Malattia infettiva contagiosa a decorso cronico il cui agente patogeno è il Mycobacteriumleprae, scoperto da A. Hansen nel 1871, del quale solo nel 1965 si è potuto ottenere la coltura in vitro su cellule umane viventi. La lebbra è una malattia che risale a tempi remotissimi: ne è fatta menzione nei libri sanscriti indiani, nel papiro di Ebers, nella Bibbia (secondo libro di Giobbe del Levitico). Il più antico focolaio si sarebbe trovato in Asia e i Fenici, popolo navigatore, l'avrebbero diffusa nel bacino del mediterraneo. La massima frequenza della lebbra. in Europa si ebbe durante le crociate: poi, dal XV-XVI si osservò una diminuzione favorita da una serie di misure profilattiche, ma anche una diffusione della malattia nei paesi conquistati o scoperti dagli Europei.. La trasmissione più comune è per contagio. A un periodo di incubazione, che può essere anche di 30, fa seguito un periodo di invasione che spesso, ma non sempre, si accompagna a sintomi generali come febbre irregolare, cefalea, epistassi, dolori nevralgici, e sintomi specifici quali lesioni cutanee anche piccole zone depigmentate, macchie eritomatose, noduli e diminuzione fino alla perdita totale delle sensibilità cutanea delle zone colpite. In un terzo tempo compaiono le manifestazioni caratteristiche di una delletre forme della malattia:
1) Forma tubercoloide, nervosa, benigna o maculo-anestetica: caratterizzata da chiazze eritematose (macule) violacee che possono confluire in placche, alternate a papule rosso-giallastre o rosso-porpora cui seguono formazioni granulomatose localizzate specialmente lungo nervi con disturbi della sensibilità sia termica, dolorifica e tattile, con iperestesie, dolori folgoranti, ipoestesia ed anestesia profonda, atrofie muscolari, disturbi trofici con lesioni ulcerative e mutilazione come siringomielia, specialmente ai muscoli ulnare e peroneo. Frequente malattia perforante plantare.
2) Forma tuberosa o nodulare o lepromatosa al viso o lato estensorio degli arti; macchie prima evanescenti rosso acceso e violaceo, poi fisse, pigmentate, rameiche, brunastre, che in parte lentamente si trasformano in noduli o lepromi isolati, poi talora confluenti, spesso anche sulle mucose (naso, palato molle, ugola, laringe, occhi): indi ulcerazioni con talora estese distruzioni, necrosi, mutilazioni, riassorbimento di falangi; caduta peli, ipersecrezione sebacea senza sudorazione, eruzioni bollose.
3) Forma mista: inizialmente solo lesioni tuberose in seguito altre manifestazioni come infiltrazione polmonare similtubercolari, ulcerazioni intestinali, epatosplenomegalia, orchiepididimiti bilaterali indolori, epatiti a evoluzione cirrotica, lesioni ossee. La prognosi è grave, con migliori possibilità di guarigione nella forma nervosa e tubercoloide. Nelle altre forme la morte sopravviene dopo un decorso di durata variabile, sempre molto lento e con un decadimento progressivo. La terapia della lebbra., che fino a pochi anni fa praticamente si riassumeva nella somministrazione di olio di Chaulmoogra e suoi derivati, ha registrato sensibili progressi con l'impiego di alcuni chemioterapici, tra cui solfoni e derivati (diamino-difenil-sulfone), antibiotici, streptomicina, tiosemicarbazone, isoniazide, rifampicina, clofazimina, cortisonici, vitamina B12 ad alte dosi, immunoterapia. È obbligatoria la denuncia della malattia alle autorità sanitarie e le persone affette devono essere accolte e curate nei lebbrosari o in appositi reparti ospedalieri, specializzati in malattie infettive e contagiose
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