Il meccanismo all'origine dei casi più gravi di Covid non è del tutto chiaro. I pazienti che soffrono maggiormente subiscono danni gravi ai polmoni dovuti a un'infiammazione estesa e persistente. Ma qual è il motivo scatenante?
Hanno indagato i ricercatori della Columbia University, che su Nature Communications hanno pubblicato i dettagli della propria scoperta. Dietro l'attacco letale del virus ci sarebbe la ferroptosi, una forma di morte cellulare.
"Contrastare la ferroptosi con candidati farmaci mirati - suggeriscono gli scienziati - potrebbe migliorare gli esiti dell'infezione Covid più severa”.
La ferroptosi è stata descritta per la prima volta nel 2012 da Brent Stockwell, che è anche uno degli autori principali del nuovo lavoro. Si tratta di "una tipologia insolita di morte cellulare", mediata dal ferro, "in cui le cellule muoiono perché i loro strati esterni di grasso collassano. La ferroptosi si differenzia dalla forma più comune di morte cellulare, che si verifica sia in contesti patologici sia in processi normali come l'invecchiamento e coinvolge le cellule stesse, che sminuzzano le molecole al loro interno e in pratica si suicidano. La ferroptosi in alcuni casi è strumentale ai normali processi corporei, ma in altri può attaccare e uccidere cellule sane".
Un meccanismo che si verifica anche in malattie neurodegenerative come il morbo di Parkinson, l'Alzheimer e la Sla.
Secondo i ricercatori, il meccanismo può essere sfruttato a nostro vantaggio in due modi, ovvero inducendo di proposito la ferroptosi per contrastare il cancro e la sua proliferazione cellulare incontrollata. La seconda modalità riguarda "la capacità di inibire la ferroptosi, che potrebbe offrire ai medici nuovi modi per combattere la morte cellulare quando non dovrebbe verificarsi, come nel caso della malattia polmonare Covid-19".
“Il nuovo lavoro aggiunge informazioni cruciali alla nostra comprensione di come Covid colpisce l'organismo e migliorerà significativamente la nostra capacità di combattere le forme potenzialmente letali della patologia", afferma Stockwell. "Speriamo che queste importanti scoperte possano migliorare la nostra capacità di affrontare questa malattia perniciosa che, in troppi casi, uccide ancora".
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