L'effetto della chirurgia bariatrica nella NASH

Analizzata l'efficacia dell'intervento nella steato-epatite non alcolica

Un team di ricercatori della Cleveland Clinic diretto da Ali Aminian ha analizzato gli effetti a lungo termine della chirurgia bariatrica sulla steato-epatite non alcolica (NASH), tipica manifestazione della sindrome metabolica e una delle principali cause di cirrosi e carcinoma epato-cellulare.
«NASH e patologie cardiovascolari condividono numerosi fattori di rischio», spiega Anna Nelva, insieme alla Commissione Lipidologia e Metabolismo AME (Associazione Medici Endocrinologi) di cui è coordinatrice, «e inoltre la NASH sembra aumentare in modo indipendente il rischio di aterosclerosi, cardiomiopatia e aritmie cardiache».
Al momento non esiste una terapia per la NASH in grado di ridurre il rischio di eventi avversi maggiori epatici (MEPAE) e cardiovascolari (MACE) nei pazienti affetti da NASH.
«La chirurgia bariatrica è una procedura che influenza il metabolismo, inducendo perdita di peso e alterando la fisiologia gastrointestinale. Nei pazienti con obesità e malattie metaboliche ha effetti sostanziali e duraturi sulla riduzione del peso corporeo in eccesso e sul miglioramento di iperglicemia, ipertensione e dislipidemia. Piccoli studi osservazionali, con l'utilizzo della biopsia epatica prima e dopo la chirurgia bariatrica, hanno suggerito un'associazione tra perdita di peso indotta chirurgicamente e miglioramento di alcune caratteristiche istologiche della NASH (per esempio, infiammazione e/o fibrosi). Inoltre, grandi studi osservazionali hanno dimostrato che la chirurgia bariatrica è associata a minor rischio di MACE e mortalità nei pazienti con obesità», spiegano gli esperti.
Lo studio SPLENDOR (Surgical Procedures and Long-term Effectiveness in NASH Disease and Obesity Risk), pubblicato su JAMA nel 2021, è stato realizzato proprio per esaminare il nesso fra chirurgia bariatrica e sviluppo di MEPAE e MACE durante un follow up a lungo termine in pazienti con diagnosi istologica di NASH e fibrosi senza cirrosi, sottoposti a chirurgia bariatrica o gestiti con altre terapie non chirurgiche, segnalano gli specialisti. Si è trattato, spiegano, di «uno studio di coorte retrospettivo, che ha preso in considerazione tutti i pazienti sottoposti a biopsia epatica presso la Cleveland Clinic negli Stati Uniti tra il 2004 e il 2016. I criteri di esclusione erano la concomitanza di altre cause di epatopatia cronica (farmaci, virus, patologie auto-immuni e genetiche), anamnesi di assunzione eccessiva di alcool o di qualsiasi condizione medica correlata ad abuso di alcoolici, evidenza di epato-carcinoma, trapianto d'organo, infezione da HIV, dialisi prima della biopsia epatica, grave insufficienza cardiaca (frazione di eiezione < 20%) in qualunque momento prima della biopsia, diagnosi di cancro di qualunque genere entro un anno prima della biopsia e trattamento con nutrizione parenterale totale nei sei mesi precedenti la biopsia. Sulla base di 25 828 biopsie epatiche, sono stati selezionati e inclusi 1158 pazienti di età fra 18 e 80 anni, tutti con obesità e biopsia epatica positiva per NASH con fibrosi (stadio istologico 1-3)».
Sono stati creati due gruppi, il primo formato da 650 pazienti sottoposti a chirurgia bariatrica con biopsia epatica simultanea al momento della chirurgia bariatrica, di cui 537 (83%) sottoposti a by-pass gastrico Roux-en-Y (RYGB) e 113 (17%) a sleeve gastrectomy (SG). Il secondo gruppo era formato da 508 pazienti che non avevano affrontato la chirurgia bariatrica.
«Gli end-point primari erano l'incidenza di MEPAE e MACE. Altri end-point: variazioni rispetto al basale di peso corporeo e HbA1c (solo per i pazienti con diabete alla valutazione basale). Sono state inoltre registrate le complicanze maggiori della chirurgia bariatrica. I MEPAE erano definiti come: a) prima insorgenza di eventi clinici legati a progressione in cirrosi (per esempio sviluppo di varici esofagee, ascite o encefalopatia epatica) o progressione istologica a cirrosi (F4 su biopsia epatica ripetuta); b) sviluppo di carcinoma epato-cellulare; c) trapianto di fegato; d) mortalità correlata al fegato dopo la data indice. La definizione di MACE (qualsiasi condizione o evento presente prima della biopsia epatica è stato omesso dall'analisi dei MACE durante il follow-up) includeva: a) eventi coronarici (angina instabile, infarto del miocardio, o procedure/chirurgia sulle coronarie); b) eventi cerebro-vascolari (ictus ischemico o emorragico, attacco ischemico transitorio o procedure/chirurgia sulle carotidi); c) insufficienza cardiaca; d) morte CV.
Passando ai risultati, Nelva e colleghi premettono che il follow-up si è concluso a marzo 2021. Il follow-up mediano è stato di 7 anni per entrambi i gruppi. «La riduzione media del peso corporeo a 10 anni è stata di 22.4% (IC95% 21.7-23.0%) nel gruppo di chirurgia bariatrica rispetto a 4.6% (IC95% 3.9-5.4%) nei controlli (differenza media tra i gruppi 17.7%, IC95% 16.7-18.7%, p < 0.001). Riguardo alla riduzione del livello di HbA1c, la differenza media tra i gruppi per la variazione dal basale a 10 anni è stata di 1.6% (IC95%,1.3- 1.9%, p < 0.001)».
