA è sintetizzato a partire dal colesterolo.
Il DHEA partecipa allo svolgimento di importanti funzioni corporee, fra le quali quelle legate agli aspetti sessuali e della libido, alla produzione di mielina, elemento fondamentale per il sistema nervoso, all'aumento della forza muscolare, alla regolazione del metabolismo lipidico.
Fra gli effetti benefici del DHEA compaiono quindi l'aumento del desiderio sessuale, del metabolismo basale, della forza fisica, il miglioramento del sistema immunitario, la capacità di prevenzione di osteoporosi, arteriosclerosi e alcuni tipi di neoplasie, riduzione di radicali liberi.
Tutto ciò non si tramuta in vantaggi diretti per il nostro organismo, che è sorretto da complicatissimi equilibri. Un eccesso di DHEA non porterà quindi benefici proporzionali, ma sicuramente produrrà una serie di effetti collaterali spiacevoli quali ad esempio irsutismo, acne, aggressività ecc.
Come ogni sostanza “miracolosa”, va considerata nel suo complesso, nell'insieme di benefici e svantaggi che può produrre.
Patologia tumorale del sangue e dei tessuti emopoietici. Colpisce gli stipiti cellulari del midollo osseo da cui derivano i globuli rossi e i glibuli bianche granulocitici. I sintomi inizialmente sono pallore, febbricola e facile stancabilità e in seguito intensa anemia, aumento di volume del fegato e della milza. La terapia di rado influenza il decorso della malattia che in genere è acuto
Raro processo patologico, chiamato anche eritremia acuta o mielosi eritremica acuta, caratterizzato da una proliferazione tumorale maligna a carico delle cellule eritropoietiche (quelle da cui derivano i globuli rossi), che smettono di differenziarsi e compaiono in circolo come cellule immature e atipiche. Colpisce più frequentemente nell'infanzia, con sintomi simili a quelli delle leucemie acute.
Malattia del ricambio che impedisce l'abbassamento del livello zucchero nel sangue (cioè la glicemia) perchè il pancreas non produce abbastanza insulina. Il diabete mellito si riconosce per la cronica iperglicemia, spesso accompagnata da polidipsia (aumento della sete), poliuria (aumento della quantità di urine), perdita di peso, obnubilamento del sensorio, che conducono, in assenza di adeguata terapia, al coma e alla morte.
Si distinguono generalmente le classi cliniche: IDDM o di tipo 1 (diabete mellito insulino-dipendente), caratterizzato da un esordio generalmente brusco e grave, spesso come conseguenza di una malattia infettiva stagionale, che compare in soggetti giovani o in bambini, e necessita di terapia insulinica; NIDDM (diabete mellito non insulino-dipendente) o di tipo 2, che si presenta invece con esordio graduale e in genere colpisce soggetti di media età, spesso obesi, i quali nella maggior parte dei casi hanno dei diabetici tra i parenti di primo grado; diabete mellito collegato alla malnutrizione, presente esclusivamente nei paesi sottosviluppati, pare per diretto danno pancreatico; altre condizioni o sindromi in cui il diabete mellito si associa a malattie del pancreas, malattie di origine ormonale, condizioni indotte da farmaci o sostanze chimiche, anormalità dell’insulina o dei suoi recettori, o sindromi genetiche. Per quanto riguarda la diagnosi di diabete mellito, a volte evidente a volte molto difficile, generalmente è considerato sufficiente eseguire due misurazioni della glicemia a digiuno, che confermeranno la diagnosi qualora evidenzino valori di glicemia superiori a 140 mg per dl in entrambi i casi. La prescrizione dietetica deve essere seguita scrupolosamente, in particolare per quanto riguarda le restrizioni che comprendono zucchero, dolciumi in genere, gelati, bevande gasate artificiali, vini dolci e liquorosi e sciroppi. Importante è, poi, un adeguamento della quantità dei cibi consumati alle reali necessità dell’organismo in modo da evitare il sovrappeso. Per questo è necessario pesare per un certo tempo gli alimenti in modo da stabilire con precisione il volume delle razioni consentite. Per un miglior controllo della stabilità della glicemia, fondamentale è inoltre la suddivisione degli alimenti in tre o quattro pasti evitando pasti eccessivamente ricchi e altri troppo poveri. Le bevande alcoliche sono consentite in modica misura solo sotto il diretto controllo del medico. Gravi deroghe alla prescrizione dietetica possono essere, specie se ripetute, alla base di scompensi della malattia che possono portare al coma diabetico o al coma ipoglicemico. Il diabete può scompensarsi anche in seguito a malattie infettive o terapie cortisoniche.
