L'ultimo congresso dell'American Society of Clinical Oncology ha mostrato gli ultimi risultati sui trattamenti oncologici. Fra questi, la terapia dei campi di trattamento dei tumori (Tumor Treating Fields, TTFields) in combinazione con terapie standard nel trattamento del tumore polmonare non a piccole cellule (Nsclc).
I TTFields rappresentano una modalità terapeutica antitumorale emergente non invasiva che comporta la somministrazione transcutanea di campi elettrici alternati a bassa intensità (1-3 V/cm), frequenza intermedia (100-300 kHz) (l'approccio è anche noto come terapia del campo elettrico alternato) che esercitano una forza biofisica su molecole cariche e polarizzabili note come dipoli.
Gli effetti benefici sono influenzati dalla durata del trattamento, dall'intensità del campo elettrico - l'aumento dell'intensità produce una maggiore riduzione della proliferazione cellulare - e la frequenza del campo elettrico, che varia a seconda dei vari tipi di cancro.
Lo studio Lunar ha raggiunto l'endpoint primario con un miglioramento statisticamente e clinicamente significativo di 3 mesi della sopravvivenza mediana globale (Os) a seguito dell'aggiunta del trattamento TTFields alle terapie standard (HR: 0,74, P=0,035). In particolare, i pazienti randomizzati a ricevere la terapia TTFields in combinazione con i trattamenti standard (n=137) hanno mostrato una Os mediana di 13,2 mesi rispetto ai 9,9 mesi dei pazienti trattati con i soli trattamenti standard (n=139). È stato riscontrato un notevole beneficio in termini di Os a seguito della terapia TTFields nel sottogruppo trattato con un inibitore del checkpoint immunitario (Ici). I pazienti randomizzati a ricevere la terapia TTFields e un trattamento Ici a scelta del medico (n=66) hanno mostrato una Os mediana di 18,5 mesi rispetto a una Os mediana di 10,8 mesi nei pazienti trattati con solo Ici (n=68; HR=0,63; P=0,03). I pazienti randomizzati a ricevere la terapia TTFields in combinazione con docetaxel (n=71) hanno mostrato un trend di sopravvivenza positivo con una Os mediana di 11,1 mesi rispetto agli 8,7 mesi dei pazienti trattati con solo docetaxel (n=71). La terapia TTFields è stata ben tollerata, senza tossicità sistemica aggiuntiva e rari eventi avversi di grado 3 (nessuno di grado 4 o 5) correlati al dispositivo.
«I risultati dello studio Lunar sono estremamente incoraggianti», commenta la responsabile dello studio, Ticiana Leal, ricercatrice e oncologa presso il Winship Cancer Institute della Emory University di Atlanta, nonché professore associato e direttore del Programma di Oncologia medica toracica presso il Reparto di Ematologia e Oncologia medica della Emory University School of Medicine della stessa città . «Lo studio Lunar è il primo, in oltre 7 anni, a dimostrare un miglioramento significativo della sopravvivenza globale del Nsclc metastatico dopo chemioterapia a base di platino. Questo progresso e il potenziale di questa terapia innovativa sono positivi perché aiuteranno molti pazienti con tumore polmonare metastatico che necessitano di nuove opzioni terapeutiche dopo la terapia a base di platino, senza tossicità sistemica aggiuntiva».
L'età media era di 64 anni, il 65% dei pazienti era di sesso maschile e il 96% mostrava un performance status ECOG di 0-1. Il tasso di sopravvivenza a un anno nei pazienti sottoposti a terapia TTFields in combinazione con le terapie standard era del 53% rispetto al 42% relativo ai pazienti trattati con le sole terapie standard (P=0,04).
I dati mostrano un miglioramento tre volte più alto della sopravvivenza rispetto alle terapie standard, il 18% contro il 7%. La sopravvivenza mediana libera da progressione (Pfs) per i pazienti trattati con la terapia TTFields in combinazione con le terapie standard è stata di 4,8 mesi rispetto a 4,1 mesi nei pazienti trattati con le sole terapie standard. Nel gruppo dei pazienti randomizzati, l'89% aveva ricevuto una precedente linea di terapia sistemica e il 31% era stato trattato con un Ici (il 58% dei pazienti randomizzati nella coorte docetaxel e il 2% dei pazienti randomizzati nella coorte Ici). I Tumor proportion score (Tps) erano disponibili per 151 pazienti a livello globale (55%) e risultavano ben bilanciati tra le coorti. Tra tutti i pazienti trattati con Ici e con Tps rilevati, il 63% presentava un'espressione >1% di Pd-L1, un valore in linea con i dati del mondo reale. I dati sull'espressione di Pd-L1 sono stati raccolti nell'83% dei pazienti (69 pazienti su 83) arruolati presso i siti statunitensi e risultavano ben bilanciati tra le quattro coorti. Si prevede che i dati dello studio clinico LUNAR serviranno come base per la presentazione di un'approvazione pre-market (PMA) alla Food and Drug Administration statunitense nella seconda metà del 2023.
