Come una malattia contagiosa, l'ipertensione è più probabile nei soggetti che vivono insieme a persone ipertese. Lo dimostra uno studio pubblicato sul Journal of the American Heart Association da un team della Columbia University Mailman School of Public Health che ha analizzato i dati di migliaia di coppie statunitensi, cinesi, indiane e inglesi.
La prevalenza di entrambi i coniugi o partner con pressione alta era di circa il 47% in Inghilterra, il 38% negli Stati Uniti, il 21% in Cina e il 20% in India.
I dati indicano anche che rispetto alle mogli sposate con mariti non ipertesi, quelle legate a soggetti ipertesi avevano il 9% in più di probabilità di soffrire di ipertensione negli Stati Uniti e in Inghilterra, il 19% in India e il 26% in Cina. Associazioni simili sono emerse in ogni paese per i mariti.
«L'ipertensione è più comune negli Stati Uniti e in Inghilterra, questi dati più alti, però, potrebbero dipendere da una ragione culturale: in Cina e in India c'è una forte convinzione di rimanere uniti come una famiglia», ha detto Peiyi Lu, coautore dello studio e borsista in Epidemiologia presso l'ateneo americano.
I partecipanti sono stati considerati colpiti da ipertensione se avevano risposto affermativamente alla domanda su una storia di pressione alta o se presentavano una delle seguenti condizioni: pressione arteriosa sistolica (massima) superiore a 140 mmHg o diastolica (minima) superiore a 90 mmHg alla misurazione presso l'ambulatorio del medico o in farmacia.
«Questi valori pressori di massima e minima, a cui tutti facciamo riferimento, sono stati scelti basandosi sull'evidenza, emersa da diversi studi clinici controllati e randomizzati, che il trattamento di pazienti con pressione superiore a queste indicazioni è utile per migliorare il loro stato di salute», spiega al Corriere della Sera Roberto Pedretti, direttore del Dipartimento Cardiovascolare all'IRCSS MultiMedica di Sesto San Giovanni e membro del Consiglio Direttivo dell'Associazione Europea di Cardiologia Preventiva. «L'ipertensione è stata la principale determinante della mortalità a livello globale nel 2015, con circa 10 milioni di decessi. È importante notare che, nonostante i progressi nella diagnosi e nel trattamento degli ultimi 30 anni, la massima superiore a 140 mmHg continua a determinare la maggior parte di mortalità e disabilità per cardiopatia ischemica (4,9 milioni), ictus emorragico (2,0 milioni) e ictus ischemico (1,5 milioni)».
I risultati dello studio preludono a una possibile terapia di coppia: «Gli interventi rivolti ai coniugi possono essere particolarmente efficaci», ha dichiarato Bethany Barone Gibbs, professore associato e presidente del dipartimento di Epidemiologia e biostatistica presso la School of Public Health della West Virginia University.
«Considerando l'aumento di questo disturbo tra gli adulti anziani nel mondo, l'elevata presenza di ipertensione nelle coppie, come è dimostrato nello studio presentato, suggerisce che il promuovere interventi “a due” può essere importante perché i comportamenti sanitari diventano simili nel tempo e l'influenza reciproca dei coniugi sulla salute può essere una strategia vincente», spiega Pedretti. «Cambiare lo stile di vita insieme può risultare più semplice: incoraggiarsi reciprocamente può aiutare nei momenti di difficoltà favorendo la costruzione di nuove abitudini. È del resto intuitivo che se all'interno di una coppia, per esempio, la decisione di smettere di fumare, di alimentarsi in modo sano e di svolgere regolare attività fisica è propria di solo uno dei due, con l'altro che prosegue nelle abitudini scorrette, la probabilità di fallimento aumenta sensibilmente».
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