Per superare la barriera emato-encefalica e consentire alla chemioterapia di accedere a regioni remote del cervello si possono utilizzare gli ultrasuoni. A dimostrarlo è uno studio pubblicato su Lancet Oncology da un team della Northwestern University Feinberg School of Medicine guidato da Adam Sonabend, che spiega: «Questo può significare un enorme progresso per i pazienti con glioblastoma. La temozolomide, infatti, l'attuale chemioterapia per il glioblastoma, attraversa la barriera emato-encefalica, ma è un farmaco debole».
I pazienti hanno affrontato un intervento chirurgico per l'asportazione dei tumori e nel contempo l'impianto del dispositivo a ultrasuoni, poi hanno iniziato il trattamento chemioterapico di supporto. Ogni 3 settimane, i ricercatori hanno somministrato paclitaxel servendosi degli ultrasuoni per aprire la barriera emato-encefalica.
Per arrivare all'apertura della barriera sono necessari 4 minuti, durante una procedura eseguita con il paziente sveglio, che è rientrato a casa dopo poche ore dall'intervento. Grazie al dispositivo, la concentrazione di farmaci nel cervello è aumentata di circa 4 volte.
Dopo l'attivazione degli ultrasuoni, la barriera si ripristina nel giro di 30-60 minuti, di conseguenza la somministrazione del farmaco deve essere rapida. Dai risultati emerge la sicurezza e l'efficacia del trattamento. Uno studio di fase 2 su pazienti con glioblastoma sta verificando gli effetti a lungo termine dell'approccio sui tempi di sopravvivenza.
«Ci siamo concentrati sul cancro al cervello, ma queste scoperte aprono strade per studiare nuovi trattamenti farmacologici per milioni di pazienti che soffrono di varie malattie del cervello», concludono gli autori.
Fonte: Lancet Oncology 2023. Doi: 10.1016/S1470-2045(23)00112-2
Lancet Oncology
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