Un altro studio ha evidenziato gli effetti dell'immunoterapico pembrolizumab per il tumore del polmone. Il farmaco, prima e dopo l'intervento chirurgico, migliora la sopravvivenza libera da eventi e riduce il rischio di recidiva. A dimostrarlo sono i risultati dello studio Keynote 671 che ha valutato pembrolizumab come regime di trattamento perioperatorio, comprendente il trattamento prima dell'intervento chirurgico (neoadiuvante) e dopo la chirurgia (adiuvante), per i pazienti con Nsclc resecabile in stadio II, IIIA o IIIB. Al follow-up mediano di 25,2 mesi, pembrolizumab neoadiuvante più chemioterapia seguito da resezione e pembrolizumab adiuvante come agente singolo hanno migliorato significativamente la sopravvivenza libera da eventi (Efs), riducendo il rischio di recidiva, progressione o morte del 42% nei pazienti con Nsclc resecabile in stadio II, IIIA o IIIB, rispettoal placebo e chemioterapia neoadiuvanti seguiti da placebo adiuvante. Nei pazienti trattati con pembrolizumab, la sopravvivenza mediana libera da eventi (Efs) non è stata raggiunta (95% CI, 34,1-NR) rispetto a 17 mesi (95% CI, 14,3-22) di sopravvivenza per quelli trattati con la sola chemioterapia. Lo studio prosegue per consentire un ulteriore follow-up della Os, che rappresentava l'altro endpoint primario. Una tendenza favorevole di Os è stata osservata per il regime con pembrolizumab rispetto alla chemioterapia preoperatoria (HR=0,73 [95% CI, 0,54-0,99] p=0.02124); con soli 177 eventi questi dati di Os non sono maturi e non hanno raggiunto la significatività statistica al momento dell'analisi ad interim. Il profilo di sicurezza del regime con pembrolizumab è risultato in linea con il profilo di sicurezza nel Nsclc negli stadi precoci e in quello metastatico. In un'analisi di sottogruppo, il miglioramento della Efs con il regime pembrolizumab è risultato consistente nei sottogruppi indipendentemente sia dall'espressione di Pd-L1, sia dall'istologia che dallo stadio. Nonostante il raggiungimento della risposta patologica completa (pCr) sia un fattore predittivo di miglior outcome, l'analisi di sottogruppo esplorativa ha mostrato che la riduzione del rischio di recidiva, progressione o morte (Efs) con il regime pembrolizumab perioperatorio è stata osservata sia nei pazienti con pCR (HR=0,33 [95% CI, 0,09-1,22]), sia nei pazienti senza pCR (HR=0,69 [95% CI, 0,55-0,86]). «Storicamente, più della metà dei pazienti con stadi precoci di Nsclc rimosso chirurgicamente va incontro a recidiva», spiega Federico Cappuzzo, direttore Oncologia medica 2, Istituto nazionale tumori Regina Elena di Roma. «I risultati dello studio Keynote-671 mostrano che il regime a base di pembrolizumab, prima e dopo l'intervento chirurgico, riduce significativamente il rischio di recidiva, progressione o morte del 42% rispetto alla chemioterapia preoperatoria, indipendentemente dall'espressione di Pd-L1 e in presenza o meno di risposta patologica completa. Questi dati di Efs sono molto incoraggianti e supportano il potenziale di questo approccio perioperatorio per i pazienti con Nsclc resecabile di stadio II, IIIA o IIIB, che sono trattati con intento curativo. I dati dello studio Keynote-671 sono significativi non solo per i pazienti e gli oncologi», aggiunge Cappuzzo, «ma anche per i chirurghi toracici, vista la necessità di nuove opzioni terapeutiche che possano migliorare la Efs nel Nsclc in stadio II, IIIA o IIIB. In particolare, i risultati hanno dimostrato che il regime perioperatorio basato su pembrolizumab non ha influito sull'opportunità di una resezione completa e i miglioramenti sono stati osservati indipendentemente dal raggiungimento di una risposta patologica completa. Emerge quindi il ruolo chiave del team multidisciplinare per l'adeguata selezione e per la corretta gestione dei pazienti con tumore polmonare».
