Sono efficaci, ma possono causare danni anche gravi, fra cui insufficienza epatica. È la sintesi di uno studio dell'Institute for Safe Medication Practices che ha preso in esame i farmaci approvati negli ultimi anni per il trattamento dell'epatite C.
L'analisi ha preso in esame 9 farmaci antivirali che, in media, agiscono con successo in 12 settimane. I dati in possesso della Food and Drug Administration parlano di circa 250mila persone che hanno assunto i nuovi medicinali nel 2015, per una spesa elevatissima che oscilla fra i 55 e i 125mila dollari a paziente.
Fra i pazienti trattati, 524 hanno accusato insufficienza epatica, e 165 sono morti per questa causa. Altri 1.058 pazienti hanno avuto gravi lesioni al fegato, mentre su 761 soggetti i farmaci non hanno avuto l'effetto sperato. In 24 pazienti, infine, i farmaci hanno eliminato l'epatite C, ma hanno finito col riattivare l'infezione da epatite B che era rimasta dormiente.
A segnalare l'anomalia sono anche gli esperti del Prac, il comitato di valutazione dei rischi per la farmacovigilanza dell'Ema, l'Agenzia europea del farmaco.
Gli esperti raccomandano quindi di sottoporre i pazienti a screening per il virus dell'epatite B prima di iniziare il trattamento per l'epatite C. I pazienti co-infettati, inoltre, devono essere gestiti in base alle attuali linee guida.
Nell'Unione Europea sono a disposizione i seguenti antivirali ad azione diretta: «Daklinza, Exviera, Harvoni, Olysio, Sovaldi e Viekirax, Epclusa (sofosbuvir/velpatasvir) e Zepatier (elbasvir/grazoprevir).
Il rischio segnalato dal Prac è reale, anche se piuttosto limitato. Si parla infatti di circa 30 casi di riattivazione su migliaia di pazienti trattati. L'effetto è dato dalla rapida riduzione della concentrazione virale di ceppo C. Il virus Hcv, infatti, ha un'azione soppressiva sul virus dell'epatite B, sul quale peraltro gli antivirali ad azione diretta non hanno effetto.
Pertanto, è necessario inserire un'avvertenza nelle informazioni sulla prescrizione dei medicinali, spiegano gli esperti del Prac, che sollecitano anche la messa in campo di ulteriori studi prima di arrivare a conclusioni sul potenziale rischio di insorgenza dell'epatocarcinoma.
Fonte: Fda/Ema
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