Può essere definito come una condizione caratterizzata da una ridotta tolleranza al glucosio,di entità variabile,che viene riscontrata per la prima volta durante la gravidanza;questa condizione può o meno persistere dopo il parto.
L’ incidenza varia da 1% a 15%,a seconda della popolazione studiata e dei test utilizzati per la diagnosi.
La comparsa di questa patologia è legata ai profondi cambiamenti ormonali della donna durante la gravidanza;è dovuto ad una combinazione tra insulino-resistenza e un difetto di secrezione insulinica; inoltre,un altro fattore estremamente importante da chiamare in causa è la produzione da parte della placenta di un ormone,Lattogeno Placentare,che interferisce con l’attività dell’insulina,annullando,in parte o completamente,la sua azione.
Questo tipo di diabete compare alla fine del secondo trimestre di gravidanza e termina,in genere,con la fine di questa.
Fattori di rischio principali risultano essere:obesità,familiarità per diabete,incremento precoce del peso corporeo,razza e fumo di sigaretta. In base al rischio di sviluppare diabete,le donne sono state classificate in:-soggetti a basso rischio:appartenenti a razza con bassa incidenza di diabete, non storia di diabete tra parenti di primo grado,età < 25 anni,normopeso prima della gravidanza,nessuna storia di intolleranza glucidica e nessun problema ostetrico in gravidanze precedenti; -soggetti ad alto rischio:glicemia a digiuno > 105mg/dl,parenti di primo grado con diabete2,
soprappeso,età > 35 anni. È utile associare i dosaggi di emoglobina glicosilata e fruttosamina per valutare il tempo di insorgenza del diabete.
La terapia prevede di intervenire a livello prima di tutto dietetico,favorendo l’apporto di fibre,carboidrati complessi e vitamine e riducendo gli acidi grassi saturi. Il buon funzionamento della terapia verrà valutato effettuando stick glicemici più volte nel corso della giornata;periodicamente verranno effettuati esami del sangue per valutare emoglobina glicata e frittosamina. Se il solo approccio dietetico si mostrerà insufficiente ,si comincerà una terapia insulinica.
La principale complicanza del diabete gestazionale per la donna è l’elevato rischio di sviluppare diabete,soprattutto di tipo 2,dopo il parto;aumenta,inoltre,il rischio di ipertensione e dislipidemie. Durante gravidanza complicata da diabete per la donna aumenta il rischio di pre-eclampsia,taglio cesareo,chetoacidosi.
Per quanto riguarda la complicanze che una simile condizione può avere sul feto avremo:aumenta il rischio di patologie fetali; microsomia,ipoglicemia,ittero;policitemia,distress respiratorio,ipocalcemia;a lungo termine possono sviluppare diabete,intolleranza glucidica,obesità.
Si interviene su queste complicazioni effettuando un buon monitoraggio sia del feto che della madre. Per quanto riguarda il feto,misurazioni dell’accrescimento fetale,in particolare della circonferenza addominale nel primo trimestre,può evidenziare feti con rischio elevato di macrosomia;inoltre controlli eco-doppler del feto possono ridurre il rischio di morte peri-natale.
Per quanto riguarda il monitoraggio della madre,verrà ricontrollato l’assetto glicemico dopo almeno sei settimane dal parto.
Capacità di eseguire movimenti programmati, in successione rapida, con le mani o con le dita. È una capacità che viene compromessa o persa in caso di lesioni al cervelletto (adiadococinesi).
O transilluminazione, esame diagnostico che si usa in genere per indagare i seni paranasali frontali e mascellari. Si usa un apparecchio, chiamato appunto diafanoscopio, fornito di una lampadina, molto luminosa. L’esame si esegue in un ambiente buio per ottenere un illuminazione per trasparenza delle cavità corporee. La trasparenza dei seni mascellari e frontali si riduce in seguito a processi patologici vari come infiammazioni, polipi o tumori, che ne invadono la cavità facendo risultare durante l'esame le pareti più spesse.
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