Lo studio di fase 3 Adaura ha mostrato invece che osimertinib produce un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante della Os rispetto a placebo, nel trattamento adiuvante del Nsclc in stadio precoce (IB, II e III A) che presenta mutazioni del recettore del fattore di crescita epidermico (Egfr), a seguito di resezione radicale. Osimertinib ha ridotto il rischio di morte del 51% rispetto a placebo, sia nella popolazione dell'analisi primaria (stadio II-IIIA), che nella popolazione complessiva dello studio (Stadio IB-IIIA). Nella popolazione dell'analisi primaria, l'85% dei pazienti trattati con osimertinib è vivo a cinque anni rispetto al 73% dei pazienti trattati con placebo. Nella popolazione complessiva dello studio, l'88% dei pazienti trattati con osimertinib è vivo a cinque anni, rispetto al 78% di quelli trattati con placebo. La Os mediana non è stata raggiunta sia nel braccio sperimentale che nel gruppo di controllo. I pazienti trattati con placebo che hanno sviluppato malattia metastatica hanno avuto l'opportunità di ricevere osimertinib come trattamento successivo. «Negli stadi precoci di malattia l'intento del trattamento è curativo», spiega Filippo de Marinis, direttore della divisione di Oncologia toracica dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano e ricercatore principale dello studio Adaura per l'Italia. «La tradizionale chemioterapia non riesce a impattare in maniera significativa sulla diminuzione del rischio di recidiva di malattia locale o a distanza in percentuali superiori al 5%. Questi nuovi risultati dello studio Adaura dimostrano che quasi il 90% dei pazienti con Nsclc in stadio iniziale trattati con osimertinib è vivo a 5 anni, con una riduzione del rischio di morte del 51%. La rilevanza di questi dati è senza precedenti: osimertinib è il primo inibitore tirosin-chinasico dell'EGFR a dimostrare un beneficio in sopravvivenza complessiva nel setting adiuvante nei pazienti con Nsclc EGFR-mutato e sottoposti a chirurgia radicale. Risultati ancora più importanti se si considera che, nella malattia operabile, la sopravvivenza a 5 anni diminuisce dal 73% nello stadio IB fino al 41% nel IIIA. Il beneficio di osimertinib si estende a tutti i sottogruppi di pazienti. Infatti, negli stadi II-IIIA la sopravvivenza a 5 anni ha raggiunto l'85%. I risultati di Adaura rinforzano ulteriormente il beneficio di osimertinib quale standard di cura dopo la chirurgia nei pazienti con malattia in stadio precoce e positivi alla mutazione di Egfr».
«Nel 2022, in Italia, sono stati stimati quasi 44 mila nuovi casi di carcinoma polmonare», afferma Saverio Cinieri, presidente Associazione italiana di oncologia medica (Aiom).
La maggior parte dei pazienti con tumore resecabile sviluppa una recidiva nonostante la resezione completa del tumore e la chemioterapia adiuvante. Inoltre, solo il 73% dei pazienti in Stadio IB e il 56-65% di quelli in Stadio II sopravvive a cinque anni. La percentuale scende al 41% nei pazienti in Stadio IIIA, il che dimostra una elevata necessità medica insoddisfatta. «Circa il 30% dei pazienti colpiti da Nsclc riceve una diagnosi di malattia abbastanza precocemente da poter essere sottoposto a intervento chirurgico con intento radicale. Ciononostante, la recidiva è ancora frequente nel tumore agli stadi iniziali. Per questa ragione accogliamo positivamente i risultati dello studio Adaura, a conferma ulteriore dei grandi progressi che sta compiendo la ricerca in oncologia. È importante il ruolo rivestito da terapie mirate ed efficaci come osimertinib che portano di fatto a un miglioramento del percorso terapeutico del paziente e aumentano le possibilità di sopravvivenza a lungo termine. La chirurgia rimuove il carcinoma e taglia al livello macroscopico, ma non riesce a incidere su quello microscopico», riprende de Marinis. «Resta, cioè, un microscopico invisibile rappresentato dalle micrometastasi, che si muovono nel sangue e nella linfa e incidono sulla ricaduta locale o a distanza della malattia nel tempo. Circa la metà dei pazienti con tumore di stadio I-II e tre quarti dei pazienti di stadio III presentano una recidiva a cinque anni dall'intervento. La disponibilità di osimertinib rende necessario eseguire, in tutti i pazienti operati, l'esame molecolare per verificare l'alterazione del gene Egfr, perché così possiamo individuare i pazienti candidabili alla terapia mirata».
