Nella maggior parte dei pazienti ospedalizzati per Covid si registra la presenza di almeno un sintomo associato a fibromialgia da 3 mesi a un anno dopo l'infezione. La prevalenza di fibromialgia fra i convalescenti è molto più alta rispetto alla popolazione generale, in particolare le donne.
I risultati emergono da uno studio israeliano pubblicato su Plos One. La fibromialgia si caratterizza per la presenza di dolore muscoloscheletrico cronico accompagnato da sonno, stanchezza, disturbi cognitivi e dell'umore.
I ricercatori hanno analizzato lo sviluppo della fibromialgia post-Covid fra i convalescenti ricoverati in ospedale per Covid, identificando i fattori predisponenti associati.
Allo studio hanno partecipato adulti dimessi dai reparti di malattie infettive dello Sheba Medical Center di Ramat Gan, in Israele, fra il 15 luglio e il 15 novembre 2020. Al momento del ricovero in ospedale la diagnosi iniziale di infezione è stata confermata utilizzando il test molecolare PCR (polymerase chain reaction) e, una volta guariti, i pazienti sono stati dimessi sulla base del miglioramento dei segni e dei sintomi clinici.
In totale sono stati dimessi 531 pazienti ricoverati per Covid, ma all'analisi finale hanno partecipato 198 soggetti con età media di 64 anni, seguiti in media per 5 mesi.
Le comorbilità più comunemente osservate sono state ipertensione, dislipidemia, diabete, obesità e insufficienza cardiaca congestizia, rispettivamente nel 48%, 35%, 33%, 22% e 19% dei partecipanti. La gravità del Covid è stata lieve, moderata e grave rispettivamente nel 31%, 10% e 59% dei casi. L'incidenza di fibromialgia post-Covid rilevata era del 15%, con l'87% dei partecipanti che ha manifestato almeno un sintomo associato alla condizione.
I dati indicano quindi che la prevalenza di fibromialgia fra i convalescenti Covid è più alta rispetto alla popolazione generale e che in caso di trauma significativo il sesso femminile e una bassa resilienza risultano associati all'insorgenza della sindrome.
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