Il cervello dei maratoneti come una sorta di cannibale che a un certo punto dello sforzo estremo comincia a mangiare sé stesso. A rivelarlo è uno studio pubblicato su Nature Metabolism da un team dell'Università dei Paesi Baschi.
Al calo di glucosio che si verifica a causa dello sforzo prolungato di una maratona, il cervello risponde cominciando a consumare mielina per ricavare l'energia necessaria al suo funzionamento. La mielina è una guaina composta da lipidi e proteine che avvolge le fibre nervose del cervello per proteggerle. Com'è noto, la sua carenza è associata a una serie di malattie neurologiche, fra cui la più nota è la sclerosi multipla.
I ricercatori spagnoli, guidati da Pedro Ramos-Cabrer, Alberto Cabrera-Zubizarreta e Carlos Matute, hanno studiato i cervelli di dieci maratoneti (otto uomini e due donne) con scansioni cerebrali effettuate prima e dopo la corsa di una maratona: 42,195 chilometri, uno sforzo davvero estremo.
Sono emersi cambiamenti significativi nei marcatori della mielina. Fra le 24 e le 48 ore successive alla maratona, i partecipanti mostravano segni di perdita di una quantità notevole di mielina nelle regioni cerebrali associate alla funzione motoria, sensoriale ed emotiva. Si tratta però di una situazione transitoria: già dopo due settimane i marcatori della mielina ritornano a salire e nel giro di due mesi si stabilizzano.
«La scoperta potrebbe dare una nuova visione della mielina come riserva di energia pronta all'uso quando i nutrimenti del cervello scarseggiano», spiegano i ricercatori.
Il consumo di mielina causa danni temporanei e reversibili ai tessuti del cervello, ma garantisce la protezione dell'organo nel suo complesso.
Alcuni studi hanno in passato evidenziato le difficoltà mnemoniche dei runner nei test effettuati subito dopo la maratona. Lo studio spagnolo sembra offrire una chiave di lettura anche per quei risultati, dal momento che proprio il consumo eccezionale di mielina potrebbe contribuire al declino temporaneo delle performance cerebrali.
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