L’epilessia dopo un’encefalite autoimmune

Può diventare cronica se non si interviene

È fondamentale riconoscere una crisi epilettica successiva a un’encefalite autoimmune. In caso di mancato intervento, infatti, le crisi potrebbero diventare croniche.
È quanto sottolinea uno studio pubblicato sul Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry da un team del Policlinico San Martino di Genova diretto da Flavio Villani. Il riconoscimento e il trattamento precoce della malattia possono ridurre il rischio di sequele irreversibili a lungo termine.
«Riconoscere tempestivamente questi pazienti a rischio è fondamentale, perché così si può accelerare l'inizio di un'immunoterapia riducendo il rischio di un danno cerebrale permanente, che può portare a un'epilessia cronica, irreversibile e difficile da gestire», spiega Villani, autore senior dello studio.
I ricercatori hanno descritto i risultati clinici e paraclinici, le opzioni di trattamento e gli esiti a lungo termine nell'encefalite autoimmune (AE), con particolare attenzione all'epilessia. Sono stati arruolati pazienti affetti da crisi epilettiche di nuova insorgenza e legate a encefalite autoimmune, confrontando gli esiti in soggetti con e senza prova della presenza di anticorpi. Nel complesso, sono stati seguiti per 30 mesi 263 pazienti con età media di 55 anni.
Il 63,50% dei pazienti presentava anticorpi antineuronali; questi soggetti mostravano più tipi di convulsioni e un interessamento più marcato delle regioni temporali. Una maggiore prevalenza di episodi di stato epilettico è stata riscontrata nel gruppo anticorpo-negativo. L'immunoterapia è stata prescritta nell'88,60% dei pazienti ed è stata efficace nel 61,80%. Predittori indipendenti di esito favorevole dell'encefalite autoimmune erano l'immunoterapia precoce e il rilevamento di anticorpi di superficie antineuronale.
Nel 43,7% dei casi l’epilessia autoimmune è stata una sequela a lungo termine, associata a disturbi cognitivi e psichiatrici nell’81,7% dei casi. I predittori indipendenti di epilessia erano difficoltà nel trattamento all'esordio, un numero elevato di farmaci antiepilettici, e scarsa risposta all'immunoterapia durante la fase acuta.

Fonte: J Neurology, Neurosurgery and Psychiatry 2022. Doi: 10.1136/jnnp-2022-329195
Jnnp

22/03/2023 17:43:00 Andrea Sperelli


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