La termoablazione per i microtumori della tiroide

Le nuove linee guida suggeriscono la nuova opzione di cura

Il tumore della tiroide è uno dei più frequenti, ma anche uno dei meno pericolosi. La grande maggioranza dei pazienti, in particolare donne giovani sotto i 40 anni, sopravvive a 10 anni dalla diagnosi.
Nella maggior parte dei casi i pazienti vanno tenuti semplicemente sotto osservazione, allontanando il più possibile l'ipotesi della tiroidectomia. Le ultime linee guida pubblicate sullo European Thyroid Journal suggeriscono l'uso della termoablazione come trattamento mini-invasivo nei pazienti con tumore allo stadio iniziale.
Il sintomo più comune è un nodulo che si sente tra le dita se si tocca il collo o un rigonfiamento indolore, comunemente definito gozzo, che compare nel collo e che s'ingrossa sempre di più, finendo per provocare difficoltà a deglutire o respirare se non trattato.
L'aumento dell'incidenza sarebbe in realtà apparente, nel senso che è dovuto al maggior numero di esami eseguiti per la ricerca di altre patologie. Così spesso i medici scoprono noduli che nella maggioranza dei casi si rivelano però benigni.
Ci sono poi anche piccoli tumori individuati a uno stadio molto precoce che hanno spesso un grado di malignità basso. «Quando il tumore della tiroide, in particolare se di tipo papillare, è di piccole dimensioni (inferiore al centimetro) e confinato alla tiroide, viene definito come microcarcinoma — spiega Giovanni Mauri, radiologo della Divisione di Radiologia Interventistica dell'Istituto Europeo di Oncologia e coordinatore del gruppo di esperti europei che hanno steso le linee guida —. Ha una bassa aggressività e può presentare un'evoluzione estremamente lenta, tanto che in alcuni casi si consiglia di applicare una strategia attendista di stretto monitoraggio evolutivo, con la finalità di evitare ai pazienti l'invasività di un intervento chirurgico».
Per molti pazienti è sufficiente un controllo annuale con visita ed ecografia. Soltanto in caso si sospetti un'evoluzione della malattia si procede con l'agobiopsia. Quando il nodulo raggiunge dimensioni significative può essere indicata la chirurgia. In alcuni casi, per i tumori più piccoli, le linee guida propongono la termoablazione «che consente di evitare l'operazione offrendo un trattamento di pari efficacia oncologica — dice Mauri, ricercatore presso l'Università degli Studi di Milano —. La termoablazione può essere applicata anche in caso di carcinomi di maggiori dimensioni o alle metastasi linfonodali date da questa neoplasia, quando l'intervento risulti non fattibile o troppo rischioso. Per i pazienti con tumore della tiroide, anche in stadio metastatico, aumentano così le possibilità di ricevere un trattamento efficace».
Con la termoablazione si inserisce un ago estremamente sottile che, grazie all'energia termica, distrugge il tumore preservando il tessuto sano circostante.
«La procedura viene applicata da tempo nel trattamento di diversi tipi di tumore (fegato, rene, polmone), ma solo recentemente sono stati sviluppati dispositivi da termoablazione specifici per il collo», precisa l'esperto.
Si tratta di un'opzione terapeutica fondamentale perché consente di conservare la tiroide, organo di grande utilità per la nostra salute. La ghiandola secerne infatti ormoni indispensabili per il buon funzionamento del nostro organismo. Una volta rimossa, la produzione di questi ormoni cessa e i pazienti necessitano di una terapia sostitutiva a vita, costituita in genere da un preparato contenente l'ormone tiroxina una volta al giorno. Il dosaggio dipende dal singolo caso e viene stabilito sulla base di un test specifico.

07/12/2021 17:00:00 Andrea Sperelli


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