Il privilegio di poter osservare la Terra dallo spazio è pagato a caro prezzo dagli astronauti, che soffrono fra le altre cose di terribili mal di testa. A rivelarlo è uno studio pubblicato su Neurology da un team del Leiden University Medical Center guidato da W. P. J. van Oosterhout, che spiega: “I cambiamenti di gravità causati dal volo spaziale influenzano la funzione di molte parti del corpo, compreso il cervello. Il sistema vestibolare, che influenza l'equilibrio e la postura, deve adattarsi al conflitto tra i segnali che si aspetta di ricevere e quelli effettivi che riceve effettivamente in assenza di gravità”, ha spiegato van Oosterhout. “Questo può portare a cinetosi spaziale nella prima settimana, di cui il mal di testa è il sintomo più frequentemente riportato. Il nostro studio dimostra che il mal di testa si manifesta anche dopo il volo spaziale e potrebbe essere legato a un aumento della pressione all'interno del cranio”.
Alla ricerca hanno partecipato 24 astronauti dell'Agenzia spaziale europea, della National Aeronautics and Space Administration statunitense e della Japan Aerospace Exploration Agency, che sono stati assegnati a spedizioni sulla Stazione Spaziale Internazionale per un massimo di 26 settimane da novembre 2011 a giugno 2018.
Prima dello studio, 9 astronauti con riferimento agli ultimi 12 mesi hanno affermato di non aver mai avuto mal di testa, mentre altri 3 hanno sofferto di un mal di testa invalidante.
Nessuno di loro aveva una storia cefalee ricorrenti o aveva mai ricevuto una diagnosi di emicrania. Sul totale dei partecipanti, 22 astronauti hanno manifestato uno o più episodi di mal di testa durante un totale di 3.596 giorni nello spazio. Prima di partire gli astronauti hanno completato uno screening sanitario e compilato un questionario sugli episodi precedenti di cefalea. Durante il volo spaziale, gli astronauti hanno compilato un questionario giornaliero per i primi 7 giorni e un questionario settimanale ogni settimana successiva per tutta la durata della permanenza nella stazione spaziale.
Sono stati riferiti 378 casi di mal di testa durante il volo. È emerso che il 92% degli astronauti ha sofferto di mal di testa durante il volo, mentre soltanto il 38% di loro ha accusato cefalea prima del volo.
Il 90% dei mal di testa era di tipo tensivo, mentre il restante 10% era costituito da emicranie. I mal di testa erano più intensi durante la prima settimana di volo spaziale.
In questo periodo, 21 astronauti hanno riscontrato uno o più mal di testa, per un totale di 51, di cui 39 mal di testa sono stati considerati di tipo tensivo e 12 di tipo emicranico o di probabile emicrania. Nei tre mesi successivi al rientro sulla Terra, nessuno degli astronauti ha riportato di aver avuto particolari episodi di mal di testa.
“Sono necessarie ulteriori ricerche per svelare le cause alla base della cefalea spaziale ed esplorare come queste scoperte possano fornire spunti per le cefalee che si verificano sulla Terra”, ha dichiarato Van Oosterhout. “Inoltre, è indispensabile sviluppare terapie più efficaci per combattere il mal di testa spaziale, che per molti astronauti rappresenta un problema importante durante i voli spaziali”, ha aggiunto van Oosterhout.
Nei prossimi decenni molto probabilmente l'umanità dovrà fare i conti con la Sans, la sindrome neuro-oculare da viaggi spaziali (in inglese Spaceflight-associated neuro-ocular syndrome).
Si tratta di una cefalea che colpisce circa la metà degli astronauti secondo i dati della Nasa ed è caratterizzata da disturbi dell'acuità visiva, lesioni retiniche ed edema del disco ottico.
La mancanza di gravità spinge il liquor - il liquido che protegge il cervello e il sistema nervoso centrale - verso l'alto, aumentando così la pressione nella scatola cranica e provocando il mal di testa.
Uno studio dell'Università della South Carolina pubblicato su Jama ha indagato i meccanismi alla base del disturbo. I ricercatori americani si sono rivolti anche a Roberto De Simone, specialista dell'Università Federico II di Napoli che da anni studia presso il suo centro cefalee una sindrome che sarebbe il modello terrestre della Sans, la IIH, acronimo di Idiopathic intracranial hypertension, cioè ipertensione idiopatica intracranica.
Uno dei segni tipici della IIH è il papilledema, ovvero il rigonfiamento del disco ottico per l'aumento della pressione cranica, segnale che fa pensare all'inizio alla presenza di un tumore che invece non c'è. I medici parlano infatti di Pseudotumor cerebri, cioè pseudo-tumore cerebrale.
A causare il rigonfiamento è invece lo schiacciamento di un tratto della vena cerebrale chiamata seno trasverso che porta via il sangue venoso dal cervello. La pressione venosa cerebrale aumenta, causando ripercussioni anche sulla pressione del liquor.
Il disturbo è in realtà più frequente di quanto si pensi, ma molte persone neanche se ne accorgono. In alcuni casi manca il papilledema, il che porta alla definizione di IHWOP - Idiopatic Intracranial Hypertension Without Papilledema -, cioé ipertensione idiopatica intracranica senza papilledema.
«L'aumento della pressione intracranica da IIHWOP porta a progressiva sensibilizzazione delle vie del dolore dice il professor De Simone . Il mal di testa diventa quindi cronico e non passa finché non si decomprime la pressione intracranica con una puntura lombare facendo scomparire cefalee che da anni resistevano a ogni trattamento».
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