Sono stati annunciati anche i risultati del follow-up a 4 anni dello studio di fase 3 CheckMate -9La che dimostrano benefici duraturi a lungo termine con nivolumab più ipilimumab e due cicli di chemioterapia rispetto a quattro cicli di sola chemioterapia, nei pazienti con Nsclc metastatico non trattati precedentemente. CheckMate -9La è stato uno studio globale multicentrico randomizzato di fase 3, in aperto, per la valutazione di nivolumab (360 mg ogni 3 settimane) più ipilimumab (1 mg/kg ogni 6 settimane) associati a chemioterapia (due cicli), confrontati con la sola chemioterapia (fino a 4 cicli seguiti da terapia di mantenimento opzionale con pemetrexed ove possibile) come trattamento di prima linea nei pazienti con Nsclc indipendentemente dall'espressione di Pd-L1 e dall'istologia. I pazienti nel braccio sperimentale (n=361) sono stati trattati con la duplice immunoterapia fino a due anni o fino a progressione della malattia o tossicità inaccettabile. I pazienti nel braccio di controllo (n=358) hanno ricevuto fino a 4 cicli di chemioterapia e terapia di mantenimento opzionale con pemetrexed (se possibile) fino a progressione di malattia o tossicità inaccettabile. L'endpoint primario dello studio era la Os nella popolazione intent-to-treat (Itt). Gli endpoint secondari, nell'ordine, comprendevano la Pfs e il tasso di risposta globale (Orr) e lo studio ha valutato anche le misure di efficacia in base ai biomarcatori. Nell'attuale presentazione, al follow-up minimo di 47,9 mesi, l'associazione basata sulla duplice immunoterapia ha continuato a prolungare la Os, endpoint primario dello studio, con il 21% dei pazienti trattati con nivolumab più ipilimumab e due cicli di chemioterapia vivi a quattro anni rispetto al 16% dei pazienti trattati con la sola chemioterapia. Al follow-up esteso, il beneficio di efficacia clinicamente significativo di nivolumab più ipilimumab e due cicli di chemioterapia si è mantenuto negli endpoint secondari e nei sottogruppi di pazienti con espressione tumorale di Pd-L1 inferiore all'1% e istologia squamosa, che rappresentano principalmente quelli con elevato bisogno clinico non soddisfatto. Tra i pazienti con espressione tumorale di Pd-L1 <1%, il tasso di Os era del 23% per quelli trattati con l'associazione basata sulla duplice immunoterapia rispetto al 13% per la sola chemioterapia, il che rappresenta una riduzione del 34% del rischio di morte. Tra i pazienti con istologia squamosa, il doppio di quelli trattati con nivolumab più ipilimumab e chemioterapia era vivo a quattro anni rispetto a quelli trattati con la sola chemioterapia (20% rispetto al 10%). In questo gruppo, l'associazione basata sulla duplice immunoterapia ha ridotto il rischio di morte del 36% rispetto alla sola chemioterapia. Al follow-up esteso dello studio CheckMate -9LA non sono stati osservati nuovi segnali di sicurezza con nivolumab più ipilimumab e due cicli di chemioterapia. «I risultati duraturi osservati in quattro anni con nivolumab più ipilimumab e chemioterapia, specialmente nei pazienti con prognosi sfavorevole, dimostrano i benefici a lungo termine della associazione della duplice immunoterapia con un ciclo ridotto di chemioterapia per i pazienti con Nsclc avanzato o metastatico, che resta una malattia particolarmente complessa da trattare», afferma David P. Carbone, sperimentatore dello studio CheckMate -9La e direttore del Thoracic oncology center al The Ohio State University comprehensive cancer center - James Cancer Hospital and Solove research institute, a Columbus. «I dati nei pazienti con espressione tumorale di Pd-L1 inferiore all'1% e istologia squamosa sono particolarmente incoraggianti, perchè mostrano che la terapia di associazione continua a ridurre il rischio di morte di circa un terzo rispetto alla sola chemioterapia a quattro anni di follow-up nei gruppi di pazienti che storicamente hanno esiti peggiori».
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