Il rischio di sindrome di Hikikomori per i ragazzi è sempre più concreto. Si tratta della cosiddetta “morte sociale”, l'astensione volontaria da ogni rapporto di socialità e la chiusura mentale oltre che fisica nel proprio mondo, caratterizzata da una letterale autoreclusione nelle proprie stanze per mesi e anni.
Se ne è parlato durante la sedicesima edizione del Congresso Scientifico Nazionale dei Pediatri di Famiglia. «Ogni giorno nel nostro Paese una ragazza o un ragazzo adolescente, ma anche pre-adolescente, tenta il suicidio. L'incremento dei casi negli ultimi due anni è del 75%», ha affermato Antonio D'Avino, Presidente della Federazione Italiana Medici Pediatri, aggiungendo come ragazze e ragazzi di oggi vivano ansia, depressione e mancanza di senso.
Hikikomori è un termine giapponese che significa “stare in disparte” e ora identifica un fenomeno che colpisce i giovani fra i 14 e i 30 anni, in maggior parte maschi. Stando alle stime, ci sarebbero circa 100.000 persone in Italia isolate da tutto e tutti, barricati nelle proprie abitazioni, spesso lontani anche dai parenti.
«Il tema della morte, da quella fisica a quella sociale, entra drammaticamente nel nostro lavoro. Studiamo nuovi strumenti per affrontare nuovi disagi», ha detto D'Avino nel corso della seconda giornata del congresso, svoltosi a Riva de Garda e che ha coinvolto oltre 600 iscritti. Questo tema è stato inserito nel programma del congresso proprio per far sì che si possa avere una visione accurata della sua complessità e si riesca a far trapelare che il poter avere a disposizione nuovi modelli e buone pratiche rappresenta ormai un'urgenza. L'esperto ha definito impressionanti, da fall out post Covid-19, i numeri relativi al suicidio tra i giovani e all'Hikikomori. «Numeri sui quali ci interroghiamo nel nostro Congresso Scientifico, proprio per disporre di strumenti aggiornati, in grado di gestire le nuove forme di disagio e sofferenza che angosciano e paralizzano i nostri ragazzi».
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