La molecola che uccide le cellule tumorali «ubriacandole»

Scoperta italiana per il trattamento del carcinoma della tiroide

Un gruppo di ricercatori della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, guidati da Maria Grazia Borrello dell'Unità meccanismi molecolari del Dipartimento di oncologia sperimentale e medicina molecolare, ha identificato in laboratorio una piccola molecola in grado di distruggere le cellule tumorali nel carcinoma papillare della tiroide, il più comune dei tumori della tiroide.
Lo studio, finanziato dall'AIRC, è stato pubblicato sulla rivista scientifica Oncotarget e presentato al congresso europeo dell'EACR, European Association for Cancer Research in corso a Monaco di Baviera.
I ricercatori hanno scoperto che la molecola chiamata “miR-199a-3p” generalmente presente a bassi livelli nel carcinoma della tiroide quando reintrodotta agisce “intossicando” le cellule tumorali. La sua produzione, infatti, porta le cellule del tumore a riempirsi di liquido extracellulare fino a scoppiare causando una morte in massa di queste cellule.
La curiosità è nel meccanismo attraverso il quale la molecola agisce: si chiama metuosi, dal verbo greco “metuo”, ossia “bere fino all'intossicazione”. Il processo di metuosi, identificato per la prima volta dal ricercatore statunitense William Maltese nel glioblastoma, ad oggi è ancora poco conosciuto e differente dalla più nota forma di morte cellulare chiamata apoptosi che innesca meccanismi di autodistruzione delle cellule.
“Tale risultato - spiega Maria Grazia Borrello, biologa dell'Unità meccanismi molecolari del Dipartimento di oncologia sperimentale e medicina molecolare dell'Istituto dei tumori - è d'interesse sia per i pazienti con carcinoma papillare della tiroide, sia in generale per terapie antitumorali innovative. Il carcinoma papillare della tiroide è in costante crescita e sebbene generalmente sia associato a una buona prognosi dovuta alla risposta positiva ai trattamenti chirurgici o con radioterapia, il 10% dei casi presenta una malattia progressiva e resistente alle terapie tradizionali. Il miR-199a-3p rappresenta quindi una potenziale strategia terapeutica. Inoltre, essendo le cellule tumorali frequentemente resistenti all'apoptosi, l'identificazione di un meccanismo alternativo per indurne la morte è di sicuro interesse anche per altre patologie tumorali”.
“Recentemente - sottolinea il direttore scientifico dell'Istituto dei tumori Marco Pierotti - sulla rivista Cell è stata data nuova evidenza all'argomento, in quanto è stato identificato un composto, Vacquinol-1, in grado di indurre morte per metuosi in cellule di glioblastoma. La scoperta del gruppo di Maria Grazia Borrello si inserisce in questo nuovo campo di ricerca cui contribuisce identificando per la prima volta nel carcinoma papillare tiroideo questo nuovo MicroRNA tra i meccanismi di induzione della metuosi”.
Il carcinoma della tiroide è un tumore maligno relativamente poco frequente: costituisce l'1-2% di tutti i tumori e colpisce maggiormente le donne (il rapporto è 3:1 donna:uomo) in una larga fascia di età dai 25 ai 70 anni con picco intorno ai 50. I noduli tiroidei sono molto frequenti ma sono tumorali solo nel 5% dei casi. L'incidenza dei carcinomi tiroidei è in aumento, è infatti raddoppiata nella scorsa decade, probabilmente anche a causa di un'aumentata efficienza nella diagnosi. Nonostante l'aumento dell'incidenza, la mortalità per carcinoma tiroideo non è aumentata. In base ai dati tratti da Cancer Statistic 2013 dell'American Cancer Society, nel 2013 sono stimati negli Stati Uniti circa 60000 nuovi casi e 1850 morti per carcinoma tiroideo. In Italia il tumore delle tiroide è il quarto per prevalenza preceduto dai tumori della mammella del colon-retto e dell'utero.
Tra i fattori di rischio, è noto e accertato quello rappresentato dall'esposizione a radiazioni, sia nelle persone sottoposte a radiazioni terapeutiche sia esposte a materiale radioattivo, come nel caso del disastro di Chernobyl. Il carcinoma della tiroide comprende diversi istotipi: papillare (il più frequente che rappresenta circa l'80-85% dei casi), follicolare, poco differenziato, midollare e anaplastico.

Andrea Sperelli


Notizie correlate