Impotenza, questione di Dna

Area del genoma associata all'aumento del rischio del disturbo

Essere impotenti potrebbe avere a che fare con il proprio destino genetico. A rivelarlo è uno studio pubblicato su Pnas da un team del Kaiser Permanente, secondo cui esiste un'area del genoma associata a un aumento del rischio di sviluppare disfunzione erettile.
La malattia è legata a una serie di cause di natura vascolare, psicologica e ormonale, ma in alcuni casi gli uomini sottoposti alle terapie standard volte a rimuovere gli ostacoli riconosciuti non sembrano beneficiare degli interventi messi in atto.
Lo studio segnala il fatto che in almeno un terzo dei casi la motivazione va ricercata nei geni, e nello specifico nell'area vicina al gene Sim1.
“È la prova a lungo ricercata che esiste una componente genetica della malattia", afferma l'autore principale dello studio, Eric Jorgenson, della divisione di ricerca Kaiser Permanente Northern California. "Si tratta di una scoperta entusiasmante perché apre la porta a indagini su nuove terapie genetiche".
Gli scienziati hanno realizzato uno studio che ha coinvolto direttamente 36.648 uomini. I dati ricavati sono stati confrontati con quelli di altri 222.358 uomini della Biobanca del Regno Unito.
Dallo studio è emerso che le variazioni di Sim1 erano associate a un aumento del rischio del 26% di disfunzione erettile, cifra indipendente da altri fattori di rischio come ad esempio l'indice di massa corporea.
Sim1 era già noto agli esperti in quanto parte di una via di segnalazione che svolge un ruolo centrale nella regolazione del peso corporeo e della funzione sessuale.

09/10/2018 Andrea Piccoli


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