Vaccino da rotavirus, pochi i rischi in terapia intensiva

Studio americano ha valutato il rischio di trasmissione del virus

Effettuata di norma tra la sesta e la dodicesima settimana di vita di un neonato, la vaccinazione pediatrica contro il rotavirus non comporta rischi significativi se somministrata all'interno di un'unità di terapia intensiva neonatale (Utin).
Parola degli specialisti del Children's Hospital di Philadelphia e del Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie (Cdc) statunitense, che hanno valutato il rischio di trasmissione del virus (il vaccino è prodotto con una forma viva attenuata dell'agente responsabile dell'infezione) tra neonati immunizzati e altri che non lo erano ancora.
L'eventualità è risultata quasi prossima allo zero, stando ai risultati presentati nel corso del meeting annuale delle Società scientifiche di pediatria, appena conclusosi a Toronto.
Molto rara la trasmissione del rotavirus nelle terapie intensive neonatali
I ricercatori hanno analizzato oltre 3.400 campioni di feci (possibile veicolo per la trasmissione virale) prelevate nell'arco di una settimana da 774 pazienti, tra l'inizio del 2021 e gennaio 2022. Dallo studio (non ancora pubblicato su una rivista scientifica) emerge che il 99,3 per cento dei pazienti non vaccinati esposti a pazienti vaccinati sono poi risultati negativi alla malattia (nei 14 giorni successivi al contatto).
Un risultato importante, secondo gli autori, che dovrebbe fugare ogni dubbio. In molti ospedali, infatti, il timore di creare un focolaio infettivo porta gli specialisti a rimandare la vaccinazione contro il rotavirus nei neonati che rimangono ricoverati più a lungo in terapia intensiva.
In realtà, però, è proprio la fragilità dei pazienti degenti nelle Utin a far prendere l'ago della bilancia della vaccinazione che protegge dal rotavirus pende dalla parte dei benefici. Questo anche e proprio in ragione del maggior rischio di infezioni e complicanze a cui sono esposti i neonati pretermine, molti dei quali nella finestra indicata per la vaccinazione continuano a essere ricoverati in ospedale.
D'altra parte è noto che i prematuri hanno un sistema immunitario inizialmente meno sviluppato, che li espone maggiormente ai rischi infettivi. Ragion per cui - nel loro caso - le vaccinazioni sono considerate uno strumento di prevenzione ancora più efficace.
In Italia sono due i vaccini utilizzati per la profilassi contro il rotavirus. Quello a due dosi (Rv1, GlaxoSmithKline) prevede che la prima somministrazione avvenga a partire dalla sesta settimana di vita e la seconda a distanza di almeno un mese. Stesse tempistiche con il vaccino a tre dosi (Rv5, Msd), il cui ciclo sarebbe da completare preferibilmente prima delle settimane 20-22 e comunque non oltre gli otto mesi del bambino.
Entrambi possono essere somministrati anche ai neonati pretermine? Sì, anche se il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) raccomanda di usare RV1 per i nati dopo la ventisettesima settimana di gestazione, mentre RV5 può essere utilizzato anche in coloro che sono nati a partire dalla venticinquesima settimana di gravidanza.
Ulteriori indicazioni utili si ritrovano nel documento Il follow-up del neonato pretermine, stilato dalla Società italiana di neonatologia con la collaborazione di esperti della Società italiana di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza e dell'Istituto superiore di sanità: “È preferibile attendere e vaccinare i bambini di basso peso tempestivamente dopo la dimissione, se il ricovero non supera le quindici settimane, per evitare la diffusione del virus con le feci all'interno dell'ospedale. Tuttavia, se la dimissione non è prevista entro questo termine, è accettabile che la vaccinazione antirotavirus sia eseguita in ospedale, dal momento che il rischio di trasmissione nosocomiale è molto basso. Non è necessario isolare i bambini vaccinati in ospedale dagli altri bambini”.

Fonte: AboutPharma

16/05/2024 11:00:00 Andrea Sperelli


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