Un farmaco per l'osteopetrosi

Potrebbe essere il primo medicinale per questa malattia rara

Un farmaco brevettato all'Università dell'Aquila per l'osteopetrosi autosomica dominante è in attesa del via libera per la sperimentazione clinica negli Stati Uniti. Se tutto dovesse andare per il meglio si tratterebbe del primo farmaco contro questa malattia rara che rende le ossa compatte come marmo e nello stesso tempo fragilissime. A guidare il progetto Anna Maria Teti, del dipartimento di Scienze cliniche applicate e biotecnologiche dell'Università dell'Aquila, che grazie ai finanziamenti di Fondazione Telethon, Commissione Europea e ministero dell'Università e della Ricerca che 15 anni fa ha iniziato a cercare una cura contro questa malattia rara.
Si tratta di una malattia genetica del tessuto osseo caratterizzata da un aumento generalizzato della densità dello scheletro. È causata dall'alterazione di diversi geni che in molti casi codificanti per proteine che trasportano ioni attraverso le membrane cellulari o che inducono la formazione degli osteoclasti. La conseguenza è che questo gruppo di cellule, che ha il compito di rimuovere il tessuto osseo invecchiato o danneggiato, nelle persone con osteopetrosi non funzionano. Causando - come ricorda Fondazione Telethon - fragilità ossea (la qualità dell'osso è scadente e porta a fratture spontanee), anemia e suscettibilità alle infezioni (perché il midollo osseo non si sviluppa normalmente), disturbi neurologici (cecità, sordità, paresi) dovuti alla compressione dei nervi da parte del tessuto osseo, problemi dentari
Spiega Teti all'Ansa: “Nel nostro organismo un sistema fisiologico garantisce l'eliminazione del tessuto osseo vecchio e danneggiato e lo sostituisce con tessuto osso nuovo, rinnovando lo scheletro fino a dieci volte nel corso della vita. Nel caso della osteopetrosi, invece, questo meccanismo non funziona regolarmente e le ossa perdono la struttura cava all'interno, fondamentale per il regolare sviluppo sia del midollo osseo, ricco delle staminali che garantiscono la rigenerazione di sangue e ossa, sia delle connessioni nervose che l'attraversano. Si manifestano così seri problemi che riguardano la comparsa di fratture ricorrenti e di disturbi ematologici e neurologici. Quando l'osteopetrosi si manifesta in forma grave è spesso curabile con il trapianto di midollo osseoâ€. Ci sono invece forme meno gravi ma non curabili, nelle quali solo una copia del gene malato è mutata e domina su quella normale, inducendo la malattia.
Teti e i suoi collaboratori hanno pensato quindi di sviluppare small interfering Rna (siRna) ovvero piccoli Rna che come dice il nome interferiscono con la sintesi delle proteine guidata dagli Rna messaggeri. La funzione degli siRna è infatti riconoscere parti di Rna messaggero inducendone la degradazione, in modo che le proteine non si formino. “Abbiamo pensato che progettando un siRna che degradi l'Rna messaggero mutato e lasci intatto quello normale, il paziente avrebbe prevalentemente proteine normaliâ€, continua Teti. “Sono state così sperimentati molti siRna fino a trovarne uno che ha funzionato bene sia nelle cellule sia negli animaliâ€.
Si tratta però di molecole che si degradano rapidamente e che per essere veicolate nell'organismo devono essere protette. I ricercatori italiani si sono perciò rivolti a un'azienda britannica, la SiSaf, specializzata nella produzione di nanoparticelle. “Ne abbiamo selezionata una che funziona bene sul modello animale della malattia, il brevetto è stato dato loro in licenza e abbiamo cominciato a considerare la possibilità dello studio clinicoâ€, aggiunge la ricercatrice.
La domanda sarà presentata alla Food and Drug Administration statunitense perché negli Stati Uniti c'è un grande gruppo di pazienti affetti da questa forma di osteopetrosi. “Il percorso per la sperimentazione clinica è ancora lungo, ma - conclude Teti - la cosa interessante che è questa tecnologia si può applicare ad altre malattie con caratteristiche genetiche similiâ€.

Fonte: AboutPharma

15/05/2024 10:14:00 Andrea Sperelli


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