Per quanto riguarda gli eventi avversi, «entro 30 giorni dalla chirurgia bariatrica 62 pazienti (9.5%) hanno sviluppato eventi avversi maggiori, tra cui sepsi post-operatoria (3.5%), perdita gastro-intestinale (fuoriuscita di succhi digestivi e cibo parzialmente digerito attraverso l'anastomosi, 2.2%), eventi avversi polmonari (2.2 %), sanguinamento (1.7%), trombo-embolismo venoso (1.4%), insufficienza renale acuta (1.2%), ostruzione dell'intestino tenue (0.6%), eventi avversi cardiaci (0.5%). Quattro pazienti (0.6%) sono deceduti entro il primo anno per complicanze chirurgiche (due per perdita gastro-intestinale, due per insufficienza respiratoria). Altri tre pazienti sono morti durante il follow-up a lungo termine per condizioni che potrebbero essere correlate alla chirurgia bariatrica: ostruzione e perforazione intestinale (n = 1), possibile suicidio (n = 1) e abuso di alcool (n = 1). Tutti i sette pazienti deceduti erano stati sottoposti a RYGBP».
Secondo gli esperti, i risultati dello studio dimostrano l'efficacia della chirurgia bariatrica nel ridurre il rischio di MEPAE e MACE.
«Questo studio», riconoscono gli stessi autori, «ha tuttavia diversi limiti: 1) i noti problemi nell'interpretazione delle biopsie epatiche per la definizione istologica di NASH, inclusi bias di campionamento e variabilità tra osservatori; 2) nonostante il bilanciamento preciso per alcune covariate critiche, c'era uno squilibrio su altre variabili di base, che tuttavia favorivano principalmente il gruppo di controllo non chirurgico; è comunque improbabile che esista un confondente non misurato in grado di eliminare l'associazione favorevole tra chirurgia bariatrica e MEPAE o MACE; 3) il numero modesto di MEPAE e MACE ha determinato un IC del 95% relativamente ampio; tuttavia, i confronti statistici hanno costantemente raggiunto la significatività; 4) dato il numero ridotto di eventi e il numero elevato di predittori inclusi nei modelli, i risultati devono essere interpretati con cautela; 5) potrebbero esserci stati errori di codifica, classificazione errata e diagnosi errate nelle cartelle cliniche elettroniche; 6) anche se la SG è attualmente la procedura chirurgica bariatrica più comune, solo il 17% dei pazienti nel presente studio è stato sottoposto a questa procedura».
«Recentemente, diverse società scientifiche hanno trattato questi aspetti, nell'ambito di Position Statement e Linee Guida», commentano Nelva e colleghi. «Nell'ambito di un Position Statement della American Society for Metabolic and Bariatric Surgery, è stata pubblicata a novembre 2021 una revisione della letteratura riguardante studi sugli esiti degli interventi in laparoscopia di RYGB e SG su punteggi di attività e fibrosi, con doppie biopsie epatiche, al basale e al follow-up. Sia con RYGB che con SG si sono ottenuti risoluzione o miglioramento significativo della fibrosi, con rari casi di progressione della fibrosi dopo l'intervento chirurgico. La conclusione degli autori è che la chirurgia metabolica e bariatrica abbia un impatto positivo su NAFLD e NASH, con o senza fibrosi, e dovrebbe essere considerata uno strumento terapeutico nei pazienti con obesità grave, per quanto siano necessari studi randomizzati e controllati per determinare se debba essere considerata una terapia di prima linea per NAFLD e NASH».
Dalle Linee Guida pubblicate nel 2022 da AISF, SID e SIO si può leggere la seguente indicazione: "Nei soggetti obesi affetti da NAFLD, per ridurre la gravità della malattia epatica, si raccomanda la perdita di peso attraverso programmi di stile di vita intensivi e/o farmacoterapia e/o chirurgia bariatrica (Raccomandazione forte - Qualità evidenza molto bassa)".
Sempre lo scorso anno, l'American Association of Clinical Endocrinology ha pubblicato una linea guida dedicata alla NAFLD in collaborazione con l'American Association for the Study of Liver Diseases, raccomandando di considerare la chirurgia bariatrica come opzione per il trattamento della NAFLD e per migliorare la salute cardio-metabolica in persone con NAFLD e BMI ³ 35 kg/m2 (³ 32.5 kg/m2 nelle popolazioni asiatiche), in particolare se presente una diagnosi di diabete di tipo 2.
La chirurgia bariatrica andrebbe considerata come opzione anche in pazienti con BMI da 30 a 34.9 kg/m2 (da 27.5 a 32.4 kg/m2 nelle popolazioni asiatiche). «Una recentissima guida pratica dell'American Association for the Study of Liver Diseases», ricordano infine Nelva e colleghi, «riporta che la chirurgia bariatrica dovrebbe essere considerata un'opzione terapeutica nei pazienti che soddisfano i criteri per la chirurgia metabolica per la perdita di peso, in quanto risolve efficacemente NAFLD o NASH nella maggior parte dei pazienti senza cirrosi e riduce la mortalità per malattia CV e cancro».

Fonte: JAMA 2021, 326: 2031-42. doi: 10.1001/jama.2021.19569
Jama

15/05/2023 16:00:00 Andrea Sperelli


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