Una nuova opportunità, ora disponibile anche in Italia, contro due neoplasie rare: colangiocarcinoma (CCA) e leucemia mieloide acuta (LMA). Il farmaco, ivosidenib, si presenta come la prima e al momento unica target therapy per le due malattie, quando caratterizzate da mutazione del gene IDH1 (isocitrato deidrogenasi 1). La small molecule in questione inibisce IDH1 mutato, responsabile del blocco della differenziazione cellulare e della genesi delle neoplasie.
“Sono 5400 i casi di CCA che registriamo ogni anno in Italia”, spiega Lorenza Rimassa, Associato di Oncologia Medica presso l'università Humanitas e Humanitas Research Hospital. “Ivosidenib può ora essere utilizzato in monoterapia orale negli adulti con tumore localmente avanzato o metastatico e mutazione di IDH1, che hanno ricevuto almeno una linea di terapia sistemica. In sostanza, circa il 15% dei casi di CCA intraepatico ha la mutazione con un impatto prognostico negativo. Era un unmet need in attesa di risposta. Al riguardo lo studio ClarIDHy ha mostrato che la nuova soluzione aumenta la sopravvivenza libera da progressione da 1,4 a 2,7 mesi rispetto al gruppo placebo con un prolungamento della sopravvivenza e miglioramento della qualità di vita”.
Analogamente il farmaco in combinazione con azacitidina ha evidenziato, attraverso lo studio AGILE, un aumento della sopravvivenza mediana da 7,9 a 24 mesi rispetto a azacitabina e placebo negli adulti con LMA e mutazione IDH1, qualora non siano idonei alla chemioterapia standard. Ben il 54% dei pazienti trattati con la combinazione ha ottenuto una remissione completa contro il 16% osservato nel gruppo di controllo. “Le mutazioni si trovano in circa il 6-10% dei casi LMA, un tumore che nel nostro paese colpisce duemila persone ogni anno con un tasso di sopravvivenza a 5 anni ancora basso (24%)”, osserva Adriano Venditti, direttore dell'Ematologia, Fondazione Policlinico Tor Vergata, Roma. “Anche in questo caso siamo di fronte a un unmet need. Su questo versante ivosidenib rappresenta una opportunità terapeutica innovativa, ovviamente riservata ai pazienti portatori della mutazione IDH1. Non dimentichiamo, inoltre, l'aspetto relativo alla stabilizzazione della qualità di vita anche perché si tratta di una terapia orale che può consentire di raggiungere l'obiettivo dell'indipendenza dalle trasfusioni”.
Fondamentale la disponibilità dei test di profilazione molecolare, ricorda Nicola Normanno, Direttore scientifico dell'Istituto Romagnolo per lo studio dei tumori IRST Dino Amadori. “Esiste una forte raccomandazione all'utilizzo delle tecniche Next Generation Sequencing (NGS) anche per CCA e LMA. Il test permette di analizzare diversi tipi di alterazioni genomiche su più geni in una singola analisi, riducendo anche le tempistiche e la quantità di tessuto tumorale necessaria per eseguire il test. Non sempre, però, NGS è disponibile in tutti i laboratori, soprattutto nel sud del Paese”.
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