I pazienti affetti da sindrome dell'intestino irritabile (Ibs) e diarrea potrebbero trovare beneficio dall'assunzione di Eluxadolina. A dirlo è uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine da un team della Harvard Medical School di Boston diretto da Anthony Lembo.
«La sindrome dell'intestino irritabile con diarrea è un disturbo funzionale comune caratterizzato da ricorrenti dolori addominali, gonfiore addominale e feci poco o per nulla formate con frequenti evacuazioni in assenza di anomalie strutturali, infiammatorie o biochimiche», spiegano i ricercatori. L'Ibs è associata a una riduzione evidente della qualità di vita del soggetto colpito, oltre che a costi sanitari molto elevati.
«Nonostante la sindrome dell'intestino irritabile sia la diagnosi più frequente negli ambulatori gastroenterologici e tra le più comuni negli studi dei medici di famiglia, le attuali opzioni di trattamento della forma diarroica sono limitate», puntualizza Lembo.
Eluxadolina è un farmaco orale dagli effetti oppiacei approvato nel 2015. Il team di Lembo ha sperimentato l'efficacia della sostanza su oltre 2.400 pazienti affetti Ibs con diarrea, randomizzandoli all'assunzione dell'Eluxadolina o di un placebo. Dopo 26 settimane di trattamento, il miglioramento a livello addominale e nella consistenza delle feci è risultato maggiore con Eluxadolina che con il placebo. Il miglioramento nel dolore addominale e nella consistenza delle feci è stato rispettivamente del 31% con 100 mg, del 27% con 75 mg e del 20%.
«Dal lato della sicurezza, 5 soggetti trattati con il farmaco hanno sviluppato pancreatite, e in otto si è verificato un significativo aumento degli enzimi epatici accompagnato da dolori addominali», aggiungono gli autori.
In alcuni casi c'era un'associazione con uno spasmo dello sfintere di Oddi in presenza di una pregressa colecistectomia, mentre tre altri pazienti con pancreatite facevano un uso eccessivo di alcolici.
«Alla luce di questi risultati, prima di iniziare la cura con Eluxadolina è importante identificare gli individui a rischio di pancreatite acuta per assenza della colecisti o abuso di alcol», concludono gli autori.
Fonte: New England Journal of Medicine
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