Oltre al dolore, la beffa. Secondo uno studio dell'Università di Sydney, infatti, chi soffre di mal di schiena avrebbe una probabilità maggiore del 13 per cento di morire prematuramente.
Lo studio, pubblicato sullo European Journal of Pain, ha esaminato la prevalenza di mal di schiena in 4.390 gemelli danesi fra i 70 e i 102 anni, comparando i risultati con quelli indicati nel registro dei decessi.
«Le persone più anziane che denunciano dolore spinale hanno un maggior rischio del 13% di mortalità per anno di vita, ma la connessione non è causale», scrive il responsabile dello studio Paulo Ferreira. Lo studioso non appare sorpreso dai risultati: «Il dolore alla schiena ha importanti conseguenze con il passare degli anni e le persone in genere non ne sono consapevoli. Benché non vi sia una correlazione indipendente con la durata di vita, il dolore alla schiena tende a creare un effetto domino, che impatta negativamente sulla salute e accresce la probabilità di morte prematura».
Intanto, un gruppo di esperti dell'American College of Physicians ha pubblicato su Annals of Internal Medicine le nuove linee guida sulla lombalgia.
Fra le indicazioni c'è quella di iniziare la cura con terapie non farmacologiche, ad esempio massaggi o agopuntura.
Quando è evidente la necessità di un farmaco, allora medici e pazienti dovrebbero ricorrere in prima istanza a farmaci antinfiammatori non steroidei (Fans) o ai miorilassanti.
«I medici dovrebbero avvisare i loro pazienti che la lombalgia in genere migliora in modo indipendente dalla cura», spiega Nitin Damle, presidente dell'Acp. «Per questo bisognerebbe evitare di prescrivere test inutili nonché farmaci costosi e potenzialmente dannosi».
Diversi studi hanno già dimostrato l'inefficacia di molti farmaci, ad esempio paracetamolo o steroidi sistemici. Anche per i pazienti con mal di schiena cronico che hanno mostrato una risposta inadeguata alla terapia non farmacologica, gli esperti dell'Acp raccomandano l'utilizzo dei Fans come terapia di prima linea. Nel caso in cui il paziente non risponda al trattamento, allora è opportuno ricorrere al Tramadolo o alla Duloxetina come medicinali di seconda linea.
«Il ricorso agli oppiacei è consigliabile solo nei pazienti che non hanno risposto ad alcuno dei trattamenti sopra elencati e solamente se i potenziali benefici superano i rischi, compresi quelli derivati da dipendenza o sovradosaggio accidentale», conclude Damle.
Fonte: European Journal of Pain/Annals of Internal Medicine
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