Una combinazione per il tumore dell'endometrio

Durvalumab e olaparib riducono il rischio di progressione

I risultati positivi dell'analisi primaria dello studio di Fase III DUO-E mostrano che durvalumab più chemioterapia a base di platino, seguiti da durvalumab in monoterapia o durvalumab più olaparib, hanno dimostrato un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante della sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto alla sola chemioterapia nella popolazione globale dello studio di pazienti con nuova diagnosi di tumore dell'endometrio avanzato o ricorrente.
I risultati sono stati presentati in una sessione proffered paper del Congresso 2023 della European Society for Medical Oncology (ESMO) a Madrid.
Nella popolazione globale dello studio, i risultati mostrano che il trattamento con durvalumab più chemioterapia seguito da durvalumab più olaparib (braccio durvalumab più olaparib) e il trattamento con durvalumab più chemioterapia seguito da durvalumab in monoterapia (braccio con durvalumab) ha dimostrato una riduzione del rischio di progressione di malattia o di morte del 45% (rapporto di rischio [HR] 0,55; intervallo di confidenza 95% [CI] 0,43-0,69; pp=0,003), rispettivamente, rispetto alla sola chemioterapia (braccio di controllo). La PFS mediana era di 15,1 mesi nel braccio durvalumab e olaparib e di 9,6 mesi nel braccio di controllo.
Lo stato di riparazione del mismatch (MMR) è un biomarcatore di particolare interesse nel tumore dell'endometrio, perciò nello studio DUO-E è stata condotta un'analisi esplorativa predefinita di sottogruppo. I risultati dell'analisi dei pazienti con capacità di riparazione del mismatch (pMMR) hanno mostrato una riduzione del rischio di progressione di malattia o di morte sia nel braccio con durvalumab più olaparib che nel braccio durvalumab del 43% (HR 0,57; 95% CI 0,44-0,73) e del 23% (HR 0,77; 95% CI 0,60-0,97), rispettivamente, rispetto al braccio di controllo. La PFS mediana era di 15 mesi nel braccio con durvalumab più olaparib e 9,7 mesi nel braccio di controllo.
I risultati dell'analisi dei pazienti con deficit di riparazione del mismatch (dMMR) hanno mostrato una riduzione simile del rischio di progressione di malattia o di morte sia nel braccio con durvalumab più olaparib che nel braccio con durvalumab del 59% (HR 0,41; CI 95% 0,21-0,75) e del 58% (HR 0,42; CI 95% 0,22-0,80), rispettivamente, rispetto al braccio di controllo.
I dati ad interim di sopravvivenza globale (OS) mostrano un andamento favorevole in entrambi i regimi terapeutici nella popolazione globale.
“Il tumore dell'endometrio rappresenta il più comune tra i tumori ginecologici - spiega Domenica Lorusso, Responsabile UOC Programmazione Ricerca Clinica della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS di Roma e Professore Ordinario di Ginecologia e Ostetricia Università Humanitas di Milano -. La prognosi per i casi di recidiva non è buona e la mortalità rimane alta, per questo servono terapie efficaci. I nuovi risultati presentati al Congresso ESMO mostrano, per la prima volta, il potenziale della combinazione dell'immunoterapia con un PARP inibitore nel fornire un miglioramento clinico significativo. Va inoltre sottolineato che i benefici dell'immunoterapia tendono a durare nel tempo. I dati dello studio DUO-E possono offrire, agli oncologi e alle pazienti, nuove opportunità terapeutiche contro il carcinoma dell'endometrio che è un tumore che negli anni abbiamo un po' sottovalutato e che oggi è unico tra i tumori ginecologici con incidenza e mortalità in aumentoâ€.
“In Italia si registrano più di 10mila nuovi casi ogni anno - afferma Saverio Cinieri, Presidente AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) -. Esistono diversi fattori di rischio conclamati come obesità, nulliparità, ipertensione e diabete mellito. Gioca poi un ruolo, nell'insorgenza della neoplasia, anche una maggiore predisposizione genetica e familiare. La malattia tende a svilupparsi solitamente dopo i 50 anni, in seguito alla menopausa. Tuttavia circa il 25% delle neoplasie si presenta in età premenopausale. Il primo sintomo da non sottovalutare è il sanguinamento anomalo, che dovrebbe mettere in allarme sia in pre che in postmenopausa. Proseguono le innovazioni indotte dalla ricerca clinica che negli ultimi anni ha messo a punto trattamenti innovativi. La nuova combinazione presenta potenzialità rilevanti, che meritano di essere approfondite da ulteriori sperimentazioniâ€.
“Le opzioni terapeutiche della maggior parte delle pazienti con tumore dell'endometrio avanzato sono limitate, specialmente per quelle con capacità di riparazione del mismatch, e per molti anni non sono cambiate - aggiunge Susan Galbraith, Vicepresidente Esecutivo, Oncology R&D, AstraZeneca -. Siamo soddisfatti che i dati dello studio DUO-E mostrino un miglioramento clinicamente significativo nelle pazienti quando durvalumab e olaparib vengono utilizzati in combinazione oppure quando durvalumab viene aggiunto da solo. Siamo in attesa di discutere i dati con le autorità regolatorie a livello globale e di offrire alle pazienti questi nuovi approcci terapeutici il più presto possibileâ€.
PD-L1 è un biomarcatore conosciuto per durvalumab in altre indicazioni e un'analisi predefinita basata sullo stato di PD-L1 mostra che, nella popolazione positiva a PD-L1, il trattamento ha ridotto il rischio di progressione di malattia o di morte del 58% (HR 0,42; CI 95% 0,31-0,57) e del 37% (HR 0,63; CI 95% 0,48-0,83) nel braccio durvalumab più olaparib e nel braccio durvalumab, rispettivamente versus il braccio di controllo. La PFS mediana era di 20,8 mesi nel braccio durvalumab più olaparib e 9,5 mesi nel braccio di controllo.
Nella popolazione negativa a PD-L1, il trattamento ha ridotto il rischio di progressione di malattia o di morte del 20% (HR 0,80; CI 95% 0,55-1,16) e dell'11% (HR 0,89; CI 95% 0,59-1,34) nel braccio durvalumab più olaparib e nel braccio durvalumab, rispettivamente, rispetto al braccio di controllo.
I profili di sicurezza e tolleranza di entrambi i regimi (braccio durvalumab più olaparib e braccio durvalumab) sono risultati ampiamente coerenti con quelli osservati nei precedenti studi clinici e con i profili già noti dei singoli farmaci.
Gli eventi avversi (AEs) più comuni (che interessano circa il 20% delle pazienti) riportati nel braccio durvalumab più olaparib durante tutto lo studio sono anemia (62%), nausea (55%), fatigue e astenia (54%), alopecia (51%), neutropenia (42%), stipsi (33%), trombocitopenia (30%), diarrea (28%), vomito (26%), neuropatia periferica (25%), neuropatia sensoriale periferica (25%), artralgia (24%), diminuzione di appetito (23%), leucopenia (20%) e infezione delle vie urinarie (20%).
Gli AEs più comuni riportati nel braccio durvalumab durante tutto lo studio sono alopecia (50%), anemia (48%), fatigue e astenia (43%), nausea (41%), neutropenia (36%), diarrea (31%), artralgia (30%), trombocitopenia (28%), stipsi (27%), neuropatia periferica (26%), neuropatia sensoriale periferica (26%) e vomito (21%).

24/10/2023 10:50:00 Arturo Bandini


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