Anticipare la comparsa dell'Alzheimer grazie a un test mnemonico. Anticipare la comparsa dell'Alzheimer grazie a un test mnemonico. È quanto suggerisce uno studio dell'Albert Einstein College of Medicine di New York diretto da Ellen Grober che ha esaminato le capacità di SOMI, un test in grado di prevedere la transizione dalla cognizione normale al deterioramento cognitivo sintomatico incidente grazie a un'analisi dello stato mnemonico.
«Prove crescenti indicano che un sottogruppo di individui cognitivamente normali ha un lieve deterioramento cognitivo già al basale. Abbiamo cercato di identificarli utilizzando il sistema SOMI. Il deterioramento cognitivo sintomatico è stato qualificato da un Clinical Dementia Rating (CDR) di almeno 0,5» spiega Grober.
L'ipotesi di partenza era che la compromissione fosse maggiore nei partecipanti con lieve compromissione del recupero delle informazioni (SOMI-1), per quelli con moderata compromissione del recupero (SOMI-2) e poi per quelli con compromissione dell'immagazzinamento delle informazioni (SOMI-3/4).
Su 969 partecipanti cognitivamente normali (definiti da un CDR=0), 555 avevano esami del liquor e possedevano una risonanza magnetica, e 144 di loro erano positivi all'amiloide.
Grazie a modelli di rischi proporzionali di Cox, gli esperti hanno testato le associazioni degli stati SOMI al basale e dei biomarcatori con il tempo al deterioramento cognitivo incidente definito come la transizione a CDR≥0,5.
I partecipanti allo studio nei gruppi SOMI-1-4 avevano rapporti di rischio elevati per la transizione dalla cognizione normale a quella alterata rispetto a quelli che erano classificati come SOMI-0 (nessun disturbo della memoria). Gli individui classificati come SOMI-1 (recupero lievemente compromesso) e SOMI-2 (recupero moderatamente compromesso) avevano quasi il doppio del rischio di progressione clinica rispetto alle persone senza problemi di memoria.
In presenza di compromissione dell'immagazzinamento delle informazioni (SOMI-3/4), il rapporto di rischio per la progressione clinica era aumentato di circa 3 volte.
La stadiazione SOMI è rimasta un predittore indipendente di decadimento cognitivo incidente dopo l'adeguamento per tutti i biomarcatori. «I nostri risultati supportano l'uso del sistema SOMI per identificare individui cognitivamente normali che hanno maggiori probabilità di sviluppare decadimento cognitivo incidente che possono quindi essere indirizzati allo screening dei biomarcatori», concludono gli autori.
Il vantaggio di scoprire in anticipo chi si ammalerà di Alzheimer è chiaro: in questo gruppo di persone le terapie sperimentali hanno più probabilità di funzionare.
Il test era basato su immagini di oggetti associate a indizi sulla categoria di appartenenza. Nella fase successiva, i volontari hanno tentato di ricordare gli oggetti osservati, rispondendo a domande specifiche. A chi non ci riusciva è stato chiesto di ricordare almeno la categoria di appartenenza dell'oggetto. Una tecnica che aiuta le persone con piccoli problemi di memoria, ma non chi ha già problemi di demenza.
In base al punteggio ottenuto, i partecipanti sono stati divisi in cinque classi o stadi, da zero a quattro: nelle prime tre classi (0,1,2) chi ricordava gli oggetti anche dopo l'indicazione di alcuni indizi; nelle altre due (3 e 4) chi invece aveva difficoltà a ricordarli pur conoscendo gli indizi.
I risultati delle tomografie cerebrali hanno confermato il sospetto dei ricercatori: c'è una corrispondenza fra performance della memoria scarse e la presenza di placche di beta-amiloide. Il nesso è emerso nel 30% dei casi nel gruppo 0, nel 31% dei casi del gruppo 1, nel 35% di quelli del gruppo 2, nel 40% del gruppo 3 e infine nel 44% del gruppo 4.
Negli stadi compresi da 0 a 2, i disturbi cognitivi lievi manifestati dai partecipanti sembrano inoltre precedere la demenza di 5-8 anni, nel terzo e quarto stadio di appena 1-3 anni.
"Lo studio ci ha permesso di distinguere i segnali associati a deficit cognitivi lievi che possono progredire in forme di demenza gravi", ha spiegato Grober: "Il test potrebbe servire a individuare chi arruolare negli studi clinici ed evitare esami invasivi e costosi a coloro che, pur manifestando défaillance cognitive, non svilupperanno forme di demenza".
Il limite dello studio è rappresentato dal livello di istruzione dei partecipanti, in media alto. Diverse ricerche in passato hanno associato un livello di istruzione più basso a un alto rischio di demenza in età avanzata, mentre un'attività cognitiva e intellettuale più ricca è correlata a una capacità maggiore del cervello di resistere ai meccanismi di progressione della demenza.
Fonte: Neurology 2023. Doi: 10.1212/WNL.0000000000207276
Neurology
Le informazioni di medicina e salute non sostituiscono
l'intervento del medico curante
Questa pagina è stata letta
259442 volte