La dipendenza da Internet è contagiosa

L'approccio dei genitori alla tecnologia influenza quello dei figli

Era forse facile da supporre, ma uno studio certifica scientificamente che l'atteggiamento dei genitori riguardo alla tecnologia e a Internet finisce per influenzare quello dei figli, con particolare riguardo a forme di dipendenza deleterie.
A rimarcarlo è uno studio dell'Università di Bounemouth, in Qatar, che ha somministrato un questionario a 168 genitori di adolescenti scoprendo come spesso i genitori rappresentino parte del problema in caso di dipendenza da parte dei figli.
«Il tempo trascorso su Internet non è di per sé un indicatore di una problematica e non basta per sostenere che c'è davvero un problema», mette in guardia Laura Turuani, psicologa e psicoterapeuta del centro milanese Il Minotauro.
Tuttavia, è fondamentale cercare di dare il buon esempio. Inoltre, a bassi livelli di conflitto familiare corrispondono minori probabilità di un attaccamento esasperato ai dispositivi elettronici da parte dei figli.
«La pianificazione di attività divertenti in famiglia offre agli adolescenti qualcosa di gratificante con cui riempire il loro tempo», commenta Raian Alì, primo autore dello studio. «È evidente che con un buon clima familiare, in cui ci si ascolta l'uno con altro, non si cercherà un rifugio ogni momento nel cellulare: se a tavola ci si parla non ci sarà bisogno di avere lo smartphone sempre sotto mano e non si comunicherà da una stanza all'altra via Whatsapp», conferma Laura Turuani,
Dallo studio emerge tutta la difficoltà dell'essere genitore, dal momento che non sembra funzionare né un approccio autoritario né uno troppo indulgente. La chiave sta nell'interessarsi alle attività dei figli cercando piano piano di attirare la loro attenzione.
«È sbagliato e controproducente maleficare quello che fanno i figli adolescenti trincerandosi dietro ai “non so”, “non capisco” e sarebbe buona abitudine a fine giornata chiedere ai propri ragazzi non solo come è andata a scuola ma anche che cosa hanno fatto online, con chi hanno giocato, se hanno visto nuovi video interessanti o hanno app da suggerire. Sfogliare insieme il loro profilo di Tik Tok potrebbe raccontarci moltissimo del loro “algoritmo” svelandoci interessi magari a noi sconosciuti. Ignorare le loro attività online significa dare loro indipendenza e autonomia nel gestire una grossa fetta della loro vita senza l'aiuto di un adulto».
«Spesso attribuiamo ai figli - dice Turuani - un uso smodato dei dispositivi elettronici, ma sarebbe interessante fare un confronto del tempo di utilizzo, scopriremmo che sono proprio gli adulti i maggiori protagonisti dell'uso smodato della Rete: si parte con il pc al lavoro e i numerosissimi messaggi su Whatsapp o Telegram (non certo sempre di lavoro) per poi passare allo svago coi social, alla musica con Spotify per finire con una serie tv su Netflix. Il tutto è condito con l'uso di svariate app nel corso della giornata: dal registro elettronico dei figli al meteo, dall'app per il fitness a quella che insegna a cucinare. Trincerarsi dietro al fatto che gli adulti usano la rete per lavoro o per leggere il giornale non è molto costruttivo perché anche per i ragazzi la rete è uno strumento del loro lavoro: imparano le lingue, diventano esperti di musica, giocano, seguono i loro idoli sui social esattamente come fanno gli adulti».
Dallo studio si evince che non si registrava una diminuzione dei livelli di attaccamento morboso a Internet in quei nuclei familiari in cui i genitori monitoravano più spesso l'utilizzo degli strumenti elettronici dei figli. È meglio cercare di coinvolgere i ragazzi nelle strategie di limitazione. Un cambiamento duraturo può avvenire soltanto se si decide insieme il limite di utilizzo, senza imporre dall'alto un limite che poi molto probabilmente non verrebbe rispettato.
L'impegno da parte di entrambe le parti a limitare il tempo di utilizzo degli strumenti tecnologici sembra avere una migliore probabilità di successo. «I genitori - conclude Turuani - hanno ancora una volta una grande funzione educativa - e dovrebbero rappresentare un modello di coerenza e di imitazione per i figli, altrimenti è normale che i ragazzi vadano in tilt se si sentono ripetere ogni momento di non stare al cellulare e poi, se confrontano il tempo di utilizzo dello smartphone con quello dei genitori scoprono che quello di mamma e papà è anche triplo: è più utile quello che si fa rispetto a quello che si dice».

02/11/2022 16:00:00 Andrea Sperelli


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