Uno degli aspetti più preoccupanti in età pediatrica è l'insorgenza di infezioni respiratorie recidivanti. Un terzo delle assenze scolastiche è infatti legato a questa evenienza, così come il 30% delle giornate lavorative perse dai genitori.
«L'impatto economico è sulle spalle della famiglia, non rappresenta un impegno tanto per il Servizio sanitario nazionale: i ricoveri sono rari e trattandosi perlopiù di forme virali i farmaci che vengono utilizzati sono di fascia C», spiega Roberto Dal Negro, pneumologo e responsabile Cesfar (Centro studi nazionale di farmacoeconomia e farmacoepidemiologia respiratoria).
«Episodi di questo tipo hanno un costo intorno ai 300 euro l'uno all'anno, con la voce più consistente rappresentata non dai medicinali, ma al 70-80% dal costo dell'assenteismo lavorativo e da quello scolastico, che implica la necessità , se non si può stare a casa, di pagare una babysitter. Se gli episodi di infezione respiratoria recidivante diventano due il costo raddoppia», continua l'esperto, «se i figli sono più di uno s'impenna, se c'è anche un anziano a carico (la frequenza è progressivamente crescente anche nella terza età ) si moltiplica ulteriormente».
A correre i maggiori rischi sono i bambini più piccoli, come spiega Francesco Macrì, pediatra allergologo, segretario del Gruppo di studio medicine complementari della Sip (Società italiana di pediatria): «Si calcola che nel primo anno di vita un bambino su 4 soffra di questo problema e successivamente un bambino su 5. Le infezioni respiratorie recidivanti tendono poi a ridursi del 20% per anno e verso i 4-5 anni generalmente si è 'fuori dal guado'», spiega Macrì.
«Si considerano affetti da infezioni respiratorie recidivanti quando il numero di episodi acuti febbrili supera quota 6 se a carico delle alte vie respiratore (orecchie, naso, gola) o quota 3 se a carico delle basse
vie respiratorie (bronchi e polmoni) in un arco di tempo che va dall'inizio dell'anno scolastico fino alla primavera, in pratica un episodio al mese».
Per quanto riguarda le cure, spiega Dal Negro, «una volta era prevalente il ricorso alla farmacia e a rimedi quasi domestici, nell'ultimo decennio si è spostato verso il consulto medico molto rapido. Se la cosa viene percepita come non banale, salta il passaggio dal medico di famiglia per rivolgersi allo specialista, con il pneumologo fra i più gettonati».
«In alcuni setting di otorinolaringoiatria pediatrica, proprio gli ambienti clinici in cui questi problemi vengono affrontati», aggiunge Macrì, «si segnala che i genitori ricorrono a terapie complementari fino al 40-50% dei casi e l'omeopatia è una di quelle più usate. I vantaggi sono la possibilità di stimolare l'organismo a reagire senza effetti collaterali, ed è una sorta di terapia individualizzata, perché le caratteristiche del paziente vengono studiate per scegliere fra i numerosi rimedi disponibili. Esistono infine dei lavori che dimostrano come in un contesto in cui si usa la terapia omeopatica ci sia una riduzione significativa dell'uso di antibiotici».
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