Una persona nel pieno della vita sociale e lavorativa. È il profilo spesso ricorrente del paziente con colite ulcerosa, patologia cronica caratterizzata dall'infiammazione del rivestimento mucoso del colon e del retto. Il peso di questa malattia infiammatoria cronica dell'intestino (Mici) sulla qualità di vita è infatti rilevante, sia per l'andamento intermittente con remissioni e riacutizzazioni, sia per la natura stessa dei sintomi, tra i quali il più impattante è il sanguinamento rettale associato a diarrea. Se si potesse trovare una metafora, è come "un compagno antipatico di viaggio che speriamo dorma sempre", come afferma il direttore generale Amici, Associazione nazionale per le malattie infiammatorie croniche dell'intestino, Salvatore Leone.
Di buone prospettive ce ne sono molteplici: da un lato un approccio comunicativo che porti a diffondere la realtà di questa patologia invalidante ed estremamente imbarazzante, in modo da scongiurare effetti 'sociali' nefasti, dall'altro lavorare da un punto di vista clinico per arrivare a nuove conquiste in termini di cura, come quella presentata oggi, che riguarda l'inibitore preferenziale di JAK-1 Filgotinib, inibitore preferenziale di JAK-1, una nuova frontiera nell'approccio alla colite ulcerosa.
Considerando anche il fatto che il numero di persone che convivono con questa patologia è in progressivo aumento e si stima che raddoppierà da qui al 2031, la colite ulcerosa, che colpisce circa 259 persone ogni 100.000, si configura come una patologia "con un impatto clinico e sociale da non sottovalutare, con costi sia per il Servizio Sanitario Nazionale - il costo medio totale per ogni paziente è di 12.707 euro - sia dal punto di vista del singolo individuo, considerata appunto la perdita di produttività e assenteismo legati alla gestione della patologia".
La gestione della colite ulcerosa presenta infatti ancora diversi bisogni clinici insoddisfatti, a partire dal basso tasso di remissione sostenuta. Infatti, il 30% circa dei pazienti non risponde alle terapie, anche quelle più recenti, dopo 14 settimane di trattamento, e fino al 75% di quelli inizialmente rispondenti alla terapia non mantiene la risposta dopo 1 anno. Esiste poi anche il problema dell'alto tasso di interruzione delle terapie, da cui nasce la necessità di attivare varie opzioni che agiscano velocemente nella riduzione dei sintomi, "con una modalità di somministrazione agevole che favorisca una maggiore aderenza alla terapia".
Proprio in questo senso, filgotinib apre nuovi scenari: il JAK inibitore è stato infatti recentemente approvato e rimborsato dall'Agenzia Italiana del Farmaco per il trattamento di pazienti adulti con colite ulcerosa attiva da moderata a severa che hanno avuto una risposta inadeguata, non hanno avuto risposta, o sono risultati intolleranti alla terapia convenzionale o a un farmaco biologico.
"Sicuramente c'è una quota di pazienti che non risponde al trattamento, nonostante le diverse terapie a disposizione che sono state introdotte negli ultimi anni", dichiara Flavio Caprioli, segretario generale IG-IBD (Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Disease) e docente di Gastroenterologia all'Università degli Studi di Milano. Il problema però, continua Caprioli, è che "si tratta di una malattia che colpisce 150.000 persone in Italia con stime tendenti al raddoppio, quindi possibilmente 1 persona su 150 può essere affetta da questo tipo di patologia in futuro, anche perché sorge in giovane età ". Quello che riconosce Caprioli è che "lo stile di vita e la dieta occidentale ha un ruolo nell'insorgenza della patologia attraverso la modifica della flora batterica intestinale, anche se negli ultimi anni si sta assistendo a un aumento di incidenza nei paesi cosiddetti di nuova industrializzazione, come sud est asiatico, penisola araba, Giappone e Cina. Un tempo erano aree protette, ma l'occidentalizzazione di queste zone sta portando a un aumento rapido dei casi".
Filgotinib, inibitore preferenziale di JAK-1, è caratterizzato da rapidità d'azione, efficacia nell'induzione e mantenimento della remissione e dalla monosomministrazione orale. “È un farmaco che agisce su delle proteine e spegne l'infiammazione del colon", spiega Gionata Fiorino, che è ricercatore clinico e gastroenterologo all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e sub-investigator del programma di studi Selection. "I farmaci che usavamo in passato erano anticorpi, ma questo - sottolinea Fiorino - è sicuramente a più ampio spettro. La formulazione chimica diversa permette una somministrazione per via orale giornaliera anche a domicilio, e questo ovviamente cambia l'impatto sulla qualità di vita del paziente".
Insomma, un farmaco che non va solo a cercare di contrastare la patologia in sé ma che riesce ad alleviare tutti quei sintomi, lesioni del colon comprese, che intaccano notevolmente la quotidianità dell'afflitto. Insomma, "il programma di sviluppo Selection ha valutato l'efficacia di filgotinib rispetto al placebo nell'indurre e mantenere la remissione clinica (prolungata efficacia nel tempo), intesa come assenza di sintomi intestinali, nell'indurre e mantenere la guarigione delle ulcere del colon (risposta endoscopica) che sono tipiche della colite ulcerosa, nel miglioramento e normalizzazione degli esami di laboratorio che si alterano con l'infiammazione e nel miglioramento e normalizzazione della qualità di vita dei pazienti trattati". Dalle analisi si è perciò evinto come "tutti questi obiettivi della terapia siano stati raggiunti in maniera significativamente maggiore nei pazienti che avevano assunto filgotinib rispetto a coloro che avevano assunto placebo". In effetti, è proprio la convivenza con questa patologia cronica a risultare l'ostacolo maggiore: molto spesso chi ne soffre è giovane e si fatica a fargli capire che cronico significa per sempre, come osserva il direttore generale Amici, Leone. “È una patologia che in alcuni casi può essere molto aggressiva, comportando una qualità di vita pessima e andando ad impattare nel pieno della vita lavorativa e sociale, perché caratterizzata da una disabilità non visibile, con sintomi difficili da raccontare, come il sanguinamento rettale e la diarrea cronica, che rappresenta qualcosa di cui spesso le persone si vergognano". E siccome "un paziente con Mici sarà a carico del SSN per buona parte della sua vita, andando a impattare sulle risorse a disposizione", il ruolo dell'associazione è "quello di proporre soluzioni che possano garantire una buona qualità di vita e dei trattamenti ai pazienti che rappresentiamo e, allo stesso tempo, permettere di risparmiare".
Filgotinib nasce dall'impegno nella ricerca di Galapagos, azienda biotech dedita allo sviluppo di farmaci innovativi che mirano a migliorare la vita delle persone: "Siamo consapevoli - osserva Alberto Avaltroni, VP Country Head di Galapagos in Italia - che ci sono ancora dei gap da colmare nella gestione di questa patologia e siamo convinti che filgotinib potrà portare un beneficio in termini sia di qualità di vita del paziente sia di gestione della patologia per il clinico".
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