Il ruolo del gene C4 nella schizofrenia

Importanti scoperte messe a punto da un team di ricercatori americani

La ricerca sulla schizofrenia fa un grande passo in avanti grazie al lavoro di un team dello Stanley Center for Psychiatric Research del Broad Institute di Boston diretto da Steven A. McCarroll.
Stando all'analisi pubblicata su Nature, nell'insorgenza del disturbo gioca un ruolo fondamentale la proteina C4 (Componente 4 del complemento), individuato grazie allo screening genetico di oltre 65mila persone e all'analisi su topi di laboratorio e sull'esame post-mortem di 700 campioni di cervello.
L'ipotesi di lavoro è che la proteina svolga un ruolo fondamentale nella segnalazione delle connessioni fra i neuroni che andrebbero rimosse durante lo sviluppo del cervello dopo l'infanzia.
McCarroll spiega: «Questa ipotesi offre un possibile modello della schizofrenia che dà un senso a tutta una serie di osservazioni apparentemente scollegate sulla malattia».
Le recenti scoperte effettuate sulla schizofrenia dimostrano che la malattia è spesso accompagnata da una consistente perdita di sinapsi. Un docente di psichiatria dell'Università di Yale, Tyrone Cannon, ha definito la ricerca «un grande passo avanti perché aiuta a collegare le scoperte merito dell'analisi genetica della schizofrenia, che è estremamente complessa, con le scoperte riguardanti i possibili problemi neurali sottostanti».
Lo studio è partito dai dati forniti da una serie di documenti pubblicati nel 2009 da tre consorzi di ricerca. I documenti mettevano a confronto le differenze nel Dna fra il genoma delle persone sane e di quelle malate di schizofrenia, rilevando differenze nel braccio breve del cromosoma 6.
Sulla base di un imponente lavoro di analisi dei dati, i ricercatori guidati da McCarroll hanno identificato un possibile schema. La maggior parte delle variazioni influiva infatti sulla quantità della proteina C4, presente nelle sinapsi cerebrali. A una maggiore concentrazione di C4 corrisponde un rischio più elevato di sviluppare la schizofrenia.
«Esistono diverse forme di C4, ciascuna con un diverso livello di rischi, e questa complessità intrinseca è la ragione per cui il problema pareva tanto complesso», dice McCarroll, secondo cui alcune versioni di C4 sarebbero associate a un incremento del rischio di sviluppare la malattia variabile fra il 27 e il 50 per cento.
A fornire le basi per chiarire il ruolo di C4 è stata anche una ricerca del 2007 a firma di Beth Stevens, responsabile del Children's Hospital di Boston. Il gene C4 fa parte del «sistema del complemento», un processo attraverso il quale il sistema immunitario contrassegna tumori, virus o cellule morenti da eliminare e rimuovere.
Insieme al collega Ben Barres, la dott.ssa Stevens ha scoperto che il sistema è fondamentale anche per lo sviluppo del cervello durante l'infanzia. Il sistema aiuta a eliminare le connessioni sinaptiche inutilizzate o inutili, alla stregua di quanto fanno i pc quando eliminano le applicazioni che non utilizziamo più.
La ricerca della dott.ssa Stevens ha dimostrato che le molecole del complemento fungono da segnale per richiamare minuscole cellule nel cervello, conosciute come microglia, e farle convergere sulle sinapsi inutilizzate da rimuovere.
Una volta definite le alterazioni causate dalla malattia nel gene C4, McCarroll si è rivolto alla Stevens, chiedendone la collaborazione. Arricchito dall'esperienza del laboratorio della dott.ssa Stevens, il gruppo di ricerca ha dimostrato che C4 riveste un ruolo importante nella selezione delle sinapsi nel cervello dei topi in via di sviluppo.
Tuttavia, se i livelli della proteina diventano troppo elevati, il tessuto cerebrale può andare incontro a un assottigliamento eccessivo, favorendo il peggioramento dei sintomi associati alla schizofrenia.
Il prof. Cannon sostiene che proprio la perdita di tessuto in regioni della corteccia prefrontale potrebbe essere alla base della psicosi. Quest'area del cervello, non a caso, aiuta i soggetti a definire il flusso di informazioni e a identificare se gli stimoli che stanno provando provengono dal mondo esterno o dalla loro mente.
«La schizofrenia è una di quelle condizioni che mette a dura prova qualunque spiegazione si possa provare a dare partendo da qualunque gene», spiega Cannon.
Il sistema delineato dal gruppo di McCarroll ha invece il pregio di fornire un quadro interpretativo complesso: «Sembrerebbe compatibile con la visione generale che diverse forme di mutazione si possano aggregare per portare una persona a effetti quali una esagerata segnalazione immunitaria e la perdita di materia grigia».
I ricercatori guidati da McCarroll ora continueranno nelle loro analisi servendosi di piccoli organoidi cerebrali derivati da cellule staminali e modelli animali, alla ricerca di altre varianti genetiche che potrebbero contribuire allo sviluppo della malattia.
«Intervenire sul processo di sfoltimento sinaptico non è cosa facile», commenta Steven E. Hyman, che lavora presso lo Stanley Center for Psychiatric Research, «perché persino uno sfoltimento troppo basso avrebbe effetti negativi».

Fonte: Nature

04/02/2016 16:40:00 Andrea Piccoli


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