Tumore allo stomaco
Di dr.psico (del 08/09/2007 @ 12:17:01, in Lettera T, visto n. 3532 volte)
Con questo termine si identifica un gruppo di patologie neoplastiche che colpiscono lo stomaco; si tratta soprattutto di adenocarcinomi, mentre sono meno frequenti linfomi, leiomiomi e liomiosarcomi. È la quinta causa di morte per cancro nei paesi occidentali, benché la sua incidenza sia in calo; inoltre, incidenza e mortalità di queste patologie, che colpiscono maggiormente i soggetti oltre i quarant'anni, sono due volte maggiori negli uomini rispetto alle donne. Attualmente non si è giunti a identificare con sicurezza le cause dei tumori dello stomaco. È stata però individuata una serie di fattori di rischio, sia legati ad altre patologie, sia ad abitudini di vita, sia all'ambiente, sia a caratteristiche individuali. Fra le patologie che sembrano favorire l'insorgenza del cancro dello stomaco vi sono la gastrite cronica, la gastrite cronica atrofica, l'anemia perniciosa, i polipi gastrici, l'ulcera peptica, una precedente gastroresezione (soprattutto per il reflusso duodenale di sali biliari). Per quanto riguarda le abitudini, vi sono fattori legati all'alimentazione (consumo di cibi ricchi di nitrati e nitriti, consumo di alcol) e l'abitudine al fumo (per i fumatori il rischio è pari a circa una volta e mezzo rispetto ai non fumatori). Fra i fattori ambientali, si è notata una maggiore incidenza di questa patologia fra i lavoratori di particolari settori (estrazione del carbone, raffinerie di nichel, industria del legno e dell'amianto). Per quanto riguarda le caratteristiche individuali, esiste un rischio maggiore per gli obesi e per chi ha il gruppo sanguigno A; inoltre pare che in alcuni gruppi familiari la patologia sia maggiormente presente, ma non sono finora stati individuate precise anomalie genetiche. Non vi sono sintomi specifici e quelli presenti sono spesso sottovalutati, sia dal malato sia dal medico. Compaiono disturbi nella zona sotto lo sterno, senso di sazietà anche dopo avere mangiato poco, nausea nei confronti di particolari alimenti. Sintomi più specifici sono anoressia, perdita di peso, disturbi della digestione, vomito con presenza di sangue (ematemesi) ed emissione di feci scure e fetide (melena) per la presenza di sangue digerito proveniente da emorragie del tubo digerente, anemia, difficoltà a deglutire. Per arrivare alla diagnosi si ricorre a diversi tipi di esami: quello radiologico, la gastroscopia (il più importante; consente anche di effettuare una biopsia), la biopsia (permette la diagnosi definitiva per la lesione tumorale), gli esami di laboratorio (si possono controllare alcuni marcatori che sono utili ma non sufficienti alla diagnosi). Dopo avere verificato la presenza del tumore, si procede a definirne con precisione l'estensione nell'organismo. La terapia chirurgica è l'approccio che dà il migliore esito. L'intervento consiste nell'asportazione della parte colpita. A seconda della gravità del tumore si procede a una gastrectomia totale (asportazione di tutto lo stomaco) o subtotale (viene asportata solo una parte dell'organo). Viene sempre praticata anche una linfoadenectomia, cioè l'asportazione dei linfonodi. L'intervento può presentare complicazioni; la principale è la cosiddetta dumping sindrome, con crampi, nausea, vomito, diarrea, causati dal passaggio del cibo direttamente nel piccolo intestino, senza la fase digestiva normalmente effettuata nello stomaco. In questo caso il paziente deve fare pasti frequenti e poco abbondanti. Può anche presentarsi una carenza di vitamina B12, ovviata mediante la somministrazione della proteina carente. Nei pazienti che non sono operabili, spesso si effettua un intervento di derivazione, collegando lo stomaco a una parte dell'intestino, il digiuno (digiunostomia), o all'esterno (gastrostomia). La chemioterapia viene adottata nelle fasi più avanzate della malattia (5-fluoracile, epirubicina, adriamicina, cisplatino), ma non ha finora dato risultati di efficacia certi. La sopravvivenza di chi si ammala di tumore allo stomaco è di circa il 20% dei casi a 5 anni dalla diagnosi; il tumore riprende più spesso a livello locale e peritoneale, ma anche in altre sedi (fegato, polmone, osso). È quindi necessario seguire attentamente il paziente negli anni successivi alla prima diagnosi.